I mistici medievali, maestri d'azione di Enzo Bianchi

I mistici medievali, maestri d'azione Alle soglie del terzo millennio, l'inatteso ritorno di Meister Eckhart I mistici medievali, maestri d'azione Un antidoto contro le tentazioni delNewAge Enzo Bianchi I N questi ultimi decenni di un secolo che, a dispetto di un'ipocrita retorica, si sta chiudendo in modo ancor più violento e insanguinato di come si è aperto, può forse sorprendere la riscoperta della mistica cristiana medievale e, al suo interno, quella di uno dei suoi massimi esponenti, il domenicano renano Meister Eckhart. Riscoperta che significativamente si accompagna a un'attenzione crescente verso il dialogo tra le grandi religioni e insieme rappresenta un felice antidolo alla goffa rincorsa verso orizzonti spirituali «nuovi», capaci di suscitare un'attrazione tanto più forte quanto più vago e indeterminato ò il contenuto. I mistici cristiani allora come comoda fuga dal disgusto per gli orrori della vita quotidiana? Nulla di più fuorviarne. Ascoltiamo un «uomo d'azione» che di questi mistici - e di Eckhart in particolare - era assiduo frequentatore, Dag Hammarskjòld, segretario generale del l'Orni dal 1953 alla sua tragica morte nel 1961: «La spiegazione di come l'uomo debba vivere una vita di servizio attiva verso la società in completa armonia con se stesso come un membro attivo della comunità dello spirito, l'ho trovata negli scritti di quei grandi mistici medievali per i quali la sottomissione è stata la via della realizzazione di sé e che hanno trovato nell'onestà della mente e nell'interiorità la forza di dire si a ogni richiesta che i bisogni del loro prossimo mettevano loro davanti, e di diro si a qualsiasi destino la vita avesse in serbo per loro una volto risposto alla chiamata del dovere cosi come l'avevano intesa». E «sottomissione» per Eckhart non ha minimamente il significato di supina accettazione di un fato o di passiva esecuzione di un ordine superiore, quanto quello di vittoria sul più grosso ostacolo a un'autentica vita interiore prima ancora che a una fedele sequela di Gesù: «l'ostinata volontà personale». «Quando pensi - spiegava Meister Eckhart ai suoi novizi che gli ponevano numerose questioni durante le loro discussioni serali nel convento di Erfurt - che si debbano fuggire certe cose e ricercarne altre, certi luoghi o certe persone, certi modi d'essere o certe opere, ciò non avviene perché tali cose o tali modi ti ostacolino, ma perché tu stesso ti sei di ostacolo nelle cose, non avendo un corretto rapporto con esse». La «sottomissione», il «distacco» dalla propria volontà è allora il gesto libero e liberante che l'uomo nobile - che altri non è per Eckhart se non l'uomo umile, l'uomo interiore, cioè in qualche modo il «povero in spirito» - compie per sperimentare l'io vero: «L'uomo - scrive Eckhart - deve abbandonare tutte le immagini e se stesso e diventare estraneo a tutto e da tutto dissimile, se vuole e deve veramente accogliere il Figlio e divenire figlio, nel cuore e nel seno del Padre». Distacco radicale che giunge fino al limite estremo: «L'abbandono più elevato e più totale che l'uomo possa compiere è l'abbandono di Dio per Dio». Dio viene ritrovato nel vuoto - di immagini, di idoli, di idee stesse nutrite su Dio - che l'uomo ha creato in sé per accoglierlo. In questa ricerca della pienezza attraverso uno svuotamento si possono trovare le sintonie più feconde e non sincretiste con il buddhismo, che rimane il tentativo più radicale e serio di lotta anti-idolatrica compiuto al di fuori del monoteismo rivelato. E' tra l'altro su questa affinità che il più noto divulgatore di Meister Eckhart in italiano, Marco Vannini - dopo aver recentemente edito presso Adelphi i Trattati sotto il titolo di uno di essi (Dell'uomo nobile) - ha potuto far leva per intitolare 72 nulla divino (Oscar Mondadori) altri brevi scritti di mano o di scuola eckhartiana. Rifiuto degli idoli, di ogni idolo, non come lotta iconoclasta contro statuette inerti, ma come combattimento interiore ed este¬ riore contro tutte quelle che san Paolo chiamava «le potenze dell'aria», le realtà inafferrabili frutto della nostra mente, dei nostri desideri, della nostra volontà propria: immagini e realtà da noi create a partire da un'ideologia che noi stessi abbiamo plasmato, e alle quali possiamo dare i nomi più diversi: denaro, potere, successo, fama, perfino «Dio». Come dicevamo, l'insegnamento dei mistici come Eckhart è quanto ci sia di più lontano sia da una rassicurante fuga dal mondo sia da una comoda religiosità «fai-date»: davvero con Hammarskjòld possiamo concludere che «le loro scoperte sulle leggi della vita interiore e dell'azione non hanno perso di significato» nemmeno alle soglie del terzo millennio. BISOGNEREBBE intendersi. O si è favorevoli alla guerra, convinti che Milosevic non abbia il diritto di torturare ancora i Balcani, o si è contrari, persuasi che Europa e Usa non abbiamo il diritto di fermarlo. Entrambe le posizioni sono eticamente lecite, e politicamente sostenibili. Ma quel che non è lecito è partecipare a un conflitto, una guerra, e poi lavarsi le mani, come Pilato, delle sue conseguenze, La ty serba colpita, con le sue vittime, è tragedia, come il giornar lista dissidente, ucciso dalle squadracce serbe, nel silenzio totale. Non ci sono vittime di serie Aedi serie B. Ci insegna non la fuga dal mondo, ma il rifiuto di tutti gli idoli creati dagli uomini: comprese le false immagini di Dio La sottomissione e il distacco dalla propria volontà come gesto libero e liberante per riconquistare l'io vero mm. 1 . Una pittura murale del XII secolo. In alto a sinistra Enzo Bianchi, priore di Bose Dag Hammarskjòld, segretario generale dell'Onu dal 1953 al 1961: fu un assiduo lettore dei mistici, «maestri di vita attiva»

Luoghi citati: Europa, San Paolo, Usa