Gusti e disgusti

Gusti e disgusti Gusti e disgusti HESTA femmena addora 'e pachili». Negli anni di inizio secolo, quando il night si chiamava tabarin e quando trionfava il can cari, questo era il complimento di un uomo a una donna piacente: dirle, cioè, che la sua pelle profumava di patchouli, nome di un'essenza intensa ricavata da fiori d'Oriente. Il profumo, ma anche l'odore, si sa, sono strumenti per interpretare, esaltare o ridurre un sentimento: sono insomma mezzi per comunicare a livello interpersonale. Anche a livello eno-gastronomico vale tale principio. Non a caso i sommelier «studiano» un vino dal sapore e dall'odore e dell'arrosto, se riuscito bene, si è soliti dire, come primo giudizio, che ba un bel profumino. E' di questi giorni la notizia che a) Salone della Cosmesi di Bologna hanno ricevuto interesse e successo profumi e prodotti da bagno creati usando fragranze del tutto inattese e sorprendenti: odori diventati «parfums» estratti da peperoni, pomodori, zafferano. Come dire che i sapori, nel Duemila, cambiano profondamente identità e si trasformano in civettuoli cosmetici. Un tempo, nel Piemonte contadino, si affibbiava un «bel prusòt» (bella pera) a una persona ritenuta piacevole di aspetto e simpatica di carattere. Oggi si direbbe, nel linguaggio del dopo-Salone di Bologna, «buon profumo di pera» per fare lo stesso identico complimento. Speriamo che non si usi l'odore del gorgonzola. Saremmo in serio imbarazzo.

Luoghi citati: Bologna, Piemonte