La nuova Rai apre ai privati di Pierangelo Sapegno

La nuova Rai apre ai privati Alla convention di Saint Vincent con 53 top manager si è discussa la futura organizzazione della Tv di Stato La nuova Rai apre ai privati Celli: «Ormai è un processo irreversibile» Pierangelo Sapegno inviato a SAINT VINCENT Se il mondo cambia, prima o poi tocca pure alla Hai. Si comincia sotto le montagne, Grand Hotel Billia, giornate di nuvole basse e tutto il top management Rai in convention. Una volta avremmo scritto solo «dirigenti della Rai». Ma questa volta la vera rivoluzione sta in altre due parole, che compaiono per la prima volta nella storia dell'azienda di viale Mazzini. La prima parola è «irreversibile». Nel senso che da questo processo, da questa rivoluzione, non si può più tornare indietro. Choc: riuscite a immaginarlo un cambiamento irreversibile da mamma Rai? La seconda parola è «privati». E quelli cresciuti a Vespa e Rin Tin Tin magari faranno fatica a raccapezzarsi. Pero, è vero, e la parola «privati» compare per la prima volta con un punto di domanda in una relazione sulla holding che governerà la Rai, e poi anche nel capitolo alleanze, che è affiancato ai «pilastri della nuova organizzazione» in vigore da gennaio. Ci siamo, allora, e qualcuno dei top manager, nella saletta segreta, chiusa al pubblico e ai curiosi, comincia così, chissà se per nostalgia o per piacere: «Signori, la festa è finita». La festa è finita solo per gli invitati. Però, cambiano sempre tante cose quando Finisce una festa. E per questo, per annunciare la rivoluzione a quelli che la faranno (o la subiranno?), Pierluigi Celli, direttore generale, ha organizzato la convention di Suint Vincent: «La Rai deve spogliarsi della propria diversità e diventare impresa normale che ha come orizzonte e regole quelle del mercato e che, con piena trasparenza, svolge anche una missione di servizio pubblico in cambio di risorse pubbliche. Solo diventando azienda normale potrà competere». Così, come fanno tutte le aziende normali (o no?), i 53 «dirigenti di prima fascia della Rai», come li chiamano a viale Mazzini, si sono dati appuntamento a Saint Vincent, sono arrivati all'aeroporto di Torino, sono sali- ti tutti insieme (o quasi tutti) su un pullman come studenti liceali e sono arrivati in valle. Ieri mattina alle nove spaccate, si sono presentati «puntualissimi» nel Salone Monte Rosa dell'Hotel Billia. Che c'è di strano? «Anche questo è un segno dei tempi che cambiano», rispondeva ammirato la Gola Profonda dei top manager. Il fatto è che 53 dirigenti si sono riuniti attorno a un tavolo tutti insieme non per parlare di posti, di divisioni, di lottizzazioni o di raccomandazioni. «Parlavano di strategie», dice Gola Profonda. «Ed è questo che faceva effetto. Io sono da 12 anni alla Rai e non m'era mai successo. Lo so che sembra strano, per chi non ha vissuto qui, ma questa è una rivoluzio- ne per davvero. Anche la precisione è rivoluzionaria. Anche la puntualità». Nel pomeriggio, poi, Roberto Zaccaria ha illustrato la nuova organizzazione dell'azienda, definendola «una visione laica del servizio pubblico che può consentire il doppio finanziamento della Rai». Cioè, canone e pubblicità, nonostante da Bruxelles la Commissione europea le abbia messe in discussione. Ma si può fare. In fondo, è pur sempre e soltanto la rivoluzione della Rai. E Pierluigi Celli, prima della Convention, aveva spiegato bene questo doppio binario: «In questa prospettiva di una impresa normale che svolge anche - senza turbare le regole del mercato compiti di servizio pubblico, la privatizzazione parziale indicata dal referendum di qualche anno fa assume una sua concretezza: e quale migliore sbocco di questo processo di una collocazione in Borsa di una quota minoritaria ma rilevante del capitale?» Adesso, nella convention, il direttore generale si serve di altri tasti per parlare al suo top management: «Questa azienda ha il diritto di vedersi restituire l'onore, ha capacità non comuni di competere sul mercato, e ha il diritto di poter dire la sua e determinare le scelte». Non ci sono solo belle parole, grandi richiami ai valori aziendalisti. E non è un caso che il guru della convention sia Riccardo Ruggeri, ex amministratore delegato della New Holland e adesso titolare di un'azienda propria, uno che ha sempre vinto sul lavoro, e che può insegnare come si fa a prender posto nel mercato e nella sua giungla. Detta le regole e elenca i consigli. Il bello verrà quando dalle parole si passerà ai fatti. Vietato ridere. Ancora Celli: «Per tutti i competitori, la sopravvivenza dipende dalla velocità di reazione al mercato, dal controllo delle dinamiche dei costi, dalla capa¬ cità di innovazione. Per le televisioni, l'assunzione o il mantenimento di un ruolo di primo piano dipende anche dall'acquisizione di dimensioni finanziarie e industriali assai superiori a quelle attuali e dalla costruzione di un network di alleanze che consenta di internazionalizzare le strategie». Perché se è vero, come ripetono con orgoglio i top manager quando mettono il naso fuori dal bunker del Salone Monte Rosa, che oggi la Rai ha il miglior ascolto e il miglior prodotto, è anche vero, come confessa Gola Profonda, che «questi due atout non sono sufficienti ad aiutarci nel futuro. Mediaset ha strategicamente l'occhio più avanti. L'accordo fatto con Kirch, la Traviata, è azzeccato, guarda nella direzione giusta». E allora, così viaggerà la Rai. Senza dimenticarsi delle polemiche che sono un po' il pane delle aziende. E anche della Rai. Ieri, Giulio Borrelli e Colli si sono incontrati e hanno chiuso il caso della trasmissione sul doporeferendum. Non parliamone più per carità. Invece, si beccano un po' Agostino Sacca, direttore di Raiuno, e Carlo Freccerò, direttore di Raidue. Sacca accusa Freccerò di fargli concorrenza sul target e di puntare anche lui sul settore familiare, mentre Mediaset privilegia giovani e Nord. «Dobbiamo ricordarci che il nostro vero avversario è Mediaset», chiosa Sacca. Freccerò ribatte che non ha mai copiato niente, neanche alle scuole elementari, e che invece è vero, che è tutto vero quello che ha sentito in questa sala: «Però, bi sogna fare attenzione. Aumen tare la redditività non deve uc cidere il sogno». Da questa fra se, tanto per divertirsi, si potrebbe quasi dedurne che Freccerò è rimasto l'ultimo, strenuo difensore di un'anomalia che se continua così finirà per restare nei ricordi dei vecchi. La chia mavano l'anomalia Rai. Il direttore generale: «Dobbiamo spogliarci della nostra anomalia e diventare un'impresa normale che ha come orizzonte il mercato» Per la prima volta nella storia di Viale Mazzini cade un tabù: tra alleanze e punti di domanda In sala si accende una polemica tra Sacca e Freccerò sui target e sui contenuti dei programmi Ecco lo schema della nuova Rai aporta ai privati, presentato ieri alla riunione del top management di Saint Vincent. Prevede una separazione tra la Fondazione, nel cui Consiglio d'Amministrazione deve essere rappresentato il pluralismo (leggi i partiti), e la gestione affidata a un capo allinda che risponde solo alle regole del Codice Civile. Nello scberna, l'ingresiO cjjjÉQrivarJ aj^are epn il punto di domanda per quanto riguarda la Holding da cui dipendcwjevarje dMsloSlche ccffriprendono reti e Tg.

Luoghi citati: Bruxelles, Saint Vincent, Torino