Quel maledetto pomeriggio del 4 maggio 1949. Incubo casa

Quel maledetto pomeriggio del 4 maggio 1949. Incubo casa LETTERE AL GIORNALE Quel maledetto pomeriggio del 4 maggio 1949. Incubo casa La tragedia granata «A l'è mortje '1 Tori». Era questa la notizia che correva di bocca in bocca in quel maledetto pomeriggio del 4 maggio 1949. Anche donne e anziani, a quei tempi non ancora coinvolti dai inedia nello vicende calcistiche, commentavano la tragedia sportiva oltre che quella umana. Per noi ragazzini era la fine di un incantesimo: Capitan Valentino, «Baci», Gabetto e compagni che con Tex Willer e Pecos Bill esaltavano la nostra fantasia, si erano fermati per .sempre lassù, a Superga. Il nostro grande Toro cancellato come le tracce dei bianchi gessetti sulle lavagne della scuola. Per molti di noi, abita iati alle privazioni di una dignitosa povertà, quelle maglie granata rappresentavano una meravigliosa evasione alla realtà quotidiana, costituita dall'indispensabile, bandendo rigorosamente il superfluo. 1 pantaloni con le toppo, e non corto per moda, le suole dello scarpe con i fastidiosi «tacon» per coprire i buchi, il cappotto rivoltato, le borsate di cassette di legno sfasciate per la stufa, l'unico servizio sul ballatoio, in comune con altre famiglie. Poi il triste corteo funebre per via Roma, la lunga fila dei lugubri camion con le salme dei nostri eroi, dei giornalisti, tecnici, accompagnatori. Piangevamo in molti tra l'immensa folla, piangevano gli «odiati» rivali tifosi juventini, e quelle donne e quegli anziani cne di calcio non sapevano nulla. Addio Toro. Dopo, riuscimmo a trovare nel nostro salvadanaio qualche liretta per contribuire alla ricostruzione della squadra ottenendo in cambio il prestigioso distintivo del «Torino Simbolo» da portare all'occhiello con fanciullesca fierezza. Oggi, in questo mondo opulento e telematico dove attorno alle squadre di calcio ed ai loro giocatori vorticano giri di affari colossali, il mito del glorioso e umile Toro ci appare ancora più grande. Una favola che si è interrotta mezzo secolo fa e che in quei ragazzini d'allora, oggi sessantenni o più, è incancellabilmente riposta nella memoria con l'orgoglio di averla vissuta insieme ai suoi protagonisti. Vittorio Gaydou Collegno (TO) Una mazzata per i proprietari Vedo che di tanto in tanto si torna a parlare di una nuova mazzata per i proprietari di casa. Mi riferisco al libretto immobiliare o libretto dell'edificio o libretto casa come diavolo vogliono chiamarlo: un libretto contenente dati probabilmente inutili, che servirà a dar lavoro a qualche geometra o ingegnere o architetto in cerca di occupazioni saltuarie. Bene ha fatto la Confedilizia ad opporsi a questa ennesima trovata che si aggiunge alle tante tasse esistenti, alla riforma del catasto e all'imminente obbligo di assicurarsi contro le calamità naturali, vale a dire elementi tutti che servono solo a danneggiare le proprietà. Giuseppe Trani Milano Ambiguità sulla giustizia Ho l'impressione che i Democratici di Sinistra, o per lo meno una parte di essi, a cominciare da Veltroni e Polena, sul problema «giustizia» stiano giocando una partita politica non chiara, mascherata dalle solite frasi di rito. Sia in materia di pentiti, sia in materia di Giusto Processo, da più parti si levano voci critiche che reclamano l'esigenza di rivedere a fondo la legge. Vigna, Del Turco, Violante, Boato, Pi- sapia e molti esponenti di rilievo di molti partiti sono consapevoli di questo grave problema e lo dichiarano. Se però le stesse cose le dice Berlusconi, allora Veltroni e Polena si irrigidiscono ed estremizzano le posizioni. A che gioco stanno giocando? La politica «giudiziaria» dei Ds è equivoca: non è chiaro se si rifanno a dei principi oppure a degli interessi; se stanno proteggendo una parte politicizzata della magistratura inquirente; se vogliono condurre una battaglia interna al partito; se vogliono tenera «sotto scopa» gli avversari; se pensano al loro elettorato più giustizialista; se temono la concorrenza di Di Pietro; se speculano sui processi. Questo confondere le acque è indice di ambiguità. La doppiezza comincia ad essere eccessiva. Passi l'idea di un partito di lotta e di governo, di pace e di guerra, un partito carne e pesce; ma Veltroni appare come uomo per tutte le stagioni, capace di recitare tutte le parti in commedia, una salamandra. Egli appare tollerante, aperto, buonista, comprensivo quando ti è «davanti»: ma quando gli giri le spalle, com'è Veltroni? Eppure, tornando al tema giustizia, Veltroni e Polena dovrebbero aver capito che la questione sta incancrenendosi. Il sistema giustizia sta precipitando nella considerazione dell'opinione pubblica: si sente odore di bruciato e non si ha più fiducia. La politicizzazione operata sulla giustizia dai Ds (e Pds prima e Pei ancora prima) sta disintegrando il sistema. Disegni di legge sono insabbiati proprio dai Ds. Perché? Michele Morandi Milano Non fermate Bernabè Nel nostro Paese la politica ha spesso manifestato una notevole indifferenza e insensibilità per i problemi delle telecomunicazioni e lo dimostra il ritardo con cui si è superato il cosiddetto «spezzatino telefonico» ed è stata istituita l'autority per le comunicazioni e questo mentre ancora nel lontano '82 in Francia, sotto Giscard d'Estaing, con il rapporto NoraMine, l'accrescimento delle telecomunicazioni veniva considerato strategico per lo sviluppo e Blair ha messo nel suo pro- Eanima elettorale e di governo sviluppo di Internet fra le sue priorità. Oggi sarebbe assurdo che si bloccasse, in nome di un malinteso interesse nazionale l'iniziativa di Bernabè che è riuscito, dove altri non sono riusciti, a trovare un partner compatibile e di gran forza come Deutsche TeTekom per dare una prospettiva alle nostre telecomunicazioni nazionali nel mercato globale. Pierluigi Tolardo Novara Il metodo D'Alema per il Colle L'anonimato non rende credibile la fonte che avrebbe riferito ad Augusto Minzolini presunti giudizi del Presidente del Consiglio (riportati nell'articolo «Il metodo D'Alema per il Colle prima le riforme, poi i nomi») su alcuni possibili candidati alla prossima elezione del Presidente della Repubblica. Certo è che le espressioni attribuite a Massimo d'Alema non appartengono al suo modo di esprimersi e, soprattutto, non corrispondono né all'effettivo pensiero né allo scrupoloso rispetto che il Presidente del Consiglio ha dell'autorevolezza delle cariche istituzionali e del prestigio delle personalità politiche in questione. Del resto, è evidente che la sola preoccupazione del Presidente D'Alema è di contribuire, nell'approssimarsi della significativa scadenza dell'elezione del nuovo capo dello Stato, ad affermare l'alto valore istituzionale della scelta che i grandi elettori nella loro autonomia saranno presto chiamati a compiere. Pasquale Cancella, Roma portavoce Presidenza del Consiglio Prendo atto del punto di vista di Palazzo Chigi. Mi preme, però, precisare che quanto riportato nell'articolo mi è stato riferito con dovizia di particolari da un esponente diessino che qualche settimana fa ha viaggiato sull'aereo con il Presidente del Consiglio sulla rotta Genova-Roma. lau. min.] Le lettere vanno in a: LA STAMPA Via Maronco 32, 10126 TORINO fax 011 -6568924 e-mail lertere@lastampa.it

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