Clinton: un passo avanti verso la pace

Clinton: un passo avanti verso la pace «La soluzione per là fine del conflitto dovrà essere quella che ha funzionato in Bosnia» Clinton: un passo avanti verso la pace Verdetto positivo del capo della Casa Bianca sul G8 corrispondente da BONN Il giudizio di Bill Clinton arriva a fine giornata, mentre il presidente americano sta per salirò sull'aereo che lo riporta a Washington dopo poco meno di 40 ore a Bruxelles e poi in Germania: «Il vertice "G8" di Bonn ha rappresentato un sostanziale passo avanti» in stretta correlazione con la missione del mediatore russo Cernomyrdin, riassume prima di accomiatarsi dal cancelliere Schroeder. «Credo che si tratti di un vero processo di pace, e il modello dovrà essere quello che ha funzionato in Bosnia»: dove i russi partecipano alla forza di pace a dominanza Nato e le Nazioni Unite «patrocinano un processo di pace efficiente». Per tutto il giorno e fino a sera - con l'eccezione di un'intervista a sei televisioni in un hangar dell'aeroporto militaro di Francoforte, l'occasione per considerare l'arrivo in Italia di Ibrahim Rugova «il segnale che Milosevic potrebbe essere più vicino ad accogliere le richieste della Nato» - Clinton aveva preferito rinunciare agli abiti politici. Per indossare quelli forse più mediatici del capo supremo in visita di ringraziamento e di conforto ai soldati lontani dalle famiglio e dalla patria. 0 quelli perfino più preziosi, per vincere il sostengo popolare, del capofamiglia in visita a una comunità di profughi sfuggiti alla pulizia etnica in Kosovo. E' stata questa, probabilmente, l'immagine che Eiu di ogni altra Clinton ha voluto lasciare della reve visita in Germania, decisa in gran fretta in coincidenza col vertice «G8» del quale è stato il grande protagonista-assente, e mentre la pressione politica su di lui è in aumento, negli Usa: l'immagine del primo incontro diretto con le vittime del terrore serbo, l'immagine di un faccia a faccia commosso e teso con le donne, i bambini, gli uomini e i vecchi accolti nel centro profughi di Ingelheim, un centinaio di chilometri da Bonn, nel Palatinato renano. «Si spezza il cuore a sentire le esperienza che avete dovuto sopportare», dice dopo avere ascoltato la storia di dolore e orrore di Sa bit Salih u, un uomo di sessantanni che ha visto con i propri occhi - ha raccontato al Presidente - le forze paramilitari serbe tagliare gambe a essere umani abbandonati poi a se stessi. «La tragedia in atto nei Balcani dovrà essere l'ultimo conflitto ti- pico del ventesimo secolo, non il primo conflitto tipico del ventunesimo», dice dopo avere ascoltante la storia della figlia di Sabit, Shemsije, 29 anni e due bambini piccoli, che al Presidente ha raccontato le stragi di giovani «uccisi indiscriminatamente dai serbi uno dopo l'altro, tutti», al suo villaggio. Panando alla famiglia di Sabit e poi agli altri profughi riuniti nel grande cortile del centro di raccolta, in realtà, Clinton parlava soprattutto al presidente jugoslavo: «Ve lo prometto, tornerete presto alle vostre case in sicurezza e libertà. Il signor Milosevic non è riuscito a cancellare la vostra identità dalla pagine della storia, e non riuscirà a cancellare la vostra presenza dalla terra dei vostri genitori e dei vostri nonni». A tutti, Clinton ha consigliato alla fine di «non lasciarsi prendere dall'omo»: «Quando si sono vissute esperienze orribili come le vostre, è molto facile passare il resto della vita ossessionati dall'odio e dal risentimento. Se lo farete, avrete concesso la vittoria ai vostri nemici». Meglio raccontare le proprie storie, allora, meglio ricordare il dolore ad alta voce perchè tutti possano sentire: «Capisco che quanto avete passato è terribile, e che forse è ancora duro e difficile parlarne. Ma è molto importante che le vostre storie siano raccontate e conosciute. E' importante che riusciate a farlo: dobbiamo dire alla vostra gente perchè stiamo facendo la guerra in Jugoslavia». Durante la visita al centro di accoglienza, accanto al Presidente americano c'era Gerhard Schroeder. Il Cancelliere ha confermato l'appello di Clinton ai profughi perchè «parlino e raccontino»: «La gente deve capire che i soldati vengono inviati nei Balcani perchè i kosoyari possano tornare alle loro case in sicurezza e libertà», ha detto. Come il Presidente, anche Schroeder deve f are i conti con un crescente nervosismo in patria per il protrarsi della guerra: e a differenza di Clinton, deve tenere a bada le resistenze all'interno degli stessi partiti di governo, l'Spd e soprattutto i Verdi. Leali, finora, nell'appoggiare in Parlamento la linea di fermezza del CanceUiere, ma ormai vicini al punto di rottura. La prova per Schroeder potrebbe arrivare presto: martedì prossimo, al congresso straordinario del partito ecologista dedicato alla guerra nel Kosovo. [e. n.] Commosso faccia a faccia in Germania con le vittime dei serbi e con i soldati americani «Ve lo prometto, tornerete presto alle vostre case in sicurezza e in libertà» ■Bfcaim D'