Le ambigue retrovie della guerra etica di Pierluigi Battista

Le ambigue retrovie della guerra etica Le ambigue retrovie della guerra etica Pierluigi Battista NON un giornale della sinistra minoritaria intossicata di antiamericanismo, bensì il Washington Post, ha dato spazio «agli arruolamenti forzati che l'Uck effettua tra i profughi, costringendo con le armi tutti gli uomini tra i 18 e i 50 armi a raggiungere i campi d'addestramento». Però la filosofia dell'interventismo Nato «a fin di bene» non può che offrire un'interpretazione minimizzante di un comportamento così censurabile da parte di compromettenti «alleati». E non solo per mia scontata propensione ali autocensura tipica delle atmosfere di guerra guerreggiata. Ma soprattutto per l'imbarazzo che i sostenitori dell'assolutezza «umanitaria» e dell'eticità «internazionalista» proverebbero ad accostare la purezza dei Valori con la tolleranza di metodi brutali, e ispirati alle leggi della più spietata prevaricazione nei confronti dei più deboli, messi in atto da chi, come l'Uck, approfitterebbe della conclusione favorevole della guerra per finalità che col richiamo «umanitario» non hanno nulla da spartire. Non stupisce dunque la granitica fermezza con cui gli apologeti dell'interventismo Nato sembrano rifiutare alcuni elementari quesiti di tipo meramente razionale e dunque difficilmente ospitagli in un clima mentale dominàto esclusivamente dall'imperativo indiscutibile del «soccorso militare». Scegliersi come alleati movimenti1 ambigui come l'Uck non favorisce forse, come chiede Lucio Caracciolo su Limes, il «proliferare di staterelli etnicomafiosi oltre Adriatico»? 0 ancora, si domanda sull'Unità un interventista «tiepido» come Salva¬ tore Veca (ma Veca sa bene che nel fervore bellico- rivoluziona rio, la «tiepidezza» è moralmente equiparata alla «diserzione»): «Siamo sicuri che i mezzi di questa azione militare non finiscano paradossalmente per risucchiare i propri fini, forse fino a renderli irriconoscibili?». Domande inopportune, che pretendono nientemeno di reintrodurre nell'atmosfera surriscaldata della guerra «etica» un criterio di adeguatezza dei mezzi ai fini, di precisazione di questi stessi fini, dove, come, quando, con chi. Chiede Remo Bodei su Liberal: «Ci sono milioni di ungheresi in Romania. E se volessero un loro Stato?». Domanda pertinente. Ma anch'essa inopportuna, secondo la dogmatica «umanitaria». Tanto vale, anziché domandare, affermare. Come fa Tzvetan Todorov alludendo al molo nefasto dell'Uck: «Lo scopo legittimo della guerra è di garantire i diritti e la protezione delle minoranze. É' invece illegittimo imporre la secessione di una provincia con il pretesto che un grappo militante ne chiede l'indipendenza. Obiettivo che, se fosse imposto in tutta Europa, provocherebbe lo sconvolgimento dell'intero continente e la guerra generalizzata». E in questo caso, dove sarebbe il Bene?

Persone citate: Lucio Caracciolo, Remo Bodei, Tzvetan Todorov, Veca

Luoghi citati: Europa, Romania