Prodi: ecco la «nuova via» Ma già divide la sinistra

Prodi: ecco la «nuova via» Ma già divide la sinistra ULIVO IL PROFESSORE INSISTE Prodi: ecco la «nuova via» Ma già divide la sinistra discussione Aldo Cantillo R0MA~ LM ULIVO non è morto. ™ Anzi, è appena nato, e va coltivato e irrobustito. Parola di Romano Prodi. Nel giorno in cui i leader della coalizione vittoriosa il 21 aprile si dividono su simboli e programmi, e i Ds chiamano la sinistra in piazza «per la prima volta dopo dieci anni», esce la prefazione di Prodi a La terza via. Manifesto per la rifondazione della socialdemocrazia, il saggio di Anthony Giddens, direttore della London School of Economics e consigliere di Tony Blair, pubblicato in Italia dal Saggiatore. Pur senza mai nominare l'Ulivo, l'ex presidente del Consiglio ne ribadisce l'inevitabilità storica: «L'esperienza riformista italiana di questi anni - scrive Prodi - si è dedicata a ricercare le diverse radici del suo riformismo (socialdemocratico, cattolico-democratico ed ecologista) per adattarle alle nuove esigenze della società (...). Questo lavoro non è che all'inizio. Perché dia frutti bisogna portarlo avanti con molta costanza e, soprattutto, con una grande apertura mentale e con un altrettanto grande desiderio di sperimentare il nuovo. Per questo motivo, più che di una terza via", abbiamo bisogno di una "nuova via"». Un'idea che il segretario generale della Cgil Sergio Cofferati analizza criticamente così: «Innanzitutto i riformismi in Italia sono due, non tre: quello ambientalista è recente e presenta connotazioni originate da diversi alvei della sinistra. C'è un riformismo cattolico e uno laico, quest'ultimo suddiviso in diverse anime, la marxista e quella più strettamente laica. Unificarle non è semplice, ma diventa possibile se si mantengono le identità; soprattutto quando si ha alle spalle un secolo in cui le iden- tità, nel bene e nel male, sono state decisive. Uno schema anglosassone, come quello da cui è scaturita la concezione di "terza via", è inapplicabile in un sistema, come l'italiano, dalla peculiare storia politica e direi anche sociale. Per questo l'Ulivo ha funzionato come alleanza; ma, ogni volta che si è tentato di passare a una concezione più rigorosa sul piano organizzativo o partitico, sono emerse le contraddizioni e le dispute influenzate dai sospetti reciproci, cui assistiamo in questi giorni». «Per me l'Ulivo è vivo e vegeto, e io ne sono ben felice commenta il regista Gillo Ponte corvo -. Anche il modo con cui il centro-sinistra ha affrontato la guerra era l'unico possibile. Abbiamo bisogno dell'Ulivo pure per combattere i mostri che, sia pure con diversi gradi di virulenza, si agitano ovunque, non soltanto in Jugoslavia». «Io ho sempre concepito l'Ulivo - interviene lo storico Lucio Villari, vicino all'Asinelio - non solo come un progetto legato al presente, ma come la prospettiva storica della democrazia e del riformismo italiano. Credo che l'Ulivo sia ancora omogeneo all'idea iniziale e all'impulso che gli è venuto dal governo Prodi. Mi rendo conto che questa prò- spettiva si scontra con l'immediato. Le divisioni interne sul referendum l'hanno indebolito. Ma non vedo soluzioni al di fuori di un progetto che metta al centro le riforme, e in particolare una nuova concezione del Welfare State». Proprio il ripensamento dello Stato sociale è al centro della prefazione di Prodi. Che condivide «l'etica della responsabilità» proposta da Giddens e la «rottura con ogni forma di statalismo paternalista»; ma chiede che lo Stato, oltre a «investire», sia pronto anche a «soccorrere». «Non sono più sufficienti», ammonisce il neopresidente della Com¬ missione europea, «le dottrine socialdemocratiche ricevute dal secolo scorso, né le innovazioni introdotte da Beveridge e Keynes. Né può risultare rassicurante la grande svolta liberista degli Anni Ottanta», di cui Prodi riconosce «gli indubbi successi nello sciogliere i governi dalle rigidità e dalle burocrazie del vecchio dirigismo», ma denuncia il fallimento nel «tranquillizzare i nostri popoli nei confronti della sfida che la globalizzazione sta portando alle nostre economie». Contro le vecchie ricette socialdemocratiche e liberiste, Prodi teorizza «un riformismo molto più sfaccettato e molto più articolato», aperto «alle nuove esigenze della società» in tema di ambiente, condizione femminile, famiglia. «Siamo consapevoli che, all'interno del mix citato da Prodi, anche a sinistra peseranno sempre di più le istanze liboraldemocratiche e ecologiste rispetto a quelle tradizionali riconosce Marco Minniti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio -. Anche lo sforzo che sta facendo la sinistra in questi giorni - usare la forza per imporre il rispetto dei diritti lacerati - rappresenta un'innovazione e un allargamento della nostra identità. In Inghilterra le diverse anime del riformismo stanno tutte dentro lo stesso partito; in Italia sono divise in tronconi, che vanno assolutamente rimessi assieme. L'alleanza resta un punto strategico e, dopo la competizione per le Europee, andrà non solo ricostituita ma rafforzata. Non avrebbe senso tornare indietro». «Per prima cosa dobbiamo stabilire che cosa intendiamo per Ulivo - puntualizza Livia Turco, ministra per gli Affari Sociali -. Se è la contaminazione tra culture, è ciò di cui abbiamo bisogno. Se è la prospettiva di un partito unico, è una strada senza sbocchi». «La metafora della "terza via" è stata usata in diversi momenti storici per dire cose molto diverse - ammonisce Fabio Mussi, capogruppo Ds alla Camera -. A una "terza via" tra capitalismo e collettivismo sovietico faceva riferimento anche Berlinguer. Parlerei piuttosto di unione dei riformismi. Che, in effetti, dopo la caduta di Prodi e la nascita dell'Asinelio conosce una battuta d'arresto, complicata dalla questione del referendum e dalla difficoltà a trovare una convergenza di programmi e di simboli per le Europee. Non credo però che il progetto si sia interrotto. Anche perché non ha alternative». L'ex premier rilancia l'Ulivo nella prefazione al libro «La terza via» di Giddens Cofferati: «Ma in Italia i riformismi sono due» Minniti: «Cercare l'alleanza» L«da Romano Prodi e, in alto. Marco Minniti Qui a fianco il regista Gillo Pontecotvo Il segretario della Cgil Sergio Cofferati e il ministro Livia Turco Livia Turco «Se si tratta di un partito allora no»

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Jugoslavia