Aspettando il gommone a Valona

Aspettando il gommone a Valona ADRIATICO PORTA DELLA SPERANZA: RIPRENDE IL GRANDE ESODO Aspettando il gommone a Valona Tra i profughi che partono per l'Italia reportage Vincenzo Tessendoli inviato a VALONA _ Stanotte, forse, Toninzefi è sbarcato in Puglia. L'ho incontrato ieri a mezzogiorno sulla spiaggia della Skela, a Valona. Fissava il mare azzurro e piatto come una tavola. «Parto», mi ha confidato. Aveva il posto sul gommone che sarebbe salpato verso le 21, già pagato il passaggio: 600 marchi. I prezzi hanno avuto una flessione perché ora, dicono qui, grazie a Dio e a Milosevic, il lavoro non manca. L'altra notte son partiti 15 scafi, sulla costa italiana ne hanno bloccati 5, ma nessuno rinuncia. Toninzefi è biondo, alto, dice di avere 21 anni e di essere arrivato otto mesi fa da Smolica, presso Drenila. Ma abita ad Aquisgrana, in Germania, da cinque anni e in Kosovo era rientrato, dice, «per incontrare degli amici». Ed era lì, al suo paese, quando i serbi lo hanno bombardato e han fatto un rastrellamento. Hanno preso pure lui. «Per due volte hanno fatto finta di fucilarmi, e la prima è stata come se lo avessero fatto sul serio. Sono scappato senza documenti, a Scutari e poi a Tirana». In Albania l'ha raggiunto Claudia, la sua ragazza tedesca, e si sono sposati, «Sarei potuto partire con lei, ma il passaporto l'avevo consegnato a un impiegato albanese dell'ambasciata tedesca e quello per rendermelo vorrebbe 3 o 4 mila marchi, "perché tu sei un kosovaro e i soldi ce li hai", mi ha detto. Costa meno il gommone». Mehdi, dice di chiamarsi così, è un armadio con i capelli neri, gli occhi neri, il vestito nero. Viene da Podiieva, nel Nord del Kosovo, a ridosso della frontiera serba. Vende elettrodomestici a Dortmund ed è in Germania da dodici anni dove ha sposato una tedesca. «Eravamo tre fratelli e una sorella. Il più grande è stato assassinato dai serbi il mese scorso, il più piccolo è nel¬ l'Ilei-; mia sorella è riuscita a fuggire a Tirana». Lui era tornato nel Kosovo per prendere i suoi e condurli fuori: è arrivato tardi, quando la pulizia etnica aveva già spinto oltre frontiera anche quelli della sua famiglia. E allora 3i è messo a cercarli e ne ha trovati alcuni nel campo di Brace, in Macedonia. «Voglio portarli tutti con me in Germania, ma i tedeschi prendono soltanto una quota di 10 mila, ed è già completa. E poi accettano unicamente gli esuli che arrivano dalla Macedonia, mi dicono che lo fanno per motivi politici». Ma in Albania i suoi non ce li vuol lasciare: «Non c'ero mai venuto, qui, non pensavo che fosse in queste condizioni, l'Albania. Qui non si può vivere e allora meglio rischiare che creparci, in un posto come questo». Anche Mehdi fìssa il mare, segue, je evoluzioni di due guardacoste della Finanza italiana e il gommone che nuota sornione in mezzo alla baia. Sullo sfondo c'è il San Marco e sul molo un blindato del nostro battaglione dei fanti della marina. Ieri sera Mehdi non partiva, gli hanno assicurato che il posto per lui e i suoi ci sarà domenica o lunedì. «Forse...». Partono ogni notte, dunque, e lo sanno che dall'altra parte il rischio è limitato a dispetto dei proclami del ministro dell'Interno italiano Rosa Russo Jervolino. Quando a guidare lo scafo è il padrone, allora ci sono gli inseguimenti, le nimicane, le finte e le accostate; ma se al timone c'è il marinaio, allora è facile prenderli. L'altro giorno, a Bari, ne hanno avvistato uno atipico, di gommoni. «Sopra erano solo in due, a prua c'era una coperta, abbiamo pensato che potesse portare armi o droga o qualche clandestino di riguardo», racconta Pietro Sgarlata, generale della Guardia di Finanza. «E' cominciato un inseguimento di quelli veri, con un nostro guardacoste che si è avvicinava e poi veniva distanziato, perché quello correva come un fulmine. Poi è intervenuto un elicottero, e un'altra nostra unità di quelle che raggiungono 55-60 nodi. E allora lo tallonavamo. Portavamo anche un poliziotto albanese, che ha pure sparato. Quello si fermava e ripartiva. Infine è scivolato nel porto di Valona. E qui c'è un buco nero, perché nessuno fa niente». In città c'è agitazione perché quel campo che stanno organizzando gli italiani già suscita appetiti disgustosi. Carlo Sforzi è un giovanotto di 61 anni, arrivato da Carrara, porta il berretto da alpino ed è un volontario della Protezione civile, di quelli che hanno organizzato anche le tendopoli a Kukes. Ed è lui che racconta della processione di sfaticati attorno alle tende dove ci sono le ragazze: «Ed è più che evidente il motivo». Anche Simone Vendramin è un ragazzo di 57 anni, con il berretto con la penna. Lui pure fra i primi, arrivato da Torino, è salito a Kukes. E quando gli chiedo che cosa l'abbia colpito di più mi dice: «La dignità di questa gente. La sera andavamo a distribuire il pane e loro ne prendevano lo stretto ne¬ cessario, una volta hanno restituito un piatto di zuppa: "Uno è bastato per due", hanno spiegato. Qui? Mentre piantavamo i chiodi per fermare le tende, c'erano ragazzetti che tentavano di rubarceli». Nel campo che verrà gestito dalle Regioni, con il Piemonte già sid posto, la Toscana a ruota e le altre sei sulla scia, ci sono 100 tende e i primi 100 esuli sono arrivati l'altra sera. Il cartello «completo» lo metteranno soltanto quando si arriverà a 5000, mia già lo sanno che qui si stringeranno in 7 o 8 mila perché i kosovari non si dividono, se appena possono. Doveva venire anche il ministro Jervolino, a visitarlo, questo nuovo «made in Italy», ma il volo che doveva portarla da Tirana-Rina a Valona è stato cancellato, anzi, per ore hanno chiuso tutto l'aeroporto perché era scattato l'allarme. E le spiegazioni non sono servite a chiarire il mezzo mistero. La prima voleva che un cane poliziotto, una specie di Rex, avesse fiutato una bomba. Che è stata cercata a lungo ma nessuno ha trovato; la seconda gettava la croce sulle spalle già piegate degli Apache, intesi come elicotteri: da uno, in volo di allenamento vicino alla pista, sarebbe caduta una bomba con conseguente pandemonio. La Jervolino rinvia il viaggio a Tirana per un misterioso allarme all'aeroporto Forse un Apache che ha perso una bomba ■ ■ - -.. Gli italiani sbarcano nel porto di Durazzo: ecco gli alpini della Taurinense, IX Brigata, «L'Aquila» Venti clandestini ripresi ieri mentre sbarcavano nei pressi di Otranto da un gommone equipaggiato con due potenti motori fuoribordo

Persone citate: Carlo Sforzi, Jervolino, Kukes, Milosevic, Pietro Sgarlata, Rosa Russo Jervolino, Simone Vendramin, Skela