L'Affaire Corsica si abbatte sulla gauche di Enrico Benedetto
L'Affaire Corsica si abbatte sulla gauche Il premier nega la complicità del governo in una «strategia della tensione» nell'isola L'Affaire Corsica si abbatte sulla gauche Jospin: useremo la massima severità, ma non mi dimetto Enrico Benedetto corrispondente da PARIGI «E' un colpo duro per lo Stato, il governo e la Corsica». Dinnanzi a una tumultuosa Assemblée nationale in cui la minoranza vorrebbe farlo dimettere, Lione! Jospin non minimizza lo scandalo. Da 24 ore il prefetto di Ajaccio, Bernard Bonnet, si trova dietro le sbarre per un incendio doloso dai contorni e obiettivi ancora oscuri, con gendarmi improvvisatisi piromani su istruzioni superiori. In due secoli non era mai successo che l'araldo per eccellenza della rancia rebubblicana traslocasse dalla Prefettura in cella. Lo choc fa male. E che Jospin annunci la «massima severità» sul caso, non disinnesca la bomba politica. Bonnet era il suo uomo. Il premier lo designò nei giorni convulsi che seguirono l'assassinio del suo predecessore Claude Erignac (6 febbraio '98), affidandogli la supervisione sulle indagini e un incarico se possibile ancor più arduo: perseguire con fermezza l'illegalità di massa, vera cancrena sociale per un'isola ove frode e violenze politico-mafiose costituiscono pratica quotidiana. Proconsole jospiniano in terra corsa, Bonnet bunkerizzò la sonnacchiosa Préfecture, chiese e ottenne 95 supergendarmi creando un corpo autonomo dai mezzi illimitati (il «Gps») e volle improvvisarsi giustiziere. Ma oggi è lui il giustiziando. Dopo una destituzione lampo - 2 ore dopo il fermo - che viola il garantismo, Lio nel Jospin scioglie il «Gps». E il Guardasigilli Elisabeth Guigou promette: «Saremo implacabili». Sarà, ma intanto la Rópublique finisce kappaò in Corsica ove già le sue fortune apparivano precarie. E la surreale, festosa gazzarra di lunedì sera ad Ajaccio pochi attimi dopo l'annuncio ufficiale ben sintetizzano lo scac¬ co. La folla che improvvisa caroselli intorno al palazzo su cui regnava un prefetto ormai in disgrazia, i clacson da tifoseria becera, gli slogan oltraggiosi. Ordinando ai sui goffi complici - ustionatisi nell'epica impresa - d'incendiare «Che/. Francis», ristorantino abusivo sul bagnasciuga, Bonnet abbina il crimine al ridicolo. Ma scrive il «Canard enchainé» che il falò rientrava in un esteso piano operativo per destabilizzare con attentati ed azioni esemplari l'isola ribelle. In somma la classica «strategia della tensione». E se l'indipendentismo corso ride trovando nella vicenda Bonnet un miracoloso rilancio, Jospin ha l'aria suonata. «Non vedo perché dovrei andarmene» spiegherà in tv dopo le 20. Ma l'espressione rimane contratta, il piglio difensivo, l'imbarazzo grande. Anche il ministro degli Interni Jean-Pierre Chevènement si aggrappa alla poltrona. Però i nervi cedono. A un parlamentare che lo apostrofa in aula definendo Palais Lantivy - da cui Bernard Bonnet organizzava i suoi raid incendiari - «un covo criminale», ingiunge: «Ripetilo, e t'infilerò le parole nella strozza». E adesso? L'inchiesta continua, l'affaire anche. Che Bonnet agisse di propria esclusiva iniziativa non sembrerebbe convincere troppo i «corsicologi». Eppure Jospin nega con sdegno l'esistenza di un «cellula ombra» a Matignon che pilotasse le disinvolte manovre prefettizie. La nazione è perplessa. E guarda caso, nei sondaggi per le Europee la Gauche s'inabissa. Il primo ministro Lionel Jospin dinanzi a una tumultuosa Assemblée nationale ha ammesso che lo scandalo «è un colpo duro per lo Stato, il governo e la Corsica»
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