UNA STATUETTA FA ARROSSIRE ASSISI di Gianluca Nicoletti
UNA STATUETTA FA ARROSSIRE ASSISI Irriverenze UNA STATUETTA FA ARROSSIRE ASSISI Gianluca Nicoletti Il frate «fovarone» è la vergogna di Assisi, soprattutto la mattina in cui Roma proclama Beato l'assai più illustre confratello. Chiedere sue notizie all'ombra della Basilica transennata suona quasi come una bestemmia: «Per l'amor di Dio noi non l'abbiamo mai venduto!», mormora la titolare di una delle tante bancarelle. Si chiude le orecchie per non sentire oltre, e si immerge nuovamente nell'attenta visione della cerimonia con il Papa da Roma in un microscopico e scrosciante televisorino in bianco e nero. Vittorio è uno dei più anziani venditori di sacra paccottiglia, oggi si fanno pochi affari a Assisi e si lascia andare a qualche confidenza: «Io non l'ho mai voluto vendere, soltanto uno di noi li teneva qui in piazza, ma l'abbiamo costretto a toglierli». Chiedo indicazioni sul fabbricante dell'osceno simulacro: «Lo facevano forse dalle parti di Rimini o nelle Marche, se va a S.Marino forse ancora li trova, ma qui è inutile, la fabbrica poi mi sembra che sia chiusa...». Risalendo verso S. Francesco, le notizie sull'artefice di tanta irriverenza si fanno più circostanziale: «Sono falhti...», si vocifera in via Frate Elia; «la fabbrica ha preso fuoco!!!», giura un venditore di centrotavola ricamati a S Ruffino. Naturalmente più ci si avvicina ai luoghi santi più feroce è l'anatema per chi osò riprodurre in plastica e serializzare quel frate cappuccino. Si premeva la testa e la tonaca si dischiudeva per, far emergere la lubrica e ipertrofica appendice. Forse retaggio di goliardie dimenticate o di ancestri giacobini e mangiapreti, mai sopiti nella mistica Umbria. Tutti al meno una volta ricordano di averlo veduto, ma oggi qui ad Assisi solo nominarlo suscita fastidio e rabbia. Un'ordinanza comunale ne vieterebbe l'esposizione e la vendita, ma nessuno sa dirmi da quando l'irriverente fratacebione sia all'indice. Da cinque anni, da vent'anni, per il Giubileo? Mancano notizie precise anche sulle sanzioni per chi lo detiene e commercia. «Un milione di multa! Possono anche ritirare la licenza! Chiudono l'esercizio!». Poi finalmente la dritta. Giace silenzioso nell'umido scantinato di una bottega di via Porta S. Pietro. Ci vuole tempo e pazienza poi il giovane bottegaio, quando il suo vecchio è distratto, apre la scatola e me lo mostra. Il pupazzo ha un'espressione di ebete fissità. La fattura è quanto mai approssimativa, il rudimentale meccanismo elevatore funziona grazie a un elastico che spinge «l'innominabile» oltre il saio. Mi sento come un cliente di fronte al pusher: «Quanto costa?». Risponde: «Trentamila, ma faccia svelto che è l'ultimo, pero non dica che l'ha comprato qui!».
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