Gli incubi dei piccoli kosovari di Vincenzo Tessandori

Gli incubi dei piccoli kosovari Gli incubi dei piccoli kosovari Massacri, stupri e armi nelle notti dei bambini Vincenzo Tessandori InviaVaTWÀNÀ" Quando a Xhezide, che ha undici anni ed è arrivata da Istog, domandano: «A che cosa hai pensato nell'attraversare il confine?», loi risponde: «A mio padre, che i poliziotti serbi hanno picchiato finché è caduto morto». Sei esuli su dieci sono bambini o ragazzi, e preoccupano, perché non è sempre vero che per loro sia più facile dimenticare. Dean Adukovic è un gigante con la barba, psichiatra a Zagabria con un'esperienza sui problemi dei rifugiati che risale al '91, e dopo la Bosnia, racconta, c'è stato l'Azerbaigian. Ora lavora con l'Unicef. «Ciò che appare drammatico è la rapidità con cui è accaduto tutto questo, Ed è fondamentale raggiungere in fretta bambini e famiglie». Gli fa eco Roberto Laurenti, rappresentate Unicef qui in Albania: «La chiave è una risposta immediata, prima che un disturbo si cronicizzi». Porche chi ha visto certe cose ne è rimasto ferito, e occorre una cura radicale per tirarlo fuori dall'incul)o. Geja Elvana ha gli occhi celesti, lo sguardo deciso. Per giorni ha girato nei campi di Kukes e ora mi dice che quando ha chiesto a un bambino di disegnare che cosa ricordasse, quello ha preso un piccolo tappeto e ha fatto alcuni segni in un angolo. «Non capivo e lui mi ha spiegato: "E' casa mia. Sono scappato diciassette volte e ora dormo su un tappeto". I disegni sono il riflesso dei ricordi dei bambini: ci sono aerei, carri armati, case in mezzo al fuoco. Un bimbo di dieci anni ha fatto uno schizzo astratto: può essere interpretato come un uomo che dica "stop" alla guerra». Geja Elvanad dice che non è difficile individuare i piccoli rimasti feriti più in profondità:- «Non vogliono parlare e giocare con gli altri, sono aggressivi. In quello che chiamano il campo arabo, alcune ragazze hanno raccontato che le donne sono state violentate mentre gli uomini erano nei boschi per evitare la cat¬ tura. I. T., 29 anni e sei figli, mi ha raccontato di non essersi uccisa solo per loro, per i figli, ma intanto muore lo stesso, dice, di vergogna. E poi ci sono Arbresha, 12 anni, e sua cugina Albulena, che ne ha 11, che non riescono a dormire perche la notte credono di sentire le raffiche sparate dai serbi per impedire al loro gruppo di addormentarsi, mentre li spingevano verso il confine». Anche il dottor Vaspi Baruti, albanese, direttore del progetto «Eureka», ha messo sotto il microscopio i sogni di 200 ragazzi, fino ai 18 anni. Ne emerge un quadro fin troppo eloquente, che angoscia. Il 5,8% assicura di «dormire bene», il 65% ha gli incubi e il 15,7%, forse, sta peggio di tutti, perché rifiuta risposte. Sei su dieci ricordano l'assassinio dei genitori o dei familiari e tra costoro i trequarti sono maschi, mentre le femmine sono ossessionate dalla casa distrutta o bruciata. Oltre a coloro che sognano il padre, la madre o i fratelli trucidati, ci sono quelli che si immaginano in volo sul Kosovo, o «vedono» la scuola in fiamme, i soldati delTUck, i carri armati, le mine, la neve, i serbi che razziano altri bambini in lacrime o cavano loro gli occhi con le baionette. Ogni notte due rivedono il cortile della scuola a Metohid, nel quale mille kosovari sono stati ammazzati e tenuti sotto la pioggia battente; quindici son perseguitati dal ricordo dei massacri di Rahovec e Hecak; tre non vorrebbero addormentarsi perché ogni volta piombano in mezzo a un campo minato. L'83,6% sogna il ritorno in Kosovo, l'86,5% è certo che non avrà più relazioni con un coetaneo serbo. Hanno anche chiesto: chi è il più grande amico del Kosovo? Gli Usa, ha risposto il 67,2%; Clinton il 9; Dole, il 5; Albright, il 4,6; meno delle dita di una mano le preferenze accordate all'Europa. Dunque, ha chiesto il dottor Baruti, aua fine della fuga, quando avete attraversato il confine, a che cosa avete pensato? Kamber, 13 an¬ ni, di Sllup: «A mio padre con l'uniformo dell'Uck che prende il mitra... al villaggio circondato dai serbi... alla notizia che mio padre, Tallir Mazreku, era stato ucciso dai serbi; a mio fratello Agim che due mesi dopo si ò arruolato nell'Uck ed è stato ammazzato anche lui; al fatto che io non sono triste perché loro hanno dato la vita per il Kosovo». Lumi, 14 anni, di Klina: «Aquando i serbi hanno preso un kosovaro e lo hanno massacrato, gli hanno tagliato il corpo con i coltelli e cucito le palpebre con gli aghi». Gjyl, 9 anni, di Junik : «A quel bimbo che piangeva lungo il fiume. Era solo, forse i suoi erano stati ammazzati: pareva un uccellino buttato fuori dal nido». Sonila, 15 anni, di Klina: «Alla mia amica di 14 anni violentata sotto gli occhi dei genitori, e poi quelli hanno forato la pancia di.sua madre con lè baionette». Burbuqe, 8 anni, di Decani: «Al fatto che quando ho passato il confine della madrepatria mi hanno dato un altro nome: rifugiata. Rifugiata nella madrepatria». A che cosa pensavi fuggendo? «A mio padre trucidato» «La mia amica è stata violentata sotto gli occhi dei genitori» Guerra e terrore nei disegni dei bimbi del Kosovo: case In fiamme carri armati e aerei delia Nato

Persone citate: Albright, Clinton, Dean Adukovic, Dole, Kukes, Mazreku, Roberto Laurenti

Luoghi citati: Albania, Azerbaigian, Europa, Kosovo, Usa, Zagabria