Garda, il lago delle bombe

Garda, il lago delle bombe ANCHE NELLE RETROVIE LA PAURA DELLA GUERRA Garda, il lago delle bombe Nascosti sul fondo vecchi e nuovi ordigni reportage Fabio PolBttl inviato a T0SC0LAN0 MADERNO PER le bombe, avanti a destra», fa strada il vigile Leonardo Di Rosa, da due settimane sulla strada a smistare turisti e curiosi. «Là in fondo», dice guardando oltre l'ipermercuto Migros, il campo da calcio, la spiaggia sul Garda dove al largo sono cadute le sei bombe a guida laser, lanciate da un F 15 americano di ritorno dalla Serbia e a corto di carburante. «Adesso vediamo se sono pericolose, i periti ci iiiranno se conviene recuperarle», non si scompone Paolo Savio, il giovane magistrato di Brescia alle prese con tracciati radar, traiettorie, angoli di caduta e alette, quelle delle bombe sganciate a ottocento metri di quota e finite per questo chissà dove nel lago. «Sono qua davanti e nessuno ci assicura che non ci sia pericolo», si lamenta il sindaco Paolo Elena, primo cittadino di Toscolano Maderno, il paese che vive una guerra mai dichiarata. «Ne va del turismo e dell'incolumità», vede nero il sindaco, mentre sul tavolo, lui che è ingegnere, ha il manuale del simulatore di volo degli F 15. «Guardi qui che roba...», indica col dito le bombe, quegli oggetti piovuti dal cielo poco dopo pranzo dèi 16 aprile. «E fortuna che non c'erano barche... Anche se per poco hanno mancato il canale del depuratore», racconta. «Erano tre da 250 chili, tre da 430», giura il vigile Di Rosa, informato come la Nato. «Ma adesso il problema viene dai sub», racconta. E spiega che ci sono i sommozzatori della domenica die con i sonar vanno a caccia di chissà cosa. E poi i professionisti, che hanno telefonato al sindaco avvertendolo che il recupero lo faranno loro, se chiamati. «Però vogliono alcuni miliardi», si dispera Paolo Elena che vive sulla memoria di troppe guerre e di troppe bombe, nel lago e non solo. Sotto al balcone al primo piano della casa ocra, ovviamente in piazza San Marco, si vede ancora la palla di cannone lanciata dalla Serenissima repubblica. Qui vicino, a Limone, c'era il confine austroungarico durante la Grande guerra. Per non parlare della Repubblica di Salò, del ministero dell'Interno che aveva sede all'hotel Golfo e di quello della Guerra a palazzo Bettoni, tutti a Toscolano, giusto a metà strada tra la villa di Mussolini a Gargnano e quella della Petaeci a Gardono. «Il lago è pieno di bombe. Le ho viste anch'io. Basta guardarle ma non toccarle», si raccomanda il sub Enrico Sala. Poi fa l'elenco delle Mauser, degli obici da mortaio, dei mezzi pesanti e delle granate da aereo, quelle che lanciava «Pippo», lo Stuka tedesco che controllava la strada, quella che passa a un metro dal lago. E figuriamoci cosa si possa fare con sei bombe a guida laser, sebbene mai innescate. «Siamo preoccupati. Abbiamo paura della paura», guarda alla stagione Pierluigi Piva dell'hotel Mo- derno. «Sono già arrivate le prime disdette», raccontano all'albergo San Marco. Dove ricordano la signora tedesca che ha mandato il fax d'addio allegato a una copia della Frankfurter AUgemeine dove si parlava di quelle sei maledette bombe. «Come se non bastasse la strada verso Riva, ancora chiusa per la frana di febbraio», guardano al portafoglio i commercianti. Gli unici a divertirsi sono i ragazzi di Salò, che si sono messi a riempire il paese di adesivi: «Attenzione: i cellulari innescano le bombe». E allora nei giorni di festa, tutti in ri- va al lago, telefonino in mano, nella sadica speranza di assistere al botto. Con buona pace della signora belga che da trenta anni svernava sul Garda e che adesso ha deciso di vendere la casa, costi quel che costi. «Il fatto è che se costa troppo, le bombe ce le lasciano in fondo al la¬ go», non si illude Costantino Gabortii, mentre spera che tengano gli inneschi elettronici e non vadano in tilt gli apparati di sicurezza, che il pilota di quel giorno abbia detto la verità e dalla Nato non arrivi l'ennesima bugia su queste sei bombe, dopo te smentita del primo giorno, la mezza ammissione del secondo sui due serbatoi vuoti lanciati sulle montagne sopra Vicenza e su un solitario missile, moltiplicatosi nel corso delle conferenze stampa. «Nessuno le ha viste cadere, ma adesso vogliamo sapere tutto», chiede Ivana Perini della pizzeria agli Ulivi, dirimpetto al luogo dello sganciamento eh quel giorno. Giusto dopo il muro, dove quelli di Rinascita Democratica hanno attaccato un cartello contro la guerra «Cessate il fuoco», c'è scritto, pensando a Belgrado, al Kosovo e alle sei bombe nel Lago di Garda. Il sindaco protesta «Sono pericolose e danneggiano il turismo» Urta motovedetta dei carabinieri pattuglia la zona dove sarebbero state sganciate le sei bombe sopra un A-10 decotta da Aviario

Luoghi citati: Belgrado, Brescia, Gargnano, Kosovo, Limone, Salò, Serbia, Vicenza