Tony e Maggie, il ricorso storico di Mario Ciriello
Tony e Maggie, il ricorso storico Blair superfalco verso Milosevic come la Thatcher verso Saddam Tony e Maggie, il ricorso storico Mario Ciriello LONDRA IL paragone con l'incontro ThatcherBush ad Aspen, in Colorado, è irresistibile. Era il 2 agosto 1990, e le forze irachene avevano appena invaso e conquistato il piccolo Kuwait. Maggie e Bush erano ad Aspen per una conferenza indetta dall'Aspen Institute, ma l'azione irachena trasformò l'appuntamento in un vertice decisivo. Storico anzi, perché fu ad Aspen che la «dama di ferro» disperse le esitazioni del Presidente e lo convinse ad intervenire militarmente. Per due motivi, come spiega Maggie nelle sue memorie: primo, non bisogna mai «appease» un aggressore, cioè rabbonirlo con eccessive concessioni; secondo, Saddam Hussein, se non fermato, avrebbe potuto invadere in pochi giorni l'Arabia Saudita e impossessarsi del sessantacinque per cento delle riserve mondiali di petrolio. Ora, al vertice Nato di Washington, il titolo di superfalco è stato assegnato a un altro leader britannico, Tony Blair. La stampa americana è unanime: è stato Blair a combattere i molti dubbi che assillano Clinton sulla condotta della guerra contro Milosevic, ò stato Blair a tenere uniti gli alleati europei, ò stato Blair a sostenere la necessità di usare forze di terra, è stato Blair a respingere 1'«offerta di pace» negoziata dai russi, insistendo però affinché partecipino a tutte le future iniziative diplomatiche. E' stato infine Blair a guardare oltre il presente conflitto e proporre una «nuova dottrina per una comunità internazionale». Una dottrina che permetterebbe un intervento negli affari interni di nazioni sovrane, ovunque, se colpevoli di aver violato «valori fondamentali». Un commentatore americano così ha descritto questo dinamismo del premier inglese: «Ha sposato i suoi ideali, soprattutto quelli che vogliono una politica estera etica, con la tradizionale prontezza inglese ad usare la forza militare». Unico tra i leader alleati, Tony Blair è libero di agire come vuole in quanto privo di un'opposizione interna. Dei 417 deputati laboristi ai Comuni, undici soltanto hanno votato contro la guerra. Persino l'estrema sinistra è divisa: Ken Livingstone afferma che la guerra è «giusta» e non obietta ai bombardamenti. Clare Short, un ministro noto per le sue sonore opinioni, ha definito il voto degli undici ribelli «un'onta per il partito» e ha respinto, indignata, tutto le proteste per l'attacco contro la tv di Belgrado. Nel Paese, rivelano i sondaggi, il pubblico approva l'intera strategia con un margine di tre a uno. Molti in Europa osservano stupiti questo laborismo così bellicoso. Certo, ci fu un periodo quando i laboristi, allora all'opposizione, chiesero la «rinuncia unilaterale» alle armi nucleari. Ma in linea di massima il partito non ha mai riluttato dall'approvare iniziative militari se considerate «giuste». La stessa Nato è figlia di un laborista. Si chiamava Ernest Bevin, era un ex leader sindacale, con un fisico taurino, figlio illegittimo di una cameriera, aveva fatto soltanto le elementari, il suo inglese era fiorito di errori. Ma fu un grande statista e fu lui, come ministro degli Esteri, nel 1948, a concepire la Nato. Erano i giorni in cui la Cecoslovacchia veniva ingoiata da Mosca e Berlino era assediata. La minaccia comunista era reale e Bevin propose di formare un'«alleanza delle democrazie occidentali con l'appoggio degli Stati Uniti». Ecco il seme dell'idea, ecco l'uomo, scabro e rozzo, che ha dato all'Occidente 50 anni di pace.
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