Il catafalco e i Grandi Elettori di Filippo Ceccarelli

Il catafalco e i Grandi Elettori F— IL PALAZZO =1 Il catafalco e i Grandi Elettori Filippo Ceccarelli QUASI irriconoscibile nei suoi vari pezzi, smontati a loro volta e adagiati alla parete su teli di celio phan, il palco funebre su cui si svolsero le esequie della candidatura Forlani, del Caf e in fondo della Prima Repubblica giace in un luogo di dubbia sacralità, cioè nel corridoio che dà sugli spogliatoi dei commessi della Camera, all'ultimo piano della Curia Innocenziana, vista sui tetti di Palazzo Chigi. E' di legno levigato, lo si può anche toccare, magari porta pure fortuna. Ecco, qui sopra i Grandi Elettori scrivono il nome sulla scheda, e qui si chiude la tendina alle loro spalle... A immaginarlo montato in aula, sotto il banco della presidenza, viene in mente un interrogativo (non necessariamente maleaugurante): chi e che cosa troverà posto, il prossimo 13 maggio, data d'inizio dell'elezione presidenziale, sul catafalco di Montecitorio? Il nomignolo funerario, d'incerta paternità è comunque una mirabile sintesi di suggestioni estetiche, simboliche, politiche e rituali. E a suo modo indica, complice la storia, come tutto sommato nel Palazzo l'innovazione faccia presto a diventare tradizione. Prima delle ultime elezioni presidenziali, in effetti, il catafalco non c'era. Reclamato ben prima dell'inizio della sarabanda da Pennella e accordato dall'allora presidente della Camera Scalfaro, l'aggeggio fece la sua comparsa domenica 17 maggio 1992 dopo che nella quinta e nella sesta votazione furono trovate rispettivamente tre e cinque schede in più del dovuto. La necessità di evitare i brogli si sposò con quella di garantire l'effettiva segretezza del voto. Durante la notte di sabato, sotto l'impulso e la vigilanza del dottor TroccoU, funzionario allora preposto a questo genere di incombenze, i cinque carpentieri di Montecitorio completarono la prima versione di una specie di corridoio mobile entro cui i parlamentari sarebbero dovuti passa- re per compilare, non visti, la scheda. Il risultato fu - onestamente - spaventoso. Non solo gli onorevoli, ma tutti gli italiani che seguivano l'evento videro con sgomento l'«accrocco» sormontato da un panno verde così scuro che in tv sembrava nero. «Un sarcofago» si disse inizialmente. Le operazioni furono complicate. Gargani, superstizioso, non voleva entrare; Sgarbi non usciva più («Temevo scappasse fuori da sotto» commentò Scalfaro); in un attimo di distrazione la Mussolini, che in ordine alfabetico veniva subito dopo Mussi, entrò nell'angusta cabina mentre il collega de! pds era ancora dentro - lasciando fermentare la leggenda di una improvvisata dark-room istituzionale. Craxi - di cui oggi si tende a dimenticare certe sue uscite - disse: «Lo faccio volare via perché è brutto e offende la dignità del Parlamento». Ma il catafalco resistette. Non solo, ma proprio quel giorno venne massacrata la candidatura di Forlani. Leoluca Orlando e Bassanini sostennero che dipendeva da quello; l'ex ministro Mammì concluse che «un sistema in agonia» aveva appunto bisogno di un qualche paramento esequiale. I dubbi residui riguardavano la sua obiettiva bruttezza. Così, il 18 maggio arrivarono in aula due cabine, subito ribattezzate «il confessionale» o «la buca del suggeritore». E il giorno 19, sempre grazie all'alacre falegnameria notturna di Montecitorio, quella specie di due mezzi tamburi che nella forma attuale garantiscono pur sem pre un funerale di prima classe.