Ciampi vuol chiarezza sulle regole del gioco

Ciampi vuol chiarezza sulle regole del gioco OLTRE Uk LIRA m Ciampi vuol chiarezza sulle regole del gioco OGGI si riunisce il Cicr, il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio. E' un evento perché questo Comitato si riunisce assai raramente ed evoca tempo tristi e lontani. In passato, infatti, se ne parlava essenzialmente in funzione delle nomine dei vertici delle banche pubbliche. Tempi tristi, appunto, perché la sua funzione era quella di ratificare gli accordi tra i partiti della maggioranza. E fino a quando tra ì plenipotenziari delle segreterie dei partiti un accordo non veniva raggiunto, si ometteva pudicamente di convocare il Comitato, e così presidenti e vicepresidenti delle banche venivano prorogati per anni, e questioni inerenti ogni altra competenza governativa sulla normativa creditizia venivano lasciate in sospeso finché gli accordi non fossero stati raggiunti. Ora il Cicr riemerge, convocato da Ciampi, per ben più elevati e nobili motivi. La sua convocazione è stata indotta, infatti, dall'emersione di un conflitto normativo tra i poteri che la legge attribuisce alla Banca d'Italia come organo deputato alla tutela della stabilità monetaria e i poteri del mercato sanciti dalla più recente legge Draghi che, in una parola, afferma la contendibilità delle imprese favorendo, dunque, scalate, acquisizioni e quant'altro in grado di rimescolare la proprietà e la gestione delle imprese stesse. Due i motivi di rilevante sostanza. Il primo è la Uevitazione della polemica sorta sull'avversione della Banca d'Italia per le Opa ostili e sul potere che essa ha di impedirle. Senza ripetere le considerazioni già esposte, ora basta dire che la tesi secondo la quale si rende necessario un riordino delle norme in materia ha trovato autorevob assertori. Se, infatti, la polemica più epidermica è quella nei confronti della Banca d'Italia e dell'uso che essa fa dei poteri che le sono attribuiti - in sostanza un uso procedurale e sostanziale che estromette il mercato dal processo di riassetto della proprietà delle banche e limita fortemente l'iniziativa strategica degli amministratori -, la polemica più sostanziale attiene, appunto, una soluzione del conflitto tra le leggi, che poi altro non è che il conflitto tra due compiti, con i relativi poteri, assegnati alla Banca d'Italia. Si tratta del compito di salvaguardare la stabibtà monetaria e di quello di autorizzare ogni modifica dell'assetto proprietario delle banche. Al tempo nel quale questo secondo compito venne formalizzato non vi era alcuna remora a farlo dal momento che per il settore del credito il mercato unico stava ancora muovendo i primi passi, la moneta unica era di là da venire, e la stessa nonnativa sui mercati finanziari non era stata aggiornata per accogbere i prìncipi della contendibililà delle imprese. In altre parole, non vi era al¬ cuna controindicazione a che il potere di autorizzare le integrazioni bancarie fosse concepito come funzionale alla tutela della stabilità monetaria. Oggi, invece, queste controindicazioni ci sono al punto che confliggono con la contendibililà e, dunque, con l'efficienza delle imprese bancarie, nonché con gli interessi e dei loro azionisti, e di chiunque delle banche ha bisogno di servirsi. Si tratta, dunque, di limitare, o condizionare, un potere che la Banca d'Italia ha come organo di vigilanza sulle aziende di credito per renderlo compatibile con la desiderato efficienza dei mercati finanziari anche per quel che riguarda le imprese bancarie quotate. Questione delicata, com'è facile comprendere, anche perché potrebbe ravvivare vecchie tesi secondo le quali in tempi di globalizzazione, di competitività, di mercati e di liberalizzazione, appare sempre meno apportuno lasciare affidata la vigilanza sulle aziende di credito al medesimo organo che ha il compito primario della tutela della stabilità monetaria. Il secondo motivo che tiene viva l'attualità di questi argomenti ò l'indagine che la Banca d'Italia, nella sua funzione di antitrust del settore creditizio, ha avviato su numerose grandi banche per accertare se concordino tra loro pratiche monopolistiche. L'indagine è stata aperta in seguito al rinvenimento in una di esse di carte inerenti incontri dedicati allo scambio di informazioni sulle politiche commerciali (essenzialmente sui tassi attivi e passivi praticati). Due osservazioni vengono immediate. La prima è che di queste riunioni le banche ne hanno sempre tenute e nessuno può sostenere di non averlo saputo. La seconda è che è a dir poco inconsueto che la Banca d'Italia comunichi una qualsiasi sorta di esito delle ispezioni che compie regolarmente presso le banche sottoposte alla sua giurisdizione. E allora? E allora è lecita la supposizione che la Banca d'Italia, «messa in minoranza» sulla questione delle Opa ostili, tenti di arginare l'onda di valutazioni e proposte ad essa sfavorevoli agitando un temo «popolare» come quello, spesso invocato a sproposito e da essa stessa sempre respinto, della assenza o della carenza di concorrenza nel sistema bancario. Fino a quando ministro del Tesoro sarà Ciampi, certo, la Banca d'Itaba ha poco da temere. Eppure Ciampi ha già esplicitamente detto, con il suo richiamo alla priorità degli amministratori delegati, come la pensa a proposito delle Opa sulle Banche non "PO- j

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