Golden share, Roma fissa le regole di Luigi Grassia
Golden share, Roma fissa le regole Direttiva D'Alema per la holding Tic. Governo in campo per trasparenza e privatizzazioni Golden share, Roma fissa le regole «No ad un controllo pubblico» Luigi Grassia ROMA Sollecitato da alcuni a iiitervenire sulle vicende di Telecom Italia e da altri a stame ben lontano per non andare contro lo spirito della privatizzazione, ieri il governo ha definito i criteri di esercizio della «golden share», cioè i poteri speciali che rendono l'azionista pubblico «più uguale» degli altri, fino a conferirgli un potere di Veto su determinati cambiamenti nella compagine azionaria, ritenuti dannosi dal punto di vista dell'interesse generale. Il testo del provvedimento non esprime in modo esplicito un'opinione sullo specifico caso Telecom. Ma scorrendolo, e intergandolo con quanto avevano detto durante la giornata il presidente del Consiglio D'Alema e altri ministri interessati, si capisce che il governo intende esercitare le sue prerogative bloccando la fusione con Deutsche Telekom, finché il colosso tedesco non si privatizza a sua volta o non dà assoluta garanzia di indipendenza dal governo di Bonn, mentre Roma si mantiene neutrale (come ha detto dall'inizio) sull'offerta di pubblico acquisto di Olivetti; ma anche a Colonnino il governo sembra lanciare un fermo monito alla trasparenza. La decisione formale sulla golden share è contenuta in una direttiva firmata da D'Alema d'intesa con il ministero del Tesoro Ciampi e quello dell'Industria Bersani. Il provvedimento si compone di due soli articoli, il primo dei quali richiama la filosofia della legge di liberalizzazione del 30 luglio 1994 n. 474 (in particolare la «coerenza con gli obiettivi in materia di privatizzazioni e di promozione della concorrenza e del mercato»), mentre il secondo detta i concreti criteri di attuazione della golden share. Vi si legge che sulla base dei poteri speciali, il governo si oppone ad acquisizioni azionarie che: «A) Non siano traspa¬ renti e non assicurino, comunque, la conoscenza della titolarità delle partecipazioni azionarie rilevanti ai fini del controllo, diretto o indiretto, della società... B) Compromettano processi di liberalizzazione e apertura dei mercati o non siano coerenti con la scelta di privatizzazione della società...» (seguono altre ipotesi che non riguardano il caso Telecom). Il senso di questo testo era stato spiegato in anticipo, durante la giornata, da D'Alema che aveva detto in un'intervista con «Radio anch'io»: «Non faccio il tifo per nessuno, se non per l'economia nazionale. Prendo atto con molta serietà dell'ipotesi di fusione tra Telecom Italia e Deutsche Telekom. Ma dobbiamo controllare che un'azienda che abbiamo privatizzato non finisca sotto il controllo dello Stato tedesco». Diversa la posizione sull'Opa di Colaninno: «Un gruppo di imprenditori e di investitori ha lanciato un'offerta pubblica per acquistare la maggio¬ ranza di Telecom. Oualcuno pretendeva che noi intervenissimo a impedirlo. Ma questo sarebbe stata una gravissima scorrettezza da parte del governo, perché nel nostro Paese esistono regole che consentono di tentare una scalata a un'impresa. Non siamo la guardia del corpo dell'attuale proprietà». Il ministro dell'Industria Pierluigi Bersani ha così commentato le dichiarazioni su Deutsche Tele- kom: «Quel che dice D'Alema è sa-, crosanto». Nel pomeriggio, in un incontro con gli analisti finanziari, l'amministratore delegato Bemabè ha accusato Colaninno di controllare l'Olive tri e di voler dare l'assalto a Telecom Italia «attraverso una lunga catena di scatole cinesi, che comprende Ommaholding, Fingruppo, Bell, Olivetti, Tecnost. Chi c'e veramente dentro tutte queste scatole? Questo porta indietro i nostri mercati finanziari di anni». Sull'Opa, Bernabò ha aggiunto: «Saremmo stati disponibili a discutere un accordo con loro. Ma da subito Olivetti ha detto chiaramente che voleva cambiare il management, la struttura, che voleva gestire la società a modo suo. Le condizioni hanno reso impossibile una discussione». Bemabè ha anche ribadito che il prezzo di 11,5 euro per azione offerto da Olivetti è «basso» e che le banche di affari valutano il titolo «fino a 16 euro, con una media di 13». li ministro del Tesoro, Ciampi Tocca a lui decidere sull'uso della golden share
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