Remondino: dico quello che penso

Remondino: dico quello che penso Nella bufera il corrispondente Rai da Belgrado dopo i commenti sul bombardamento della tv serba Remondino: dico quello che penso BELGRADO O, io non mi sento tra gli aggressori, sono i serbi ad aver aggredito e massacrato il Kosovo, questo è un punto fermo. Io ho detto che i serbi ci considerano come aggressori, il che è una cosa diversa». Ennio Remondino, corrispondente della Rai da Belgrado, precisa così quanto detto in un'intervista a «La Repubblica», in cui aveva criticato il bombardamento del palazzo della tv serba da parte della Nato, sostenendo che si è trattato di «un'orribile sciocchezza». Remondino, l'Italia è impegnata in prima linea nelle operazioni Nato contro la Jugoslavia, e lei è il corrispondente della tv pubblica: non sente imbarazzo nell'esprimere una posizione così radicalmente contraria a quella del governo del Paese? «Intanto non tutto il governo mi pare compatto su questa questione, e mi riferisco alla posizione espressa dal ministro degli Esteri Lamberto Dini. In ogni caso no, non mi sento in imbarazzo, innanzitutto perché lavoro per la televisione pubblica, e non per la tv di Stato, come purtroppo erano invece obbligati a fare i giornalisti serbi finiti sotto le bombe. Voglio dire che il mio principale obbligo è quello di dire la verità su ciò che vedo, non quello di difendere la politica del governo. Se poi la verità risulta scomoda, non posso farci niente. Se così non fosse, non ci sarebbe differenza tra noi, tra la Rai, e la televisione di Milosevic. Io non mi sento il corri- spondente del governo D'Alema come non lo sono stato in passato dei governi Prodi, Berlusconi e, ancor prima, di quelli democristiani». C'è chi la considera troppo filoserbo... «Io ho denunciato il regime di Slobodan Milosevic quando Te sue forze di sicurezza chiudevano i giornali dell'opposizione, e non era facile far passare i pezzi, perché non interessavano. Ho denunciato le repressioni serbe e, infine, l'uccisione del giornalista ed editore Slavko Curuvrja. Ho denunciato poi la soppressione di giornalisti serbi da parte dell'Uck, come quando ad ottobre due giornalisti, sbagliando strada vicino a Pristina, finirono in bocca ai guerriglieri albanesi, senza che se ne sapesse più nulla. Nessuno può attribuirmi etichette: l'unico criterio valido per giudicare quel che faccio è valutare se lavoro bene, se dò notizie vere, riscontrabili oppure se è vero il contrario. Nel qual caso tenderò le mani per farmi bacchettare». La Fusi ha preso posizione con- tro il bombardamento, secondo lei è una posizione che va condivisa? «Certo, perché o noi giornalisti difendiamo la libertà d'informazione, oppure è meglio cambiare mestiere. Questo è un principio fondamentale. Il premier britannico Tony Blair ha aspramente criticato il corrispondente da Belgrado della Bbc perché raccontava che qui non c'è la fame, che il popolo appare unito nel condannare la Nato, che non c'è dissenso. Ma la Bbc, che pure è una televisione pubblica, gli ha risposto per le rime, dicendo che i giornalisti sono i censori dei politici, e non il contrario. Vorrei che noi giornalisti italiani avessimo questa dignità». Dal punto di vista della Nato, essendoci la guerra, non era però tiustificabile cancellare la voce i Milosevic? «Sì, ma bastava tirare giù i ripetitori, non serviva a nulla colpire quel palazzo nel centro di Belgrado. E' stato un atto politico, non militare». [f. sq.l «Mio compito è riferire la verità, e non difendere il governo» ! corrispondente della Rai da Belgrado Ennio Remondino

Luoghi citati: Belgrado, Italia, Jugoslavia, Kosovo