Mezzo Congresso in rivolta di Andrea Di Robilant

Mezzo Congresso in rivolta Mezzo Congresso in rivolta Dole guida i duri: «E' la resa della Nato, non di Milosevic» Andrea di Robilant conrispondente da WASHINGTON «Dopo aver bombardato per sei settimane, dopo aver speso miliardi di dollari, dopo aver scagliato migliai a di missili e di bombe, adesso la Nato - non certo' Milosevic - sembra essere sul punto di cedere». Sarà che Bob Dole è un uomo di un'altra generazione, un reduce della seconda guerra mondiale ferito negli Appennini, ma certo gli sviluppi degli ultimi giorni non sono piaciuti all'uomo che tentò di sloggiare Bill Clinton nelle ultime presidenziali. Dole lascia capire .che se fesse ' stato detto'nbr9B^bW<Mrtamente condotto la guerra contro Milosevic con maggior fermezza. «Invece di scivolare all'indietro, l'amministrazione dovrebbe raddoppiare la propria determinazione. Smettere di bombardare significa arrendersi a un regime omicida di terza categoria». Lo stato d'animo dell'ex leader del Senato trova eco nello sdegno di qualche politico repubblicano come John McCain, candidato alle prossime presidenziali, che ha esortato il Presidente «a condurre questa guerra con maggior efficacia. Perché se la perdiamo la vergogna sarà la sua ma il Paese e il mondo intero subiranno le conseguenze». E alcuni tra i giornalisti conservatori più influenti hanno già bagnato la penna nel vetriolo. George Will parla di una «guerrafarsa» nel «Washington Post». E reagisce con sdegno alle immagini di Clinton assieme ai prigionieri liberati e ai loro familiari. «Una nazione che abbia seri obiettivi militari non pubblicizza tutta la sua sofferenza per la cattura di tre soldati». William Salire, vecchia colonna del «New York Times», accusa Clinton di aver ceduto prima ancora di cominciare il negoziato: «Cosa succederà al principio in base al quale le aggressioni interne non vanno premiate? Toccherà al nostro prossimo Presidente salvarlo, un Presidente con la forza che deriva dalla fiducia . della gente». Ma lo sdegno di Dole e di altri politici della sua generazione non riflette lo stato d'animo dei cinquantenni che oggi controllano il Congresso! Trent Lott, il senatore repubblicano che ha preso il posto di Dole alla guida della maggioranza repubblicana, non ha mai appoggiato la campagna ae- 3»^B6wÉE*^ tendo che «bisogna dare una chance olla pace». Questa settimana Lott e i suoi colleghi hanno fatto capire al falco McCain chi comanda al Senato - si sono rifui tati\di mettere al voto una sua mozione che metteva a disposizione del Presidente «tutti i mezzi necessari», incluse truppe di terra, per piegare Milosevic. Il Paese, del resto, segue la guerra con occhio sempre più di stratto. I candidati alle prossime presidenziali - tutti ad eccezione di McCain - si guardano bene dal fare dichiarazioni bellicose. Lo stesso vicepresidente Al Gore, fa vorito per la nomination democratica, nelle ultime settimane ha assunto un ruolo-guida nella ricerca di una soluzione diplomatica con i russi. E la sua popolarità ha cominciato a risalire. Gli sviluppi di Bonn, insomma, vanno nella direzione generale auspicata dal Paese. Ma questo non rende Clinton meno vulnerabile: criticato per aver trascinato il Paese in un conflitto che il Congresso non voleva, adesso rischia di esserlo ancora di più per avere esposto il Paese all'onta di una marcia indietro.

Luoghi citati: Appennini, Bonn, Washington