Scoppia la lite sulle spoglie dell' Ulivo

Scoppia la lite sulle spoglie dell' Ulivo Nel centrosinistra è polemica tra l'Asinelio e gli ex alleati, con Veltroni che tenta di mediare Scoppia la lite sulle spoglie dell' Ulivo Di Pietro attacca Ppi, Verdi e «qualche Dsfurbone» ROMA Manca più di un mese alle europee, ma, di fatto, la campagna elettorale è già iniziata. E nella maggioranza ha preso avvio con polemiche interne virulente. L'oggetto del contendere, in apparenza, e l'Ulivo, nella realtà è il neonato movimento dei 'Democratici' che potrebbe (e vorrebbe) sottrarre consensi ai tradizionali partiti della coalizione di governo. La competizione si gioca nel centro sinistra, è inevitabile, dal momento che il bacino elettorale ò lo stesso. Leader e comprimari non si risparmiano fendenti, l'unico che continua la sua opera di mediazione è Walter Veltroni, politicamente più affine a Romano Prodi, ma costretto dalle contingenze a stringere alleanza con Marini. Ieri, l'affondo più pesante è stato quello di Antonio Di Pietro, che nella sua rubrica su 'Oggi', ha mosso un attacco ai «trasformisti, funambolisti e voltagabbana della politica», che l'ex pm ha identificato noi Verdi, nel ppi, e «in qualche furbone del pds». Sono costoro che, a suo giudizio, «hanno fatto di tutto per affossare il referendum». «Ora che la paura della loro estinzione è passata - ha sottolineato Di Pietro - questi vorrebbero rimettersi il vestito della festa, il simbolo dell'Ulivo. Il vestito dell'Ulivo, però, è troppo bello per utilizzarlo in una farsa». Ouindi, ha aggiunto il senatore del Mugello, «è ora di finirla con l'ipocrisia. Gli italiani devono sapere che all'interno della coalizione dell'Ulivo ci sono partiti che predicano bene e razzolano male». L'ex pm non ha poi risparimato alcune stoccate al ppi, accusato di 'flirtare' con Berlusconi e di voler «ricostruire la vecchia de». Dunque, la contesa più aspra, all'interno della maggioranza, è quella che contrappone Democratici e popolari, i quali si sono detti convinti, con Dario Franceschini, di superare in voti il movimento di Prodi e Di Pietro. «Non ho nessun dubbio», ha affermato il vice di Marini. Come si diceva, chi vorrebbe porre fine a questa lite continua è Veltroni. Che però deve faticare non poco per convincere il suo partito a seguirlo in questo atteggiamento. In un'intervista rilasciata ieri al 'Messaggero' il diessino Cesare Salvi ha preso le parti di Marini contro Prodi, attribuendo a quest'ultimo la «colpa» del mancato accordo sull'Ulivo. Dopo il 13 giugno, ha affermato poi il capogruppo della sinistra democratica al Senato, «dovremo ritrovarci, ma non sarà facile. Il punto è che per farlo bisognerà ripartire da questa maggioranza, che è più ampia di quella dell'Ulivo, e da questo premier, candidato naturale a guidare la coalizione anche dopo». Le considerazioni di Salvi si contrappongono nettamente a quello che Veltroni va ripetendo in questi giorni e che ha ripetuto anche ieri. L'idea del segretario della Quercia è quella di indire, all'indomani del voto, un coordinamento dell'Ulivo, per promuovere una «convenzione programmatica» e dare vita a «strutture organizzative» che rinsaldino l'alleanza. «Assolutamente - ha sottolineato Veltroni - l'Ulivo non è morto». Il leader ds, del resto, al contrario di Salvi, non ha attribuito la colpa della rottura a Prodi, bensì al fatto che c'è un'elezione con il sistema proporzionale: «Dopo il 13 giugno ha perciò precisato il segretario della Quercia - bisognerà tornare al lavoro per ricreare le condizioni di sviluppo di quella che è stata la più grande idea politica di questi anni, un'idea che non può andare sprecata». A Veltroni ha replicato il capogruppo verde a palazzo Madama, Maurizio Fioroni, che lo ha accusato di insistere in una «sistematica politica di ingerenza interna alla coalizione». «Lui - ha aggiunto l'esponente del 'Sole che ride' non nasconde la sua simpatia per l'Asino. E' una simpatia che non condividiamo». Nelle polemiche di questi giorni si e inserito anche Cossiga che ha rimproverato a Marini di non aver messo nel simbolo del ppi «un chiaro richiamo al Ppe». «E' un fatto che mi preoccupa», ha detto l'ex presidente, il quale ha osservato anche che, stando così le cose, d'ora in poi i popolari non potranno più continuare ad opporsi all'ingresso di Fi nel Ppe. Secca la replica di piazza del Gesù: il nostro nome è una garanzia della nostra collocazione europea, non abbiamo bisogno di altro, [r. r.] «Ci sono partiti voltagabbana che predicano bene e razzolano male anche se adesso vogliono rimettere l'abito della festa» Salvi: «Dopo il voto dovremo ritrovarci ma non sarà facile Bisognerà ripartire da una maggioranza che è più larga della precedente» Il capogruppo dei Ds alla Camera Cesare Salvi

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