La «fabbrica» che produce miliardi

La «fabbrica» che produce miliardi CINQUANTANNI DI SOGNI. UN'IDEA NATA IN UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO La «fabbrica» che produce miliardi Dai controlli manuali al computer, nel nome della privacy retroscena Fabio Potetti MILANO Negli Anni 30 il sogno erano mille lire al mese, nel '46 un 12 alla schedina, costo 30 lire, quanto un vermuth. Oggi sono i 63 miliardi finiti con il Superenalotto a Peschici lo scorso ottobre. A parte l'inflazione che ha mangiato la lira, sembra non essere cambiato nulla nell'Italia dei sogni. Certo non la «fabbrica» che li ha dispensati, la Sisal, nata il 3 maggio del '46 dall'inventiva e dalla fame di tre giornalisti itali a ni, finiti in Svizzera per sfuggire alle leggi razziali. Sport Italia srl, il nome per esteso Imito in un film con Walter Chiarì e Achille Campanini nel '52 e poco dopo nella Treccani. Semplicemente Sisal, da quando davano una lametta Bolzano come premio di consolazione, dal tempo dei barbieri che sulle schedine mai giocate ci pulivano il rasoio. Sisal anche dopo il '48, quando Luigi Einaudi decise la nazionalizzazione con il nome di Totocalcio, per mettere fine all'euforìa delle facili vincite. E soprattutto per far incassare allo stato vagonate di soldi. Sessantatré milioni finirono nel '47 a un Giorgio Amelotti, 77 milioni nel '50 al minatore sardo Giovanni Mannu, che si fece fotografare sui rotocalchi con una valigia piena di 10 mila grandi come un lenzuolo. Fece scalpore l'autista di Togliatti, che anni dopo regalò «al partito e ai bimbi di Corea», i 54 milioni del suo azzeccato 12. Di¬ ventando l'antesignano degli sconosciuti giocatori di oggi che, Limando sui montepremi del Superenalotto, hanno devoluto 512 e passa milioni alla missione Arcobaleno per LI Kosovo. Dietro alle schedine prima, alla Tris e al Totip poi, fino al Superenalotto di oggi c'è la storia dell'Italia intera e di un'azienda nata in un campo di concentramento in Engadina, dove mutuando giochi già famosi in Gran Bretagna, Massimo Della Pergola, Fabio Jegher e Geo Molo ebbero l'intuizione di far leva sulla voglia di soldi facili di un Paese ancora piegato dalla ricostruzione e diviso, almeno sui campi di calcio, fra girone Nord e girone Sud. Allora le schedine venivano spulciate a mano da decine di volontari, nel '46 occuparono addirittura la stazione Centrale per far fronte al volume di giocate. Oggi, lasciato al Coni il Totocalcio, la verifica su 151 milioni di combinazioni per il «sei» miliardario di ogni concorso Superenalotto, è affidata a un computer americano, marca Digital, modello mainframe. Un supercervellone custodito come l'oro a Fort Knox, collegato a una rete di 15 mila esercizi commerciali. Tutti sotto la sigla Sisal, tutti controllati da Rodolfo Molo, figlio di Geo, primogenito dell'allora prigioniero numero 21915. Che sull'onda dell'intuizione del padre ha inventato questo gioco che ha portato il volume delle puntate dai 168 miliardi del '95 ai 4139 miliardi dell'anno scorso. Puntate anonime, si sa. Anche 1600 lire per volta, ma sempre senza indicazioni, nel timore di un fi- sco che non può comunque nulla, visto che le vincite sono esentasse. Ma è dalla fine degli Anni 40 che nessuno si fida più. Dalla prima schedina siglata «mamma e io» che nel '51 fa vincere a Bologna 200 milioni, si è arrivati alla telefonata anonima di oggi, indirizzata al tabaccaio. Rodolfo Molo, che firmava di persona gli assegni, giura di aver stappato l'ultima bottiglia di champagne a gennaio dello scorso anno, quando negli uffici di via Palcocapa venne a bussare il vincitore del sei da 12 miliardi finiti a Poncarale. Inutile cercare di sapore il nome del fortunato. La fabbrica dei sogni e dei soldi garantisce la privacy. Anche alla faccia delle scommesse truccate con il sidol e dei fondi neri in Svizzera, su cui indagano i magistrati milanesi. Malgrado le previsioni il primo scandalo non ha piegato il volumo di gioco o la voglia di credere nella fortuna. Figuriamoci questo, che non sfiora neanche le palline con i numeri. E a chi crede nella cabala, e nei ricorsi storici, vai la pena ricordare che a giocare per primi al lotto furono quelli delle Repubbliche Marinare, pronti a scommettere sulla nomina dei magistrati a Genova. Il presidente della Sisal Rodolfo Molo