Cuochi sull'orlo di una crisi di nervi

Cuochi sull'orlo di una crisi di nervi LA CROCIATA IGIENICA, CAOS E PANICO TRA I MAESTRI DEI RISTORANTI Cuochi sull'orlo di una crisi di nervi «Così scomparirà il novanta per cento dei formaggi» reazioni Marco Nelrotti UONGIORNO. Telefono dalla Stampa. Vorrei la sua opinione sul decreto HACCP». A quelle cinque lettere - fra un codice militare e la sigla di una droga sintetica - i ristoratori hanno ogni tipo di reazione: silenzio addolorato e imprecazioni, spirito di sacrificio e scatto d'ira, rassegnazione, fatalismo. Una sessantina di telefonate su e giù per l'Italia {ne racconteremo alcune, simboliche dei diversi stati d'animo) svelano una bizzarra situazione: nessuno se la prende con gli intenti del decreto, ma tutti sono disorientati, cuochi sull'orlo di una crisi di nervi. Si aggirano - con la stessa ansia di Josef, protagonista del Processo di Kafka - tra documenti ufficiali, corsi formativi, manuali, improvvisati consulenti, voci e interpretazioni. Questa carta porterà più igiene, probabilmente. Caos e panico li ha già portati. E' un decreto di due anni fa, che diventa attivo anche nelle sanzioni. E' ispirato ai programmi della Nasa, accolti dalla Cee. Però partorisce regole che nella crociata igienica considerano un montanaro con tre capre in una malga alla stre gua di Cirio o Ferrerò. L'HACCP non è nemico per ciò che pretende. «Ben venga una normativa che rimetta in riga certi locali», dicono all'Osteria del Castello di Verbania, «A noi non porterà problemi: pochi coperti e tutta roba fresca. L'unico fastidio sarà il tempo di scrìvere ciò che abbiamo sempre fatto. Ma una cucina di otto metri la controlli meglio senza scartoffie, quello è un discorso per mense, catene alimentari». La burocrazia è il problema per tutti. Hanno paura di non poter usare l'orto personale, le uova delle loro galline, i loro conigli. E le Asl, da Milano a Napoli, danno risposte curiose: «I tortellini può farli, però deve certificare molte cose. Meglio comprarli al supermercato». Temono l'addio a prodotti cercati con il lanternino. All'osterìa deU'Arquebuse, Rinasca, sulle montagne tra Torino e Sestriere, Gustavo Beux teme di veder morire la cucina occitana. Con altri trecento aderenti fa parte della Chambre d'Oc, che prepara un documento: «Vorrei che qualcuno mi dicesse come regolarmi con l'orto, che mi dicesse quante salmonellosi sono venute da uova di contadino e quante da uova industriali, vorrei sapere se devo spendere milioni per un abbattitore di temperatura o se posso continuare a fare il coniglio al sivé con i tem- pi di cottura che sono gli unici a dare un coniglio al sivé. Vorrei sapere, al di là di che cosa e quanto e quando devo scrivere anziché cucinare, se devo comprare apparecchiature più care del mio fatturato, e anche se posso offrire prodotti tipici o trasformarmi in un cameriere dei supermarket». Alla trattoria della Posta di Torino, conosciuta come «dei formaggi», dicono: «Sparirà il 90% dei formaggi. Ho creato il mio lavoro anelando a cercare baita per baita, produttore per produttore. Adesso parte un ordine: formaggi solo con latte pastorizzato, detto a gente che per capire quell'ordine dovrebbe tornare a scuola, vecchi puliti e che amano quelle quattro capre. Hanno scelto la grande industria, sono disposti a seppellire gusti antichi, tradizioni, lavorazioni storiche». Non si deve comprare dal supermercato per forza, ma è vero che il supermercato ha tutte le etichette a posto, mentre il pastore non ha l'aria condizionata nella malga. E su questo vuoto si scatena la bufera di un business straordinario. Nascono esperti e consulenti come boccioli a primavera, corsi di ogni tipo, proposti a chi ha appena firmato un compromesso per un bar: 900 mila, un milione e mezzo. Circolano manuali dove c'è di tutto, un «albero delle decisioni», un grafico che lascia stupefatti. Qui si spiega come lavarsi le mani (mai rubinetti a manopola, bensì a pedale, per non contaminarsi dopo il lavaggio). Con assurdità stupefacenti. Dicono dall'Arquebuse: «Consigliano uno sterilizzatore per coltelli. Ci entra la lama e basta. Lo sporco, si sa, si ferma nell'incavo tra lama e manico. Che però non va nello strumento. Non è meglio una lavastoviglie ad alta temperatura?». Circolano testi scritti da associazioni o privati (con l'annotazione «approvato dal ministero della Sanità»). All'azienda vinicola e agrituristica Rovero di Asti dicono: «Preso con calma il decreto aggiunge soprattutto lavoro burocratico. Le leggi sono quelle di prima. Ma c'è il business. Noi ci siamo preparati un manuale, rapido, dieci pagine. L'abbiamo fotocopiato per amici. Uno ci ha risposto: con quello tiri su centomila lire. Guarda il mio: 150 pagine. Gli ho detto: ma non si capisce niente. E lui: però c'è di tutto, uno si sente più a posto, questo lo vendi a un milione e mezzo». Business. Gli annunci economici sono pieni di consulenti. Si offrono per tenere il libro giornaliero. Se sbagliano qualcosa la responsabilità è dell'esercente. Dicono al «Laghetto» di Portonovo (Ancona): «Da quel che abbiamo capito la legge vuole che continuiamo a lavorare come abbiamo fatto fin qui. Ma non sappiamo se andrà bene a chi farà i controlli, perché nessuno ti dà riferimenti concreti. Alla «Baita» di Bocale Secondo (Reggio Calabria), c'è fatalismo sfottente: «Vogliamo tutto pulito e igienico? Per noi non cambia niente. Dobbiamo metterlo per scritto? Mettiamolo per scritto. Però se mi vuoi far comprare per legge l'aggeggio che spruzza aria a 140 gradi sui piani ini spieghi davvero che la pulizia mia non va bene». Altrimenti ci si ribella, come al «Ciliegio» di Montcrosso, in Liguria: «Qualcuno si faccia vedere negli occhi e ci dica, non per interpretazione, ma per legge, che la maionese fatta da noi non va bene. Continueremo a farla. Vogliono che compriamo quella del supermercato? Noi facciamo la nostra. Finito di pagare le multe, chiudiamo». Con questi manuali e queste libertà chiunque può essere pizzicato dall'Asl. Ci saranno soprattutto funzionari equilibrati, onesti, dotati di buonsenso. In mezzo ci scapperà un Savonarola dell'Igiene, oppure uno che deve arrotondare lo stipendio. I gestori temono il sorriso di quello che dirà: «I tamponi valli a prendere dalla tale ditta», «compra un abbattitore di temperatura da questa azienda», oppure «a mia moglie piace il tartufo». Non per cattiveria o interesse privato, per carità, soltanto per debolezza umana o perché tutto è soggettivo. Diventano pericolosi persino i sogni. Se uno di questi kafkiani Josef del cibo crederà di svegliarsi una mattina come il Gregor Samsa della Metamorfosi, non confiderà l'incubo a nessuno. Perché, chissà, basteranno le sue parole, come il suo diario giornaliero, a farlo multare per la «temporanea presenza di gigantesco scarafaggio in cucina».

Persone citate: Bocale Secondo, Cirio, Gregor Samsa, Kafka, Panico, Rovero