«Ma la colpa è anche dei genitori»

«Ma la colpa è anche dei genitori» «Ma la colpa è anche dei genitori» Lo psicologo: contatti troppo sporadici con ifigli MILANO «E' inevitabile che sia cosi. Diventiamo più europei, ci globalizziamo e quindi, pian piano, importiamo anche fenomeni che sono già tipici dello grandi metropoli Nord Europee e Nord Americane. Anche se questi ragazzi che ogni tanto compiono furti e rapine ancora non sono da considerarsi esponenti di vere e proprie gang ma semplici gregari di gruppo...». Docente di psicologia dinamica alla Statale, il professor Pietro Polli Charmet, ha promosso e organizzato nei prossimi giorni a Milano, presso il salone dei Congressi della Provincia, un convegno dedicato ai sedicenni, dove il mondo degli adolescenti verrà esplorato attraverso una serie di ricerche: dal piercing ai tatuaggi, dal sesso ali affettività, alle bande. E come la mettiamo con le ragazze che si comportano come teppisti maschi? «E' un fenomeno abbastanza nuovo ma comprensibile. Ormai le ragazze, fin da piccole, sono insente nella famiglia e nella pre-adolescenza a pieno titolo e pari livello con i maschi. Quindi, quando diventano più grandi, entrano a far parte di gruppi completamente eterosessuali, dove c'è abitudine alla loro autonomia e presenza. Perciò, una volta arrivate fin là, sono chiamate a condividere lo stesso destino e le stesse esperienze dei coetanei maschi». Fino a formare delle gang autonome? «In realtà queste "gang" non esistono. Le vere "baby gang" s'incontrano per delinquere, con un progetto criminale preciso. Hanno una divisa, delle gerarchie, un capo. Qui invece siamo di fronte ad aggregazioni spontanee di adolescenti che si ritrovano in quanto amici. Dal gruppo poi può partire una piccola frangia che va in direzione deviente e che può coinvolgere anche gli altri. Così l'azione criminale può diventare un rito anche se dai giovani non ò vissuto così. Tanto e vero che una volta fermati, spesso cadono dalle nuvole, non hanno sensi di colpa, ritengono di aver semplicemente partecipato a un gioco, senza intenzione di voler far del male». Insomma, vanno capiti, poveretti? '(Bisogna per lo meno sapere che non sono delinquentelb ma ragazzi "convenzionali" con una massiccia dipendenza, anche affettiva, dal gruppo». Perché questa dipendenza? «Perché sono abituati fin da piccoli a trovarsi di fianco più dei coetanei che degli adulti. Vanno all'asilo, alla scuola a tempo pieno, alle feste. Con i genitori, a volte anche splendidi, hanno invece contatti sporadici o sbrigativi. Così il gruppo, che non è un educatore, può diventare cattivo. In cambio offre identità, ruolo». Ma perché devastare gli appartamenti degli amici? «Ha un significato simbolico. Portano un attacco a qualcosa che conoscono bene e che rappresenta spesso l'opulenza economica e la conseguente povertà educativa. Ma non c'è nessuna protesta in questo. E' soltanto un'espressione di separatezza dagli adulti». Rimedi? «Posto che i genitori oggi hanno davvero meno spazi, bisogna far funzionare le agenzie educative: scuola, associazionismo sportivo e religioso. Finché siamo ancora in tempo...». (p. col. ] «Il gruppo sostituisce la famiglia, diventa la guida E per loro rapinare non è un crìmine ma un gioco»

Persone citate: Pietro Polli

Luoghi citati: Milano