I Grandi dettano il catalogo della pace

I Grandi dettano il catalogo della pace La novità: nel Kosovo «una presenza internazionale» dell'Orni mista, con militari e civili I Grandi dettano il catalogo della pace Gli 8 punti che ilpresidente jugoslavo deve accettare Emanuele Novazh» corrispondente da BONN Non ancora una svolta ma un passo avanti «importante e molto significativo», come riassume il ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer, presidente di turno: al vertice G3 di ieri a Petersberg, sulle colline di Bonn, i Paesi occidentali e la Russia hanno concordato i «principi di una soluzione pacifica nel Kosovo» che affida all'Orni il futuro della regione ma che dovrà essere tradotta - a partire da oggi - in punti particolareggiati e «concreti» sui quali costruire una risoluzione dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite da presentare a Milosevic. Tutte le richieste della Nato sono confermate, nel documento comune: ma con un forte margine di imprecisione e ambiguità che richiederà un duro lavoro diplomatico, prima di consentire una formulazione definitiva. Soprattutto, però, il «catalogo di Petersberg» contiene un elementochiave di novità che consentirà a Mosca di presentare i 7 punti a Belgrado, in sostanza di «vendere» a Milosevic il piano di pace: nel documento non si parla più di «forza internazionale» nel Kosovo e tantomeno di «forza militare»; si parla invece di «presenze internazionali» (al plurale): una «civile» e una «di sicurezza» sotto l'egida dell'Orni. Che quest'ultima sia militare lo conferma comunque il compito assegnatole. Dovrà essere «in grado di conseguire in modo efficace il rispetto degli obiettivi» specificati nel documento: il «riUro delle forze militari, paramilitari e di polizia serbe» prima di tutto ima non di parla più di «tutte» le forze serbe, facendo intravedere la possibilità di una «presenza minima» dell'esercito di Belgrado); e il ritorno «in pie- ■""t .aififloyarùrqw asfls* ; , ^_ na sicurezza» dei profughi. Il «catalogo» messo a punto ieri conferma inoltre la richiesta della «fine immediata e documentabile» delle violenze nel Kosovo. E, come già il piano di pace tedesco, prevede il disarmo del movimento indipendentista albanese «Uck»; l'avvio di una amministrazione provvisoria sotto l'egida dell'Orni, in attesa di sviluppare un «processo politico» che consenta la costituzione di una «amministrazione autonoma» nel rispetto dell'integrità territoriale della Jugosla¬ via; e la ricostruzione economica della regione. Sono due i punti sui quali, nonostante l'intesa di principio e gli escamotage* verbali, Mosca e ì Paesi Nato restano distanti: la composizione della «presenza di sicurezza» nel Kosovo e la sospensione dei bombardamenti. Su quest'ultimo punto il ministro degli Esteri russo Ivanov secondo il quale «è comunque prematuro parlare di una svolta» - ha confermato la richiesta di Mosca: «immediata fine degli attacchi aerei», o almeno «un cessate il fuoco» che consenta l'avvio del ritiro jugoslavo. Peri Paesi occidentali è invece Milosevic a dover fare il primo passo. Ma uno spiraglio potrebbe aprirsi presto: secondo il ministro Bini, la sospensione dei bombardamenti ci sarà «quando Milosevic accetterà le condizioni di base della Nato, o quando ci sarà l'accordo che questo si farà». Un'altra novità importante, che lascia intravedere la possibilità di un cessate il fuoco prima che il ritiro jugoslavo dal Kosovo s'inizi. Quanto alla «presenza di sicu- rezza», il documento di Petersberg non parla di truppe Nato: una condizione sulla quale il segretario di Stato americano AlBright e il collega britannico Cook hanno invece insistito con fermezza, nella conferenza stampa che ha chiuso il vertice. Secondo Ivanov, inoltre, ogni «presenza» dovrà avere «l'approvazione preventiva di Bel- Sdo», una condizione respinta la Nato: ma a Bonn è convulsione diffusa che la richiesta russa sia soprattutto tattica, in previsione della trattativa con Milosevic che - ha confermato Dini - proseguirà anche tramite il mediatore russo Cernomyrdin (che ha annunciato una prossima missione in Europa e poi a Belgrado) e tramite l'Onu. «Nella speranza che un accordo possa essere raggiunto ancora prima che la risoluzione del Consiglio di sicurezza sia pronta», ha sottolineato il ministro italiano. Tutto questo sarà alla prova dei fatti da domani, quando i direttori degli otto ministeri cominceranno a «tradurre in concreto» i principi di Petersberg. Secondo gli occidentali, il vertice ha comunque avuto un risultato importante: ha ricondotto il Cremlino nel processo negoziale al fianco dell'Alleanza, dopo settimane di freddo tendente al gelo; ha ricucito lo strappo politico con Mosca mentre le bombe ancora cadono su Belgrado. Una svolta, quest'ultima, che conferma quanto la pressione interna- ' zinnale su Milosevic sia aumentata: meno di due mesi fa, mentre i jet della Nato sganciavano le prime bombe sulla Serbia, il premier russo Primakov aveva fatto invertire la rotta all'aereo che lo portava a Washington. Con Mosca ancora dissenso sui raid Per i russi il cessate il fuoco deve essere preventivo al ritiro