In 58 all'assalto dell'Europarlamento di Guido Tiberga

In 58 all'assalto dell'Europarlamento Presentate le liste per il 13 giugno: centrodestra diviso, salta anche l'ultima mediazione nell'Ulivo In 58 all'assalto dell'Europarlamento Dilaga il sistema proporzionale, spariscono i due Poli Guido Tiberga ROMA Morto e sepolto, come sussurrano gli avversari. 0 soltanto congelato, come replica piccato Romano Prodi. Certo è che - mentre nel Polo l'inedita alleanza tra Gianfranco Fini e Mariotto Segni porta qualcuno a mettere in discussione la leadership di Berlusconi - tra i 58 simboli presentati alla corsa per le Europee, quello dell'Ulivo non c'è. «Nonostante la nostra buona volontà fino in fondo è andata così - commenterà Prodi al Tg5 -. L'esperienza non è assolutamente finita, ma non c'era la volontà di andare alle Europee insieme». Poi l'ex premier si lascia andare a un accenno non troppo ottimistico per il futuro: «La necessità ci riporterà all'alleanza, ma speriamo che tornino anche gli ideali, perché senza quelli l'Ulivo non si può ricostruire...». Dopo i dipietristi domenica, ieri anche popolari, diessini e Verdi non hanno inserito le insegne della coalizione nel logo per il 13 giugno. Una conferma a quanto già annunciato, dopo il fallimento scontato degli ultimi tentativi di ricucitura. «Ma Romano Prodi ha già dato un appuntamento ai partiti dell'Ulivo dice Marina Magistrelli, coordinatrice del movimento - Il giorno dopo il voto, tutti insieme attorno a un tavolo per ricostruire, tutti insieme, le ragioni dell'Ulivo...». Ognuno per sé, quindi: con l'eccezione di Lamberto Dini e Francesco Cossiga. D ministro degli Esteri < e l'ex capo dello Stato hanno riunito le truppe sotto una sola bandiera, lasciando al palo Rocco Buttiglionc, costretto a rispolverare la bandiera del Cdu. Nel simbolo dei «nuovi» dimani, come il quello del Cdu, compare un richiamo esplicito al Ppe. Un particolare, quest'ultimo, che curiosamente manca nel logo dei popolari, ieri scossi dalle polemiche degli «avellinesi». Ciriaco De Mita conferma con parole dure la sua rinuncia: «Mi sono rotto di dover discutere sempre,-faglia.corto - sia quando mi candido, sia quando decido di non farlo. Io avevo semplicemente proposto una disponibilità che ritenevo utile a tutto il partito. Mi sono accorto di aver urtato qualche suscettibilità...». Ancora più secco Pino Gargani, che non esclude la possibilità di lasciare il partito: «Qualcuno ha chiesto persino una votazione interna sulla mia candidatura - dice il commissario dell'Authority per le comunicazioni - Lo evito per senso di responsabilità. Il Ppi ormai è un partito chiuso, die ha perso l'orgoglio del suo passato. Che preferisce l'immobilismo pur di garantirsi piccole posizioni di potere...». Per il Centro, quella di ieri è stata la giornata dei no. Particolarmente doloroso per i Democratici quello di Gianni Vattimo: il filosofo torinese, già perplesso dopo la mancata candidatura di Prodi, non ha ben accolto la scelta di Massimo Cacciari come capolista nel «suo» Nord .Ovest. Così, come spiega in una intervista alla Stampa, al lungo corteggiamento dei dipietristi ha risposto schierandosi con i Ds. Sarà il numero due, alle spalle di Bruno Trentin. E' attesa per giovedì, invece, l'ultima parola di Giorgio Napolitano: «Le decisioni saranno rese pubbliche nella riunione della direzione diessina», spiega da Bruxelles l'ex ministro dell'Interno. Giovedì si farà chiarezza anche sulle scelte di Forza Italia, che digerisce malvolentieri l'alleanza elettorale tra Gianfranco Fini e Mario Segni. Berlusconi non fa commenti, ma le parole del suo consigliere politico Gianni Baget Bozzo sono rivelatrici: «Segni non rappresenta praticamente niente - dice -, non prende voti. Dunque non capisco come si possa parlare di un allargamento dell'alleanza Polo. Senza contare che l'ostilità sanguinosa di Segni nei confronti di Berlusconi non gioverà certamente ai rapporti...». Cer¬ tezze che stridono con la prudenza delle dichiarazioni ufficiali dei vertici azzurri, a partire dal capogruppo al Senato Enrico La Loggia, che parla di «serena curiosità per gli sviluppi dell'accordo», e di «soddisfazione per il ravvedimento di Segni...». Anche sul fronte di An, peraltro, la novità-elefante solleva qualche tensione, specie da parte dell'ala dura del partito, con Trcmaglia che avrebbe preferito un accordo elettorale «a destra», anche per evitare ima fuga di voti verso il gmppo di Rauti. Fini risponde con un lungo articolo pubblicato oggi sul Secolo d'IUilia. «L'alleanza con Segni non è la nascita di un nuovo partito - scrive il presidente di An - né va contro il Polo. L'obiettivo è avere un voto in più rispetto alla lista dei Ds, non rispetto agli amici di Forza Italia...». E poco importa che le due cose, probabilmente, finirebbero per coincidere. «Si tratta di una scelta continua Fini - volta soprattutto a fornire un'immediata risposta ai milioni di cittadini che hanno votato Sì al referendum e che non si vogliono arrendere alla prospettiva di un ritorno alla Prima Repubblica». Il capogruppo alla Camera Gustavo Selva, però, si spinge più in là, chiedendo le «primarie nel Polo» per il futuro candidato a premier. Una prospettiva che spaventa Pierferdinando Casini, che si affretta a fare da pompiere. «Non vorrei che la frenesia pre-elettorale annebbiase la vista ad alcuni amici del Polo», dice il leader del Ccd, che ieri ha incassato gli arrivi al Ccd dell'ex sgarbiano Franco Corbelli e dell'europarlamentare azzurro Franco Garosci, indispettito per la presenza nelle liste di Forza Italia di «cantanti, presentatrici e politici pieni di impegni». Ma «in un'elezione con il proporzionale - replica Selva - è normale che ognuno tiri l'acqua al suo mulino. Questa è un'operazione anti-sinislra, certo, ma anche contro il neocentrismo che da qualche parte si tende a fa- Dini e Cossiga riuniscono le forze Fini: «Con Segni non nasce un nuovo partito» De Mita, no al Ppi: «Mi sono rotto di discutere» LE ELEZIONI EUROPEE QUANDO, li 13 giugno. Contemporaneamente in molti Comuni (tra cui Firenze, Bologna e Bari) si voterà anche per il rinnovo delle amministrazioni locali. COME. Con il sistema proporzionale: ogni partito ha la sua lista in ogni circoscrizione. L'Italia è divisa in 5 circoscrizioni: Nord Ovest (25 seggi) -Nord Est (18 seggi) - Centro (20 seggi) - Sud (16 seggi) - Isole (8 seggi). In totale 87 seggi (su un totale di 616), che vengono ripartiti proporzionalmente in base ai voti presi dalle liste. CHI. I simboli, dunque le liste che si presentano, sono 58, Un record. PROSSIMA TAPPA. Tra il 4 e il 5 maggio devono essere presentate le liste con i nomi dei candidati. Potranno candidarsi anche sindaci e parlamentari nazionali poiché, proprio ieri, i ministri degli Esteri dell'Ue hanno approvato il nuovo «statuto del deputato europeo» che non prevede incompatibilità. Lo statuto fissa inoltre per la prima volta uno stipendio unico di 5677 euro (circa 11 milioni di lire) per tutti gli eurodeputati. COME ERA ANDATA NEL 94. Forza Italia 27 seggi Pds 16 seggi Alleanza nazionale 11 seggi Popolari S soggi Lega Nord 6 seggi Rifondazione 5 seggi Verdi 3 seggi Patto Segni 3 seggi Pannello 2 seggi Alleanza Democratica 2 seggi Sudtiroler Volkspartei 1 seggio Psdi 1 seggio Pri 1 seggio Rete 1 seggio*-*"' •■-■•iw* — ★ ■ ★ ★ ' ★ ★ ¥ A sinistra: l presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini Sopra: Silvio Berlusconi leader di Forza Italia A destra: Romano Prodi, leader dei Democratici, il partito dell'asinelio

Luoghi citati: Bari, Bologna, Bruxelles, Firenze, Italia, Roma