A Belgrado, aspettando la morte al buio

A Belgrado, aspettando la morte al buio VIAGGIO NELLA CAP ITALE PARALIZZATA A Belgrado, aspettando la morte al buio Gli ospedali in tilt, nei negozi le poche merci marciscono reportage Giovanni Garrirti inviato a Belgrado ADIO Pancevo» alle sei del pomeriggio riesce ancora a trasmettere: «Attenzione, dalla Centrale elettrica di Obrenovac stanno tentando di riattivare la corrente e non ci riescono. Attenzione, non usate elettrodomestici: possono provocare, corto circuito in tutta la rete. Buona fortuna Belgrado, non si sa come andrà a finire». All'ospedale del «Fronte Popolare», lo sanno già. Branka Nikolic, ostetrica, dice che sarà terribile: «Abbiamo un generatore che va a 70 litri di nafta al1 ora, possiamo resistere ancora un giorno». L'ospedale di Branka Nikolic è quello dove nascono i bambini di Belgrado, 7 mila all'anno, 479 dall'inizio della guerra. Domenica sera, quando è saltata la luce su Belgrado e tutta la Serbia, una donna era in sala parto. Il generatore non è entrato in funzione. «E' intervenuta una squadra d'emergenza e l'hanno portata in un altro ospedale». La bambina è nata in ambulanza. Vivere per qu or antimo giorni sotto le bombe, con la sirena dell'allarme aereo che suona orinai a qualsiasi ora, le notti nei rifugi, la benzina che manca, il lavoro che non c'è più, i conti ih banca bloccati. E adesso, dalle 21,46 di domenica, vivere o abituarsi a sopravvivere senza luce, senza corrente elettrica e con l'acqua che non supera il secondo piano. E' vero che le bombe al grafite non hanno distrutto le centrali elettriche, ma è anche vero che i tecnici di Obrenovac, 20 chilometri da Belgrado, non sono riusciti a rimediare al danno. Qualche tentativo in mattinata, un altro nel pomeriggio, un paio d'ore e solo in due quartieri di Belgrado. La Tv non può trasmettere, l'agenzia di stampa Tanjug neppure. Anche al Press Center dell Armata vanno avanti a pile e candele. Ieri era. quasi pronta, la Lista dei giornalisti che avrebbero dovuto lasciare Belgrado, ma il computer con l'elenco non funziona. Partenze rinviate. In via del Fronte Popolare, appena fuori dall'Ospedale, la bottega alimentare della catena statale «Serbijanka» («La donna serba») perde acqua che finisce in strada. Marija e Miri jana, le due commesse, sono al buio. Due freezer sono isolati. «Era tornata un po' di corrente verso le 5 del mattino e poi verso le 8. Ora sono le 10 e tutto è scongelato». E' un giorno di festa comandata, il ponte del 1° maggio non è ancora finito. «Noi - dice Mirijana in grembiule bianco - abbiamo avuto l'ordine di lavorare, come tutti i dipendenti statali. L'ordine di far finta di niente». Ma quanto potete andare avanti? «Veramente dovremmo essere noi a porre questa domande... Ma a chi? A Clinton?». O a Milosevic. Entra una cliente, compra quattro scatole di fagioli e un cartoccio di semi di zucca. Il pane non c'è. «Anche se sono considerati di «pri¬ ma necessità» come gli ospedali e l'acquedotto non hanno fatto in tempo con i generatori». Sotto il ponte di Brankov c'è il mercato all'aperto di Zeleni Venac, che vuol dire «ghirlanda verde», senza televisione, senza notizie dai giornali, solo con «Radio Pancevo», Belgrado sa già tutto da Internet o con il passaparola. Presto conoscerà anche La frase del portavoce della Nato da Bruxelles, «abbiamo il dito sull'interruttore della Luce». AL mercatino non si trova una pila, una batteria, una torcia. Uros Berar, il macellaio, accende una candela sotto il quadro di San Nicola: «Posso resistere solo altri due giorni, poi dovrò buttare tutto ai cani. I clienti avevano già fatto le loro scorte e saranno nelle mie stesse condizioni». In Serbia solo la Vojvodina ha le cucine alimentate a gas. A Belgrado sono tutte elettriche, e dunque ferme. Le bombole di gas sono vietate dall'inizio della guerra, troppo pericolose, chi può, chi l'aveva dai tempi della guerra con la Bosnia, ricorre alle vecchie cucine economiche, a legna o carbone. Alle sette di sera «Radio Pancevo» interrompe .Tulio Iglesias: «Attenzione, in alcune zone della città potrebbe tornare La luce tra qualche minuto per una prova. Non toccate gli elettrodomestici, non sprecate questa occasione)». Torna e scompare, la corrente. Ma tanto da Bruxelles l'hanno detto, decideranno loro, no? La bomba elettrica peggio, molto peggio dei morti cu Belgrado e di tutti i «danni collaterali» di 41 giorni. Chi cerca benzina, chi le pile, chi fa la coda ai banchetti che vendono i pacchi di carta blu Eioni di candele. Ai tavolini dei ar di Piazza della Repubblica bevono birra calda, il palco dei concerti sempre più tristi è vuoto, gli amplificatori li hanno portati via. Cosa canti, se ti staccano pure la spina? La signora che vende patatine fritte avvicina un giornalista della Cbs. «Ora che siamo senza corrente l'allarme per le vostre bombe intelligenti continueremo a sentirlo?». Magari. Un omino vestito di velluto, il pizzo bianco, attraversa la piazza con la borsa della spesa, otto mele rosse. E' Dragoslav Ercegovac, il vecchio neuropsichiatra che ha deciso di star vicino ai propri pazienti, e sono sempre di più. Cosa ne dice, professore? «Che si sta realizzando il paradosso della Albright: convinta di fiaccare i serbi non si rende conto di spingerli verso Milosevic». E' una vecchia teoria del professore, ma t'inora ha retto. I suoi pazienti hanno «depressione non psicotica, ma reattiva: ulcere, insonnia, incubi, sognano fantasmi che diventano missili...». Non vanno in piazza a protestare contro Milosevic, vanno dal professore a chiedere una medicina che li faccia dormire, dimenticare per qualche ora una guerra che li sta opprimendo con le bombe e adesso il buio. Da «Radio Pancevo» alle 20 non sanno di più: «C'è qualche lampione acceso nelle strade. Ancora buona fortuna, Belgrado». L'ostetrica: «Il nostro generatore va a settanta litri di nafta all'ora Possiamo resistere solo un giorno»

Persone citate: Albright, Clinton, Dragoslav Ercegovac, Milosevic, Nikolic