Handke in canoa da Milosevic di Tito Sansa

Handke in canoa da Milosevic Vienna, è già polemica sulla nuova pièce dello scrittore austriaco, in scena a giugno Handke in canoa da Milosevic Un «dramma poetico» dalla parte dei serbi Tito Sansa VIENNA P ETER Handke, lo scrittore austriaco che, per la sua decisa presa di posizione a favore della Serbia si è tirato addosso critiche feroci di gran parte degli intellettuali di tutto il mondo, è introvabile. «Non è a Parigi», dove ha casa presso Chaville, dice la portavoce di Suhrkamp, il suo editore tedesco. «Non è a Salisburgo, non è a Vienna, dove al Burgtheater si sta provando il suo ultimo dramma II viaggio in canoa». Dopo essere stato a Belgrado per «sentire l'aroma della Serbia in guerra», Handke è sparito. Ma il pittore Adrian Brauer, che l'ha accompagnato in precedenti viaggi, ha rivelato che viaggiano in macchina, per Slovenia, Croazia e Serbia, verso Podgorica, capitale del Montenegro, da dove raggiungeranno Pristina, nel Kosovo, «affinché nessuno possa rimproverargli di informarsi soltanto da una parte». Top secret è per il momento il contenuto del suo «dramma poetico» che andrà in scena nel maggior teatro di lingua tedesca il 9 giugno. Alle prove non è ammesso nessuno, tuttavia già sono trapelati brandelli significativi, filoserbi, dai quali si deduce che ancora una volta Peter Handke susciterà un vespaio di polemiche. Perché H viaggio in canoa, ovvero il pezzo per il film sulla guerra, con il quale il direttore Claus Peymann darà l'addio al Burgtheater, si svolge nella hall di un certo albergo Acapulco in uno sperduto villaggio all'interno dei Balcani. Lì si trovano, un decennio dopo la fine della guerra, due registi, l'americano John O'Hara e lo spagnolo Luis Machado, alla ricerca di attori locali per un film sul passato conflitto. Protagonisti di vivaci discussioni sono proprio gli attori del film (che non verrà mai fatto): una guida turistica, uno storico, un greco, tre giornalisti, che discutono sugli avvenimenti nei Balcani e attribuiscono le responsabilità, naturalmente dal punto di vista di Handke, che di recente ha definito la Jugoslavia «la patria di tutti coloro che non sono diventati né marziani né macellai». Già dal monologo iniziale della guida turistica Handke fa intendere ciò che dipanerà durante lo spettacolo. «Fino a poco fa - dice la guida ogni singolo popolo qui ha danzato pacificamente alle nozze dogli altri popoli». Arriva un cronista locale e lo contraddice. «La pacifica convi¬ venza - dice - era solo un'invenzione di alcuni guerrafondai locali». L'ignoranza dei giornalisti (la categoria per la quale Peter Hahdke nutre un aperto disprezzo) va in scena col seguente dialogo dei tre corrispondenti di guerra occidentali. «Dove siamo? Non so. Nessuna idea. Già allora non sapevo mai dove mi trovavo. Ho odiato questo Paese fin dall'inizio. E ne ho odiato anche il popolo, come odio tutti i popoli». Del fatto che i serbi di Milosevic abbiano una qualche responsabilità nel conflitto, non si trova traccia. Al contrario, riprendendo l'idea dei marziani, Handke fa dire a uno dei corrispondenti: «I popoli hanno reinventato la guerra sul pianeta Terra. Si sono accordati per la guerra, nel nostro libero mondo occidentale; e non sono stati soltanto un paio di potenti, tutti insieme hanno portato la guerra quaggiù». Arriva un greco, che nel film dovrebbe fare da comparsa, e fa una tirata contro l'Occidente. «Al mondo ci sono solo i vostri prodotti. Tutto il resto è folclore. Una volta, se c'era uno scandalo, ci rivolgevamo a voi per avere giustizia. Oggi siete diventati lo scandalo degli scandali». L'autore è introvabile. Viaggia con un amico verso Pristina, nel Kosovo Vuole evitare che qualcuno possa rimproverargli di informarsi soltanto a Belgrado A sinistra un'immagine di Belgrado prima dei bombardamenti Nato Sopra Peter Handke