LA NEMESI E LA VERGOGNA CONTRO I SERBI

LA NEMESI E LA VERGOGNA CONTRO I SERBI LA NEMESI E LA VERGOGNA CONTRO I SERBI Barbara Spinelli DA' qualche giorno Milosevic sembra come ingrandito, dagli orrori che ha commesso e che sta commettendo: mentre la guerra celeste della Nato accumula errori bombardando autobus, colpendo decine di civili jugoslavi - lui riceve solennemente Jcsse Jackson a Belgrado bombardata, confabula con l'illustre Reverendo di diritti dell'uomo, ha la magnanimità di regalare a Clinton la vita di tre soldati americani prigionieri. Ecco dunque il criminale tramutato in vittima ingiustamente aggredita, che possiede tuttora un formidabile potere di nuocere ed è però desiderosa di riconciliarsi, di partecipare addirittura a dibattiti transnazionali sull'etica, sui diritti. Ecco le democrazie costrette a vergognarsi, per la guerra non così pulita, non così brev e- ma invece sporca, sanguinosa, e lunga - che hanno iniziato il 24 aprile. Ecco come per miracolo dimenticati i primi effetti positivi dell'azione alleata: il lento sfaldarsi del consenso attorno al dittatore, dopo la protesta dell'ex vice Primo ministro Vuk Draskovic; aumento del numero di disertori, soprattutto in Montenegro e Voivodina. Resta l'impressione di un Milosevic ingrandito dalla propria nocività, e la scena - completamente surrealista- sembra dar ragione alle analisi di Umberto Eco. Un'era di guerre guerreggiate si conclude. E una nuova se ne apre, che sottrae alle guerre il potere di nuocere e le rende superflue, inutili: «Il fine della paleo-guerra era distruggere quanti più nemici fosse possibile», mentre «pare tipico della neo-guerra cercare di ucciderne il meno possibile, perché a ucciderne troppi si incorrerebbe nella riprovazione dei media» [Repubblica, 27 aprile). Il fatto è che non si tratta più di vincere l'avversario per trarne un beneficio: le nuove guerre «sono un giqco dove per definizione si è sempre sconfitti», e dove «chi ha ammazzato troppo ha perso di fronte all'opinione pubblica». In altre parole, l'Occidente andrebbe alla sconfitta perché le armi della sua celeste battaglia sarebbero spuntate, oltre che codarde. Perché le democrazie non avrebbero capito il Nuovo che è avvenuto: le guerre confiscate dalla tecnologia, non più votate a esser - come in epoca classica - guerreggiate. Spiegazioni simili sono ricorrenti, a cospetto delle crescenti difficoltà occidentali. Si punta il dito sull'inadeguatezza di un'operazione Nato ipocritamente annidata nei cieli, si fa capire che tale condotta ha qualcosa di codardo, di troppo pulito, di troppo intimidito di fronte al vecchio, al classico, al tanto più efficace corpo a corpo fra soldati. Si lamentano le svariate impreparazioni tecniche con argomenti spesso assai appropriati, sull'inattitudine delle democrazie odierne e rischiare e a pensare la morte - ma la prioritaria pietra di inciampo è sovente dimenticata, minimizzata, o trascurata. La pietra d'inciampo rimane Milosevic, ed è il suo nuovo modo di fare le guerre che per un intero decennio è stato sottovalutato, ignorato: sia dai politici euro-americani - che dal '91 hanno Insistito nell'appeasement, nella pacificazione del leader serbo sia dagli eserciti e dall'Alleanza atlantica. La vera novità militare è infatti rappresentata dal suo spe- CONTINUA A PAGINA 6 PRIMA COLONNA

Persone citate: Barbara Spinelli, Clinton, Milosevic, Umberto Eco, Vuk Draskovic

Luoghi citati: Belgrado, Montenegro, Voivodina