Denver, una strage covata un anno di Franco Pantarelli

Denver, una strage covata un anno Denver, una strage covata un anno Il loro piano era di uccidere il maggior numero di studenti per vendicarsi di chi li derideva La verità nel diario di uno dei due nazi-killer Franco Pantarelli Nostro servizio NEW YORK La strage dì Littleton era stata programmata dai suoi due autori con pazienza, con precisione e in un arco di tempo di almeno un anno. E' questa la ricostruzione fatta ieri dalla polizia, che dispone addirittura di un diario pieno di annotazioni accuratissime corredate da disegni. Nei giorni scorsi si era detto che gli investigatori avevano trovato una nota in casa di uno dei due, senza specificare se fosse Eric Harris, il supposto «leader», o Dylan Klebold, il «gregario». Ora si scopre che non si trattatava di un breve messaggio ma appunto di un diario con i dettagli di lutto quello che bisognava fare. «E' una cosa del tipo "il giorno tale facciamo questo, il giorno dopo facciamo quest'altro", fino alla scelta del momento migliore per l'attacco», ha spiegato lo sceriffo John Stone, che comunque non ha voluto fare specifiche citazioni del contenuto del diario. Il momento migliore, Eric e 1 jylan lo avevano individuato nelle 11,15 perché dai loro «sopralluoghi» era risultata l'ora in cui il refettorio sarebbe stato più affollato. «Il loro piano era di fare più danno possibile, di distruggere la scuola e di uccidere il maggior numero di ragazzi che potevano», ha detto ancora lo sceriffo, e per quanto riguarda la data del 20 aprile ha confermata che proprio dal diario risulta che è stata scelta perché era l'anniversario della nascita di Hitler. Quanto alle «motivazioni» del loro gesto, anche queste dalla lettura del diario, pieno di frasi in tedesco, sono chiarissime, dice lo sceriffo. I concetti base, sempre nelle parole dello sceriffo, erano: «Noi vogliamo essere diversi, vogliamo essere strani e non vogliamo essere presi in giro. Quelli che lo fanno saranno puniti». Insomma dal resoconto sul contenuto di quel diario c'è in pratica la conferma di ciò che era stato detto nei giorni scorsi, ma con l'aggiunta non seconda¬ ria che la loro «vendetta», il diciottenne Eric e il diciassettenne Dylan non hanno deciso di compierla in un momento di particolare rabbia, magari in seguito alle ulteriori battute di scherno rivolte loro negli ultimi giorni, ma l'hanno coltivata per un intero anno. Quello dei due che ha tenuto il diario, infatti, ha cominciato nell'aprile dell'anno scorso a registrare lo «stato di avanzamento» del piano, le armi che riuscivano a procurarsi, le bombe che costruivano, nonché appunto i movimenti degli studenti nella scuola alle varie ore della gior¬ nata, i momenti in cui questo o quel locale era meno illuminato, i luoghi in cui si potevano nascondere gli ordigni, l'itinerario più opportuno da seguire nel momento dell'attacco per compiere quello che lo sceriffo chiama uh «big kili», il tutto corredato da mappe del grande vastissimo edificio scolastico disegnate con grande precisione. Possibile che tutto questo lungo lavoro sia passato inosservato? E' una domanda che è venuta a tutti quelli che ascoltavano sbigottiti il resoconto dello sceriffo e la sua risposta è stata una dura accusa. «Tutta quella roba che loro accumulavano - ha detto - doveva essere molto visibile. I genitori dei due ragazzi dovevano sapere. Io credo che loro debbano essere considerati corresponsabili di quanto è accaduto». E i genitori ora rispondono attraverso dichiarazioni scritte dei loro avvocati. Ieri, dopo la sepoltura di Dylan Klebold, la sua famiglia ha di nuovo chiesto perdono per i 13 morti ed ha detto di pregare affinché i feriti guariscano al più presto (dei 23 ragazzi ricoverati, 11 sono ancora in ospedale, uno di loro ancora considerato in condizioni critiche). Il credo nazista di Dylan, oltre tutto, si scontra con il fatto che la madre Susan è di famiglia ebrea. Suo padre, il nonno di Dylan, era un ricco costruttore di Columbus, in Ohio. In anni lontani finanziò la costruzione del centro sociale ebraico di quella città, che ancora oggi porta il suo nome, Leo Yassenoff. Ieri è stata sepolta anche una delle vittime, Rachel Scott, 17 anni, bara bianca con tante scritte, fra cui questa: «Tesoro, tu sei tutto ciò che una madre possa mai desiderare in una figlia. Ti voglio tanto bene. Mamma».

Persone citate: Dylan Klebold, Eric Harris, Hitler, John Stone, Leo Yassenoff, Rachel Scott

Luoghi citati: Columbus, New York, Ohio