Il lungo giorno del diluvio di fuoco di Giuseppe Zaccaria

Il lungo giorno del diluvio di fuoco Trenta raid in Montenegro, muore il primo civile. Colpita la città dove Milosevic è cresciuto Il lungo giorno del diluvio di fuoco LaJugoslavia martellata senza tregua Giuseppe Zaccaria inviato a BELGRADO Nelle capitali europee toccate dal «tour» diplomatico di Viktor Cernomyrdin si continua a sognare la pace, ma intanto da tre giorni i bombardamenti della Nato sulla Jugoslavia stanno raggiungendo un'intensità mai vista prima. E' una devastazione che prosegue senza soste dove ogni installazione, di qualsiasi tipo, si è trasformata in obiettivo. Le sirene d'allarme continuano a suonare in tutte le città della Federazione e a volte, come a Podgorica, non fanno neanche in tempo ad avvertire la popolazione. Ieri notte Belgrado è rimasta sveglia: sotto i colpi dell'attacco della Nato è caduta anche l'antenna trasmittente televisiva sul monte Avala, a sud della città, e questo ha messo le emittenti televisive private della capitale nell'impossibilità di trasmettere i notiziari giornalistici della tv di stato. Gli attaccahi hanno martellato le installazioni petrolifere su Pristina e Novi Sad. Ma è stato sul Montenegro che gli aerei dell'Alleanza hanno scatenato gli attacchi più intensi, 30 incursioni in un giorno, dalla tarda mattinata fino a notte fonda. Quasi mai le sirene hanno fatto in tempo a suonare, in una giornata limpidissima Podgorica è stata bersagliata dai missili: e da ieri il Montenegro ha anche la sua prima vittima civile. Era una donna di 61 anni, Paska Jukai, di origine albanese: è stata uccisa da una scheggia alla testa mentre di pomeriggio, durante l'ennesimo attacco, correva verso un rifugio assieme al figlio. Abitava a Sipcanik, nella periferia di Podgorica. In un villaggio vicino, chiamato Mataguze, una donna e due ragazzi sono rimasti feriti: le immagini della tv locale mostrano case devastate, animali uccisi, due auto in fiamme. Il villaggio sorge nei pressi dell'aeroporto di Golubovci, e secondo fonti Nato è proprio in-quell'aeroporto che l'aviazione jugoslava avrebbe spostato molti dei suoi jet. Secondo le autorità montenegrine, le spiegazioni di ordine tattico in realtà nascondono la volontà di bloccare qualsiasi rifornimento di carburante alla Serbia. Ma anche sull'altra metà della Federazione le incursioni stanno proseguendo, sempre più terribili, verso obiettivi che di militare hanno ben poco. Nei sobborghi industriali di Belgrado il solo target collegabile alle attività belliche sembra essere la Scuola di comunicazione di Rakovica: tutte le altre notizie parlano di depositi di carburanti o strutture industriali. Nei dintorni della capitale è stato abbattuto un ripetitore sulla collina di Krnyaca, ma almeno in città e fi¬ no alla Serbia Centrale le tv continuano a trasmettere. Dal resto del Paese giungono bollettini che parlano solo di devastazioni: attacchi a Pozarevac, cittadina che ha ospitato Slobodan Milosevic e sua moglie Mirjana Markovic durante gli anni dell'adolescenza. Oggi i soli obiettivi conosciuti paiono essere la discoteca «Mattona» (proprietà dello sciagurato secondogenito del Capo, Marko, e propagandata come «la più grande discoteca dei Balcani») e «BaìnbUand», il parco di divertimenti che il medesimo giovanotto stava costruendo. Altre bombe su Pristina (sembra, addirittura più di cento in ventiquattrore), con enormi danni anche nelle città vicine: dal Centro di informazioni serbo dicono che le incursioni stanno raggiungendo «ponti, strade, persino auto civili». Nei pressi della città è stato distrutto un impianto per la lavorazione del nickel che prima della guerra dava lavoro a 3 mila persone. A Fri zren, altre fonti serbe dicono che un missile abbia raggiunto un quartiere abitato prevalentemente da «rom» uccidendo quattro persone, fra cui due bambini. Ancora bombe su Surdulica, il villaggio della strage dell'altra notte, e sulla vicina Toplido: gli abitanti hanno udito le esplosioni mentre celebravano i funerali delle 20 persone uccise dall'incursione precedente. E poi due ponti abbattuti, uno a Biljanovac e l'altro a Grdelica (l'area in cui venne colpito un treno), altri depositi di carburante, e ancora una volta l'area industriale di Pancevo, a 30 km dalla capitale. A Pancevo ci sono testimoni oculari che sostengono di aver visto due aerei della Nato «avvitarsi» e precipitare verso il terreno. L'Alleanza atlantica smentisce con decisione. Ma anche dalla Macedonia giungono notizie di testimoni che avrebbero trovato due piloti della Nato appesi a un albero con i paracadute. D nuovo fronte che sembra std punto di aprirsi nelle opposte guerre informative è proprio quello delle perdite - non tanto di uomini, quanto di mezzi - di questo primo mese di guerra. A tutt'oggi la Nato ha ammesso la perdita del famoso «Stealth», fino al giorno prima invisibile, e di un aereo senza pilota sui cieli del Kosovo. Ora il Capo di Stato maggiore dell'Armata Jugoslava fornisce cifre strabilianti in una intervista a «Politika», il quotidiano di regime. Dice il generale Dragoljub Ojdanic «abbiamo abbattuto 46 aerei Nato, 6 elicotteri, 8 velivoli senza pilota e 182 missili». Qualche notizia negli ultimi tempi era filtrata: l'atterraggio di emergenza di un «Sea Harrier» a Sarajevo, l'intervento sempre in Bosnia degli uomini Nato per piantonare l'area di un altro supposto incidente. Le vere perdite di questa guerra: ecco un altro degli argomenti da consegnare al futuro. Un uomo cerca tra le rovine di Gorna Bania (a sinistra) un sobborgo di Sofia a destra una raffineria a Novi Sad dopo I bombardamenti Bozidar Jovicevic dirigente della Jugopetrol osserva ciò che resta del villaggio serbo di Zdravcici colpito dai missili della Nato

Persone citate: Bozidar Jovicevic, Dragoljub Ojdanic, Gorna, Milosevic, Mirjana Markovic, Paska Jukai, Slobodan Milosevic, Viktor Cernomyrdin