Gli integralisti dell'interventismo di Pierluigi Battista

Gli integralisti dell'interventismo ÀCTFISTA Gli integralisti dell'interventismo Pierluigi Battista CON comprensibile sgomento Guido Moltedo sul Manifesto si chiede se fosse poi così necessario per «gli ex 0 post comunisti, che fino a ieri erano filo-sovietici con un filo di mal di pancia» dimostrare con la loro super-eticizzazione della guerra di non saper stare «nella pelle» del loro nuovissimo e smagliante filoamericanismo. Tanto da insinuare, vista l'ostentazione di un «integralismo» da neofiti, il dubbio sull'autenticità della loro svolta psicologica prima ancora che politica e culturale. Per la verità Moltedo corre il rischio dell'indebita generalizzazione, visto che sulla sua rivista Le ragioni del socialismo un post comunista per di più di matrice «migliorista» e tutt'altro che estremista come Emanuele Macaluso critica im modo sferzante la pretesa di risolvere con le armi della «pulizia etica» le nefandezze della «pulizia etnica», Resta però l'impressione che anche in Italia una malcelata ansia di apparire co-belligeranti affidabili abbia indotto tra i «neo-filoamericani» comportamenti poco sorvegliati di forsennatezza bellicista (ammantata di nobilissime intransigenze «umanitarie»). Il guaio è che un pericoloso accecamento interventista non sembra affatto una specialità italiana. Anzi, il grande enigma che sta alla base di questa guerra è proprio la totale mancanza di reattività da parte dei governi della Nato alle obiezioni ispirate al «realismo» che da più parti hanno sollevato dubbi sulla legittimità dell'intervento. Dubbi, soprattutto, sulla leggerezza con cui è sembrato che i governi Nato volessero sciogliere con la forza armata dell'«ingerenza umanitaria» grovigli di storia, secolari sedimentazioni di odii e rivalità; 'presenze fantasmatiche di un passa to ancora vivo che sono al centro di questo conflitto. Già Julia Kristeva proprio su queste pagine invitava a fare estrema attenzione alle «tracce e cicatrici mentali» che oggi sembrano rivivere con intatta energia nelle terre martoriate dalla guerra e dalle deportazioni. E Silvia Ronchey, sul Foglio, ha richiamato l'impatto fortissimo di «religioni mai del tutto morte e raramente del tutto comprese e praticate» come nutrì mento di tensioni mai assopite ma soprattutto come chiave per comprendere la feroce ostinazione di popoli e culture che rivendicano la loro identità originaria anche al prezzo di distruzioni (e auto-distruzioni) immani. Con il suo a volte micidiale understatement Alberto Arbasino afferma su Repubblica che questa guerra appare «evidentemente non molto pensata né preparata con la storia e la geografia» quasi a voler scacciare con volontaristi co slancio l'insostenibile pesantezza dei «fatti storici e geografici» (se non addirittura della «pato logia obiettiva dei dati umani»). Quasi che il pensare fosse, nell'ec citazione della «pulizia etica», un atto di diserzione preventiva,

Persone citate: Alberto Arbasino, Emanuele Macaluso, Guido Moltedo, Julia Kristeva, Moltedo, Resta, Silvia Ronchey

Luoghi citati: Italia