Consiglio d'Europa 50 anni ben portati di Aldo Rizzo
Consiglio d'Europa 50 anni ben portati r. OSSERVATORIO —=1 OSSERAMORIO Consiglio d'Europa 50 anni ben portati Aldo Rizzo DOPODOMANI, 5 maggio, saranno 50 anni dalla nascita del Consiglio d'Europa. Una ricorrenza che merita di essere citata, anche pensando a quella che e oggi la tragedia europea nei Balcani. Il Consiglio d'Europa non molti sanno cos'è. Spesso viene confuso con l'Unione europea. Fu - e qui sta la sua importanza storica - il primissimo nucleo dell'aggregazione europea. Un anno prima, nel maggio 1948, s'era tenuto all'Aia il cosiddetto «Congresso d'Europa», su impulso di Winston Churchill e con la partecipazione di personalità note o emergenti dei principali Paesi (da Anthony Eden a Francois Mitterrand, da Leon Blum a Konrad Adenauer, da Harold Macmillan a Paul Reynaud, da Alcide De Gasperi ad Altiero Spinelli e a Jean Monnetì. Personalità diverse, che vedevano in modo diverso il futuro dell'Europa, chi in chiave federale, sovranazionale, e chi pensando a un'associazione di Stati sovrani. Era comune tuttavia il progetto di superare le divisioni che avevano portato alla seconda guerra mondiale e da esso nacque, a Londra, il Consiglio d'Europa, con un Comitato dei ministri e un'Assemblea parlamentare, in rappresentanza di dieci Paesi occidentali o liberaldemocratici (Belgio, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda e Svezia). Nacque come organo consultivo e propositivo, senza capacità decisionali, perché ali Aia era prevalso l'europeismo tiepido, e così la vera integrazione europea dovette prendere altre strade, anch'esse compromissorie, rispetto all'ideale sovranazionale, ma che avrebbero portato, dopo il fallimento del Trattato per una difesa comune, ai traguardi dell'unificazione economico-politica, ultimo la moneta unica, l'Euro. Il Consiglio d'Europa, insediatosi a Strasburgo, sarebbe rimasto un luogo d'incontri e discussioni, specie sui temi dell'identità storico-culturale europea, con una competenza specifica .mila salvaguardia dei diritti umani. Caduto il Muro di Berlino, il Consiglio ha riacquistato importanza, ammettendo via via tutti quei Paesi dell'Est che, usciti dal comunismo, non avevano ancora titoli (condizioni socio-economiche) per candidarsi all'Unione europea, ma tornavano a riconoscersi, sul piano dei diritti democratici, m una storia comune. E così oggi il Consiglio è l'unico vero foro paneuropeo. Solo che non ha fatto in tempo a gioirne, per lo scoppio delle guerre balcaniche, e di quest'ultima in particolare, che segna la più grave lacerazione del Continente nella seconda metà del secolo. Un tragico paradosso. Proprio nel momento in cui si realizzava un luogo d'incontro e di dialogo (un foro, appunto) tra tutti i popoli europei, al di là, o al di qua, delle divisioni della guerra fredda e delle nuove integrazioni istituzionali, riemergevano, oltre l'Adriatico, fenomeni di odio etnico, di violenza «regionale», di sopraffazione tra vicini. Al comunismo autocratico e livellatore, in nome di un'ideologia transnazionale, succedeva, con un trapasso traumatico e in quella misura imprevedibile, un ipernazionalismo truce e spietato. E questo accadeva nella Jugoslavia che era stata moderata e conciliante nella guerra fredda, ad opera di Tito, il cui posto era però stato preso da Slobodan Milosevic. Il tragico paradosso sottolinea, se ve ne fosse bisogno, la necessità di ritentare l'unità di tutti gli europei, nel segno dei diritti umani, prima ancora che in quello degli interessi economici e anche politici. Questo percorso passa attraverso la sconfitta della dittatura che opprime i serbi e destabilizza tutti i Balcani, ma deve puntare a una ricomposizione definitiva delle «due Europe». In questo senso, è un compito troppo grande per il Consiglio d'Europa. Lo è per la stessa Unione europea e comporta dei rischi persino per la Nato. Ma, 50 anni dopo la sua nascita, il Consiglio ci indica la strada. E dunque, nonostante tutto, buon com pleanno. que, u
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