Ma il popolo ds sulla guerra resiste

Ma il popolo ds sulla guerra resiste La manifestazione organizzata per le «differenze etniche» chiede la pace in Kosovo Ma il popolo ds sulla guerra resiste EperD'Alema applausi, ma anche qualche fischio ROMA Un cartello contro la «pulizia etnica», innalzato non a caso dai curdi di Roma, in un turbine di bandiere con ritratto di Ocalan. Cento metri dietro, uno striscione firmato «Sinistra giovanile» mette assieme colombe, bandiere jugoslave, pugni chiusi e la barba rada di Che Guevara. «Con il governo, contro gli assassini», scandisce con accento toscano un militante ormai afono. Ma quando il volto di Massimo D'Alema appare sul maxi-schermo di piazza del Popolo, per ringraziare in un messaggio registrato «le donne e le uomini del mio partito, che ho sentito vicini nel momento di decisioni non facili ma inevitabili», oltre agli applausi si levano anche fischi. Cosi la manifestazione dei Ds contro il razzismo si converte, almeno in parte, in corteo contro la guerra, e in rappresentazione del tormento di una sinistra che a volte pare sfilare contro se stessa. Lo stesso Walter Veltroni annuncia ai 200 mila di non essere contrario a un intervento di terra, «purché sotto l'egida dell'Onu». «Noi amiamo la pace - dice il segretario Ds - . La pace per essere vera dev'essere giusta. Quella che c'era in Kosovo prima dell'intervento Nato non era pace». Però sventolano la bandiera rossa con la Quercia i militanti che urlano «questa Nato non ci piace/in Jugoslavia vogliamo la pace», marciano dietro lo striscione dell'Arci i ragazzi che chiedono «quanti bambini hanno ammazzato/le bombe umanitarie della Nato», e non sono cossuttiani quelli con la foto della tv di Belgrado distrutta e la scritta «No alla guerra nei Balcani/no alla guerra degli americani». Tanti manifestanti, soprattutto donne, innalzano mes- saggi pacifisti scritti al computer, e rivelano che il partito radicale di massa che ieri Veltroni intendeva tenere a battesimo non ha ancora recepito la cultura dei «diritti imposti anche con la forza» dei radicali francesi Lévy e Glucksmann, sintetizzata sul palco da Jack Lang e Tahar Ben Jelloun. Eppure sono proprio le donne, come le romane della sezione Monteverde con gli striscioni «La pace è femmina» e «Ne partoriamo di tutti i colori», a dare il collegamento tra i sussulti antiguerra e il tema originario della giornata. «Vogliamo un mondo di tutti i colori/razzisti e oppressori ne resteranno fuori», grida la testa del corteo. «O' razzismo ha scassato o' cazzo», traducono in fondo i ragazzi della Sinistra giovanile di Napoli, mentre sulla «prima grande manifestazione della sinistra degli ultimi 10 anni» (parola di Veltroni) si abbatte non a caso un nubifragio terrificante, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Marco Minniti scherza con Sergio Cofferati: «Piove, governo ladro». Hostess in cuffia rossa, jeans e felpa bianca diffondono L'Unità con più grazia ma meno convinzione dei militanti di una Casa del popolo del Senese, ostili «a tutte le guerre». Il furgone con gli amplificatori alterna musica techno con \'Internazionale (in versione latinoamericana), la banda dei Ds della Basilicata tenta di decifrare sugli spartiti zuppi le note di Bel la ciao. Gli immigrati italiani in Germania e Belgio, facce da scampati, vecchie e simboliche valigie in mano, si notano a stento tra i neri in maglietta rossa della Cgil di Napoli, che scandiscono sui loro tamburi «Salam aleikum, aleikum as-salam». Seguono sikh in turbante che sotto l'acqua torna utilissimo, singalesi che prestano ai vicini gli ombrelli che di solito vendono nelle vie di Roma, marocchine velate che perderanno sulla porta di casa i diritti rivendicati in piazza, armeni, una zingara vestita come l'Esmeralda di Hugo (o di Disney?) e gli ebrei del gruppo Martin Burcr. E poi tre generazioni di militanti, nonni col fazzoletto da partigiano, figli in eskimo, nipoti con kefiah, fianco a fianco come a un concerto di Lucio Dalla. Infatti Dalla li attende sul palco, insieme con Francesco De Gregori e gli inevitabili Inti Illimani. Prima, annunciata da Massimo Ghini, Isabel Allende cita il discorso del '72 all'Orni dello zio Salvador, Jack Lang Terra Mia di Pino Daniele, Leah Rabin, seduta al fianco di Shimon Peres, la lettera scritta dal marito Yitzliak nel '93 alle famiglie dei caduti delle guerre di Israele. La Rabin attacca ringraziando «the italian socialist party» (ma l'interprete traduce «partito democratico della sinistra») e chiude ricordando che «gli ebrei, dopo duemila anni di esilio, comprendono i kosovari meglio di ogni altro popolo». Applausi, stavolta unanimi. Ha smesso di piovere. Il clarinetto della banda della Basilicata tenta di attaccare Bandiera Rossa, ma lo spartito è illeggibile, [al. ca.l «Quanti bambini hanno ammazzato le bombe umanitarie della Nato?» Veltroni: «Non sono contrario a truppe di terra, purché sotto l'egida dell'Orni» Il palco della manifestazione di Roma Da sinistra: Isabel Allende Jack Lang Leah Rabin Tahar Ben Jelloun Shimon Peres Nemer Hammad e Walter Veltroni