Egli intellettuali persero la lingua di Pierluigi Battista
Egli intellettuali persero la lingua TACCUÌNO PACIFISTA Egli intellettuali persero la lingua Pierluigi Battista FORSE stavolta non è il solito tormentone sul «silenzio degli intellettuali». E' vero, c'è un sentore di antico nella rampogna che Dacia Maraini in un'intervista a Die Welt dedica agli intellettuali «nostrani» che assistono muti alla guerra Nato, paralizzati dalla «pigrizia» e dall'«acquiescenza». E assomiglia a un omaggio postumo alla mistica dell'engagement l'invettiva che Franco Cordelli lancia in un'intervista a Giancarlo Perno del Giornale in cui si giudica «scandaloso» il fatto che «gli scrittori tacciono sulla guerra» (con perfido rimbrotto ad Antonio Tabucchi' «il più engagé e rappresentativo. Per ora tace. Forse parlerà»). Ciò non toglie che stavolta abbia qualche fondamento la percezione di un forte imbarazzo e di una spiccata reticenza manifestati da un ceto intellettuale altrimenti loquace. E che stavolta, come sul Giornale recita il titolo di un articolo di Marina Valensise, «l'intellettuale in crisi scappa dal Kosovo». Solo che non è poi così male. Non nel senso, volgare, che almeno in questa occasione gli intellettuali logorroici hanno scoperto le virtù del silenzio. Ma nel senso che forse, per la prima volta, con la sinistra al governo gli intellettuali stanno manifestando una maturità sinora insospettabile. Franco Cassano "sul mahifèito sembra suggerire l'idea di un benefico «ammutinamento» degli intellettuali -refnettari al-coro - di una sinistra neo-bellicista che, «impegnata a raccattare affannosamente qua e là pezzi d'identità e a mediare su tutto, diventa improvvisamente "dura" e fondamentalista su "questa" ingerenza umanitaria». Ma è accaduto trop- po spesso che gli intellettuali siano stati sedotti proprio dal messaggio «fondamentalista» dell'estremismo radical-rivoluzionario per concordare con la spiegazione, di parte ma lucida, di Cassano. E allora? E allora è possibile che in questo frangente gli intellettuali italiani della sinistra solitamente più loquace debbano misurarsi con i vincoli e i patemi del «principio eli realtà». Un conto è servire con appelli, petizioni e vibranti l'accuse una Causa lontana e remota. Un altro è accorgersi che tra le parole e le cose esiste un nesso inscindibile, che essere «a favore» dell'intervento significa invocare il concreto bombardamento di ponti e città. Un conto è baloccarsi nel cielo dei princìpi e galleggiare nel liquido amniotico della perenne protesta d'«opposizione», un altro è rendersi complici della somministrazione di morti e distruzioni molto «reali» in nomo di princìpi elevati. Certo, molti intellettuali esitano a compiere il passo successivo o a dirsi senza remore contrari alla guerra «etica». Ma anche con il loro silenzio, c'è da sperare, vogliono manifestare un malcelato scetticismo per la fanfare del nuovo e baldanzoso «internazionalismo» bellico. Milosevic riappare alla tomba del Milite Ignoto. 11 Patriarca ortodosso Pavle, sinora allineato al potere: «Se noi serbi avessimo fatto pulizia etnica non potremmo essere perdonati»
Persone citate: Antonio Tabucchi', Cassano, Dacia Maraini, Franco Cassano, Franco Cordelli, Giancarlo Perno, Marina Valensise, Milosevic, Patriarca
Luoghi citati: Kosovo
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