Profughi su una mina: 7 morti di Vincenzo Tessandori

Profughi su una mina: 7 morti Profughi su una mina: 7 morti «Pulizia etnica anche fuori dal Kosovo» Vincenzo Tessandori inviato a TIRANA Una mina, un altro maledetto ordigno come quello che un paio di settimane or sono fece scempio di esuli a pochi metri dalla barriera di confine, a Kukes. E anche questo ha ucciso almeno sette profughi, non lontano dalla frontiera tra il Kosovo e la Macedonia, presso Blace. Secondo il ministro della Difesa macedone oltre ai morti ci sarebbero sette feriti. E sono migliaia i profughi che premono, forse ottocentomila, come ha accennato il professor Franco Barberi, che si aspetta su Kukes un'ondata capace di spazzare tutto, se non si porranno nuove dighe. Secondo Stefano Kovac, direttore operativo del consorzio italiano di solidarietà, almeno duecentomila kosovari vagherebbero per l'Albania senza una stabile sistemazione, e in condizioni che nep¬ pure è possibile immaginare. «Le stime sono di 640 mila profughi tra i paesi confinanti il Kosovo, di questi 360 mila si trovano in Albania: 70 mila in campi, 80 mila presso famiglie e :li altri praticamenti abbandonati a se stessi». Secondo Red Remond, dell'alto commissariato Onu, ieri sarebbero transitati dal colle di Blace almeno quattromila profughi e altrettanti il giorno prima. Nella notte, a Kukes, ha raccontato il professor Barberi, responsabile della protezione civile italiami, «si sono vissuti momenti di grande preoccupazione perché a un certo punto è stata alzata la barriera e il flusso ha ripreso e non si sapeva quanti fossero. Poi, all'improvviso hanno richiuso e di qua erano arrivati in 2900. In condizioni disastrose, più di quelle di coloro che li avevano preceduti perché ormai chi arriva ha dovuto compiere trasferi¬ menti tremendi». Ma che cosa sta accadendo, di là dalla frontiera? L'impressione è che i serbi abbiano- dato un'accelcrata verso quella che è la loro soluzione finale: cacciare fino all'ultimo kosovaro. Si parla di pulizia etnica anche in Serbia, nelle zone limitrofe al Kosovo. La denuncia è dell'alto commissariato Onu per i rifugiati. Ha detto il portavoce Cris Janowski: «Da testimonianze di rifugiati giunti in Macedonia ci risulta che le forze paramilitari serbe abbiano espulso albanesi dalla zona di Presevo, vicino al Kosovo». La cittadina è a 12 chilometri a Est della provincia, in Serbia, ma con una popolazione al 95% di origine albanese. «E i rifugiati hanno raccontato dei paramilitari serbi che hanno umiliato la gente, spogliato una ragazza di fronte all'intero villaggio, preso a calci e derubato tutti gli oggetti di valore, ma senza uccidere». Per il momento, questa «pulizia etnica al di fuori del Kosovo appare meno dura». Dunque, non sorprendono più i racconti raccapriccianti che si portano dietro quelli che scappano. L'ultimo forse è peggiore di tanti altri, ma forse soltanto perché più fresco. Parla di una strage consumata vicino a Djakovica: 100 cadaveri, uno sull'altro, o forse il doppio, ha detto Janowski. «Molti, fra i 2467 rifugiati arrivati da Djakovica hanno parlato di file di cadaveri, a Oriz e a Mej». Al termine della giornata intensa che ha visto Rosa Russo Jervolino, ministro degli Interni, volare a Ku¬ kes, il professor Barberi ha sottolineato come il nodo sia «"Moltiplicare i centri" la Nato ha detto che stanno per arrivare moltissime tende, forse 41 mila. Noi le nostre le abbiamo finite, ma ci rimane la capacità di contribuire a creare altri centri. E poi, le tende non sono la soluzione: non è poi cosi lontano l'inverno e allora bisogna pensarci, bisogna trovare qualcosa che non sia I unto precario. Questa è la più difficile einer- gonza che la protezione civile si sia trovata a gestire». A Kukes l'Italia ha messo su due campi, la gente si accalca ancora per poterci entrare, ma basta darci un'occhiata per capire che siamo oltre il «completo». Ieri, «Kukes due» cioè la seconda tendopoli, e stata ceduta all'alto commissariato e Esteffan De Mistura ha voluto che il tricolore continui a garrire sul pennone, accanto alla bandiera dell'Onu: un piccolo segno, ma assai gradito per chi lavora lassù. Poi sarà la volta degli altri campi, a passare di mano. I ministri hanno l'atto i ministri, cioè hanno avuto i colloqui con i rappresentali! i del governo albanese e sono stati incontri produttivi. Rosi Bindi, ministro della Sanità, ha firmato un accordo. «Rafforza i rapporti di collaborazione con l'Albania e punta a irrobustire le strutture sanitarie ordinarie di questo Paese». Richard Gere parla con i profughi nel campo di Brazda, vicino alla capitale macedone Skopje. L'attore arrivato ieri per una visita di tre giorni, ha paragonato la situazione del Kosovo a quella del Tibet dove la Cina «è impegnata da SO anni noi genocidio degli abitanti locali»