« Nuccio» di Sciocca, tutto casa e famiglia di Francesco La Licata

« Nuccio» di Sciocca, tutto casa e famiglia LA MACCHINA DEI VOTK'AìHKSA'E DECBNCrD PILLATE NE Der*N0TA'BILI SJOtlANI « Nuccio» di Sciocca, tutto casa e famiglia Una carriera maturata all'ombra della vecchia de reportage Francesco La Licata inviato a SCIACCA TUTTO si poteva azzardosamente ipotizzare, ma non che - nel primo, corposo scandalo politico tangentaro dell'era della seconda Repubblica - si incontrassero due «filoni» della politica siciliana. Da un lato, la concretezza sfacciata della «Milano del Sud», Catania, con la sua mafia sbrigativa e un tantino volgare e la consolidata, febbrile fame di soldi; dall'altra l'antica arguzia agrigentina, la consolidata pantomima pirandelliana, che ha dato personaggi illustri alla politica. Illustri e indecifrabili, potenti e «leggibili» in un senso e nell'esatto contrario. Indefiniti, neppure dopo la lettura di migliaia di pagine giudiziarie. E vengono alla mente nomi di uomini che hanno conosciuto la gloria, il successo, ma anche 1 infamia di accuse pesanti, sempre respinte con accorata fermezza, come nel caso dell'ex ministro Calogero Mannino (oggi ancora sotto processo), leader democristiano titolare di una mostruosa macchina di voti che riponeva cuore e cervello a Sciacca. Sì, proprio Sciacca. Un posto citato solo nelle canzoni popolari, amato dai siciliani per il mare, ma per un lungo periodo divenuto una sorta di Atene dell'Assemblea Siciliana. E riemergono ricordi di considerevoli potentati, come quello del vecchio senatore Peppino Sinesio, vero punto di riferimento per il partito, anch'egli de, pur vivendo (ed operando) in un altro microcosmo agrigentino: Porto Empedocle, anonimo centro peschiero, poi balzato alla notorietà per via di una strage di mafia e, solo di recente, per essere patria del commissario Montalbano, che la fantasia di Andrea Camilleri fa muovere nella fantastica Vigata. Anche Sciacca, nei romanzi di Camilleri, si trasfigura e diventa «Fiacca». L'Acropoli di Sciacca è il monte San Calogero, con il Grand Hotel delle Terme. Qui il popolo democristiano ha visto nascere e tramontare fortune politiche. I galoppini alla Marina, dentro i capannoni del mercato del pesce a recuperare aragoste, gamberoni e il pesce spada piccolo, detto il «pulcinella»; i capipopolo alle Terme a tessere la tela del ra¬ gno della macchina elettorale e, di conseguenza dei favori e degli affari. Alle Terme si vedeva Totò Cardinale, oggi ministro delle Poste, quando muoveva i primi passi in direzione di quella fortuna che gli sarebbe arrivata, paradossalmente, dopo la caduta del capo. Totò, che non rinnega nulla del suo passato, deve molto a Mannino. Dagli «agrigentini», lui che è nato a Mussomeli e quindi lontano dal mare, ha ereditato la capacità di aggregare consensi, come ha dimostrato all'indoma- ni del disfacimento del tessuto democristiano, accreditandosi come uno dei pochi in grado di «conservare» il patrimonio elettorale, anebe sotto bandiere diverse dalle scudocrociate. Ha ereditato la capacità di «battere il territorio porta dopo porta», seppure con qualche difficoltà ambientale. Anche di natura culinaria: Cardinale - terragno impenitente mangia solo carne, a dispetto del pesce di Sciacca, rinomato da Porto Palo a Palermo, ad Agrigento che è lontana e dai saccensi non è mai stata con¬ siderata capoluogo. A Sciacca Mannino era la politica. Per anni è stato considerato «la speranza della de» e il suo volto andava in primo piano ogni volta che si presentava la necessità di attenuare le polemiche per le «facce impresentabili» che il partito candidava. Tutto questo fino al primo maxiprocesso di Agrigento, quando diventano pubblici alcuni atteggiamenti non pruprio esemplari. Poi il ciclone dei pentiti farà tabula rasa. Oggi è imputato per mafia davanti al Tribunale di Pa- termo, ina non ha perso la «cortezza di veder riconosciuta» la sua innocenza. Oggi Sciacca è in decadenza. La politica espone esemplari non esattamente di prima fila. Stefano «Nuccio» Cusumano, per esempio, è stato arrestato sebbene ricoprissi; la carica di sottosegretario. E questo perche non è parlamentare. Alle ultime elezioni ha fatto cilecca. Il suo posto al sole lo deve al ruolo di potere che può vantare all'interno dell'Udr. Anzi, si dice a Sciacca - all'ombra del Grand Hotel delle Terme dove «Nuccio» è di casa che il sottosegretario doveva esseri; Pino Firrarello, il senatore di Catania per cui è stato chiesto l'arresto. Non fu possibile perchè già il tam-tam di Palazzo di Giustizia aveva messo in circolo che per l'appalto dell'ospedale Garibaldi c'erano guai in arrivo. Si decise, così (sarà stato in uno dei rendez-vous che ogni tanto Mastella si concede al Grand Hotel et des Palrnes di Palermo?), che «Nuccio doveva andarsi a sedere». Ovviamente nell'interesse di tutti. E cosi Cusumano vola a Roma. A Sciacca lascia ai fratelli il negozio di ricambi d'auto e due distributori di benzina ereditati dal padre. L'abitazione di contrada Isabella rimane aperta. Quella è il «rifugio» dopo una settimana di stress a Roma. Lì può rivedere - abitudine interrotta ieri dalla magistratura - i vecchi compagni di scuola, gli amici del liceo «Fazzuoli», 1 compagni del movimento giovanile della de, i compagni di viaggio che lo hanno accompagnato durante gli «spostamenti» di questi ultimi trent'anni: la corte di Sinesio, i superstiti del gruppo della buon'anima dell'andreottiano Totò Sciangula, i nuovi alleati di Clemente Mastella. Tra questi Firrarello, che un imprenditore coinvolto nell'ichiesta definisce il «nuovo Salvo Lima degli appalti». II «tam tam» dal Palazzo di Giustizia sullo scandalo del Garibaldi aveva bruciato Firrarello come viceministro