Torna Cossiga: mi candido alle europee

Torna Cossiga: mi candido alle europee L'ex presidente sarà il «numero uno» nel Nord-Ovest e Isole, Dini al Centro e al Sud Torna Cossiga: mi candido alle europee Liste «difficili» per ds, popolari e Alleanza nazionale ROMA Francesco Cossiga si candiderà alle elezioni europee nella lista che ha presentato insieme a Labe ito Dini. L'ex presidente della Repubblica sarà il numero uno nel Nord Ovest e nelle Isole, mentre il ministro degli Esteri scenderà in Uzza al Centro e al Sud. L'indiscrezione circolava da giorni nei palazzi della politica. Ieri pomerìggio lo stesso Cossiga l'aveva accreditata con queste parole: «Può darsi davvero che mi candidi. E lo farò per un motivo semplice: far capire alla gente che stavolta queste elezioni sono più importanti del solito». Poi, in serata la conferma definitiva. Chissà il piacere che l'ex presidente pregusta già di far polemica con tutti, durante la campagna elettorale. Tutto questo interesse per le intenzioni di Cossiga non deve sembrar strano. Le «vecchie glorie» della politica, in queste elezioni, hanno un ruolo, basti pensare a quel che stanno facendo penare a Veltroni e Marini, impegnati nello sforzo di rendere quadrato più di un cerchio. Le grane peggiori, probabilmente, sono quelle a cui deve far fronte il segretario del ppi, per carattere portato a rimandare i problemi, e adesso costretto ad affrontarli, e per di più in poco tempo. Ogni circoscrizione, un guaio. Nel Nord-est è spuntata, al secondo posto, la candidatura dell'andreottiano Nino Crìstoforì, proprio mentre il presunto capolista - il prodiano Pierluigi Castagnetti - sta minacciando di abbandonare il campo. «Ho saputo che nel mio collegio sono state fatte riunioni per non farmi eleggere alle quali ha partecipato lì vice segretario Franceschini», ha accusato Castagnetti. A Marini e Matta rolla il compito di convincerlo che nessuno ha tramato contro di lui. Non è che vada meglio nel Nord-Ovest: Guido Hodratu si è rifiutato di fare il numero uno, perchè preferisce continuare a stare lontano dalla politica attiva come ha fatto in questi ultimi sette anni (una vera eccezione). Poi si arriva al Sud, e qui, apriti cielo, perchè c'è il capitolo campano. Gerardo Bianco, presidente del partito, non vuole nel modo più assoluto che si presentino in lista Ciriaco De Mita o Giuseppe Gargani, perchè entrambi (il primo di sicuro) gli sol'- fierebbero il seggio a Strasburgo. I popolari campani però ne fanno una questione d'onore (e di voti). Se De Mita non si candidasse, il ppi, nella loro regione, prenderebbe certamente meno consensi dell'Udì- di Mastella. Per questa ragione loro vogliono che l'ex leader de stia in lista. Ma De Mita nicchia. Preferirebbe di gran lunga cedere il proprio posto a Gargani, per impedire che r«amico Poppino» ascolti le sirene di Cossiga e di Berlusconi (tutti e due gli hanno parlato per offrirgli una candidatura). Per sè. De Mita si riserverebbe il ruolo di grande elettore di Gargani. Marini, che pensa ai consensi, e che con Bianco ha un conto da saldare che risale al Congresso, vedrebbe di buon occhio la candidatura dell'ex leader de. I due ne hanno parlato, e oggi, in direzione, continueranno a farlo. Meno gravosa, ma non meno defatigante la formazione delle liste diessino. A furia di lusinghe e di promesse, Veltroni ha dovuto calmare un infuriato Giorgio Napolitano, il quale, per accettare il posto di numero uno nel Sud, chiedeva il rispetto del principio che preclude la candidatura ai parlamentari (eccezion fatta per il segretario) e ai sindaci di città con oltre 100.000 abitanti. L'oggetto del contendere, nella realtà, aveva un nome e cognome: Vincenzo De Luca, primo cittadino di Salerno, un personaggio che avrebbe ottenuto più voti di Napolitano. Per accontentare l'ex leader migliorista (che però scioglierà la riserva solo oggi, in direzione), Veltroni ha eliminato il problema alla radice, depennando dalla lista De Luca. Persino Fini, che pure tiene saldamente in mano An, ha dovuto affrontare le ire e le perplessità dei suoi nel corso della riunione di direzione, anche se alla fine, il solo Teodoro Buontempo ha votato contro il connubio con Segni. Publio Fiori ha minacciato di lasciare il proprio incarico di «responsabile dei Valori cattolici» se l'«abortista e antiproibizionista» Taradash verrà candidato. Fini, però, su questo punto è stato irremovibile: l'ex Fi sarà in lista. E Fiori, allora, ha confermato le dimissioni. Meno aspri, ma molto dubbiosi, gli interventi di Servello («rompere il Polo per partiti virtuali sarebbe pericolosissimo»), Tremaglia e Fisichella. Alla fine si sono convinti tutti, Tranne Buontempo, che ha accusato il leader di «fare pulizia etnica sostituendo i postmissini con personaggi estranei alla nostra comunità». Irn. t. m.] Il «Picconatore»: voglio far capire che queste elezioni sono importanti

Luoghi citati: Marini, Roma, Salerno, Strasburgo