« Decine gli 007 serbi in Albania»

« Decine gli 007 serbi in Albania» L'ARCHEOLOGO DJ TIRANA CHE COMBATTE LE TRAME SEGRETE « Decine gli 007 serbi in Albania» «Vi spiego la nostra guerra invisibile» intervista Vincenzo Tassandosi TIRANA Professore, quanto è attivo lo spionaggio serbo? «Parecchio. Tentano di infiltrare tre tipi di agenti: quelli di origine albanese, intendo i kosovari, che si mischiano nelle colonne di profughi insieme con tutta la famiglia o soltanto con qualcuno, perché una parte viene tenuta di là ed è usata come leva di ricatto; poi, i serbi di origine albanese o che parlano la nostra lingua alla perfezione, che arrivano dalla Croazia, dalla Slovenia, da altri Paesi dell'Europa sotto copertura e che sovente dicono di essere commercianti; infine ci son quelli reclutati in Albania, generalmente nelle zone di confine: contrabbandieri pizzicati mentre svolgono questa loro attività commerciale e convinti a collaborare». Ma quante spie ci sono? «Beh!, il numero è un segreto. Diciamo che abbiamo identificato e preso qualche decina di infiltrati, individuato una decina di commercianti, emaniamoli così, e altrettanti contrabbandieri. A coloro che non sono finiti in carcere i nostri servizi di sicurezza, che non hanno facoltà di compiere arresti, lasciano il guinzaglio lungo, per vedere quali contatti abbiano, chi incontrano». Il professor Neritan Ceka insegna archeologia all'Università. Ha 58 anni, i capelli candidi che incorniciano un volto da greco classico, raffinato. Lo diresti una via di mezzo fra il miglior Paul Newman e Marcello Lippi. Veste con gusto, sposato, tre figli. E' stato ministro degli Interni e ora è presidente della Commissione parlamentare per la sicurezza nazionale e l'ordine pun¬ blico. C'è chi dice che debba ancora decidere se considerarsi un'archeologo che si balocca con la politica o un politico che gioca con l'archeologia. Ad ogni modo, sostengono qui, fa entrambe le cose con impegno e nel '97, quando l'insurrezione travolse il presidente Sali Berisha, con il suo partito, Alleanza Democratica, fu in prima fila. Professore, fino all'autunno gassato esisteva una rete serri di spie che avete smagliato: qual è ora la situazione? «Tentano di ricrearla, per questo era il momento giusto per attaccare». Ma che cosa fanno, queste spie? «Soprattutto raccolgono informazioni. Pensiamo che, forse, gli attacchi su Belgrado abbiano creato confusione nei servizi serbi, e questo è il motivo per cui non si sono avuti tentativi di sabotaggi, per dire attacchi ai ponti, alle inst a nazioni militari Nato e alle nostre forze armate. E neppure sono stati avvelenati fiumi, come qualcuno ha temuto». Perché l'Uck l'Esercito di liberazione del Kosovo, ha ceduto agli americani il prigioniero serbo? «Credo perché loro vogliono dimostrare di essere, a pieno titolo, partner della Nato e di esser pronti a partecipare all'azione. E poi, quello può diventare merce di scambio con i tre militari americani catturati in Macedonia». Ma l'azione dell'Uck è efficace o si tratta soltanto di propaganda destinata a giornali e televisioni? «In Kosovo l'Uck protegge 700 mila rimasti di là ed ha impedito che venisse completata la "purificazione", insomma, la pulizia etnica, bloccando così una catastrofe ancora più grande. E poi, ha ottenuto successi, non fosse altro perché è riuscito a dimostrare che quella serba è un'armata miserabile, preparata a sparare soltanto su donne e bambini e sulle case, incapace di avanzare un metro, con un morale molto basso». Propaganda a parte, professo¬ re, l'Uck che cosa controlla, in Kosovo? «Tre zone: attorno a Drenica, quella di Llap e presso Mitrovica. Soprattutto, è padrone sulla montagna, dove i carri armati non riescono a entrare». Ma non passa notte senza che dalla frontiera di Tropoje torni indietro il corpo di qualche giovane dell'Uck ucciso... «Vero. Il fatto è che lì hanno creato un corridoio indispensabile per mandare aiuti umanitari, soprattutto alla gente isolata intorno a Drenica. E, naturalmente, spara l'Uck ma sparano anche i sorbi». Ci sono agenti albanesi in Kosovo? «Non ne abbiamo bisogno perché i legami con la popolazione sono solidi e quelli dell'Uck ci informano, praticamente ogni giorno». Come considera la presenza americana, qui in Albania: rassicurante, inquietante, preoccupante? «Rassicurante, perché è garanzia contro ogni tipo di avventurismo serbo». Ma l'Albania, non ha così rinunciato alla propria sovranità? Non si è consegnata in braccio alla Nato, o agli Usa? «Ha dato meno cose di quante, per esempio, ne dia l'Italia, che sui suo territorio ha tre basi americane o Nato. Ma poi, credo che questa sia la strada più sicura per un ingresso albanese nell'Alleanza Atlantica». Oltre a quelli ovvi di Serbia e Albania, chi ha gli interessi maggiori in questo conflitto? «La Grecia. Non ama la presenza americana, non vuole di certo la distruzione della Serbia e punta a uno statu quo dei Balcani. Politico, intendo dire». Atene ha qui molte spie? «Forse. Ma la Grecia è uno Stato amico, non ci dà preoccupazioni». ii professor Neritan Ceka insegna archeologia all'Università di Tirana E' presidente della Commissione parlamentare per la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico

Persone citate: Marcello Lippi, Paul Newman, Sali Berisha