Sigilli alla Milano di notte di Paolo Colonnello

Sigilli alla Milano di notte Sotto accusa i buttafuori dei ritrovi più alla moda: otto clienti sono finiti in ospedale dopo una rissa Sigilli alla Milano di notte In due mesi chiusi diciotto locali Paolo Colonnello MILANO «La notte di Milano è un paesino, ed si conosce tutti». Stefano alle due del mattino se ne sta sulla porta dell'Atlantique a distribuire tesserine d'ingresso. Trent'anni, faccia pulita, aspetto qualunque, ha trasformato la sua passione in un lavoro che pare essere molto ambito nella Milano notturna di fine millennio: il pierre di locali, veri principi delle tenebre metropolitane. Non più di 50 persone in grado, con un passaparola mirato, di fare o disfare le fortune di un bar o di una discoteca alla moda, come l'Atlantique. «Droga? Ma sì, pizzano in tanti, è un modo per divertirsi. Dove? Non so. Buttafuori violenti? Qui non ne ho mai visti. Balordi? Sono come le mosche bianche». Sarà anche un «paesino», la notte di Milano, ma decisamente omertoso. Dietro le luci stroboscopiche, i cocktail fantasiosi, i decibel assordanti, si nascondono zone d'ombra riparate dai velluti pesanti di prive inaccessibili, organizzazioni di buttafuori che si comportano come bande di picchiatori, schiere di pierre che rasentano il taglieggiamento. Un mondo evanescente, con tanti lavoratori in nero, tanti numeri di cellulare, tante diffidenze da superare. «Alla fine - dice il titolare di un noto locale che preferisce restare anonimo - succede che comandano loro. Se non fai quel che dicono, se non paghi la percentuale che chiedono, cambiano locale e tu puoi anche chiudere». E' la verità? «Ma il locale è come un'azienda, è fatta di tanti elementi: c'è chi vende la merce, chi si occupa dei rifornimenti», si difende Stefano. Tra scambi di accuse reciproche, proteste di cittadini e voci perenni su traffici poco chiari, alla fine la polizia ha deciso di dare un giro di vite intervenendo nel modo più semplice ed efficace. In capo a due mesi è stata ordinata la chiusura temporanea di 18 locali pubblici: tre erano alberghetti di prostitute, il resto bar e discoteche. Tra questi anche ritrovi molto noti in città: il «Blue Klein» sui Navigli, il «De Sade» e l'«A!catraz» dietro la Stazione Centrale (tutti e tre già riaperti). Ci sono poi discoteche che sono state chiuse, come il «Codice a Barre», perché non avevano nemmeno la licenza regolare. Per farlo il questore Giovanni Finazzo ha rispolverato un vecchio articolo del testo unico di pubblica sicurezza sull'ordine pubblico. In alcuni di questi locali la rissa era all'ordine del giorno. Spiega il questore Finazzo: «Non potevo fare altro che chiuderli: sono arrivate le denunce di ben nove persone raccolte dai posti di polizia dei pronto soccorso degli ospedali. In tutti questi casi erano coinvolti i buttafuori. Non possiamo tollerare che i locali si trasformino in centri di violenza per i clienti». Provvedimenti che hanno suscitato clamore non soltanto tra il variopinto pubblico della Milano by night ma anche tra qualche politico sensibile al fascino della notte, come il responsabile lombardo di An, Ignazio La Russa, che è anche legale dei proprietari dell'«Alcatraz»: «Non si può andare avanti a forza di chiusure, non abbiamo bisogno di crociate ma di massima attenzione per i cittadini». Ma è solo un problema di buttafuori violenti? «Per ora sì», rispondono le forze dell'ordine. Basta però sottoporsi per qualche giorno alla transumanza forzata delle notti milanesi, per scoprire una realtà ben più sfaccettata, fatta di prive chiusi al grande pubblico (come per esempio all'«Holliwood», storica di¬ scoteca della Milano da bere, dove non esiste praticamente orario di chiusura), di rave party illegali, di scontrini fiscali inesistenti e di voci su giri di coca o di exstasi. Molto in voga ultimamente è il «gioco del secchiello». Racconta un dj, ovviamente anonimo: «Si ordina un secchiello con ghiaccio e la bottiglia di champagne. Si toglie la bottiglia e si sciolgono nell'acqua del ghiaccio 20 pastigliette, si riempie il secchiello di cannucce e...via!». Poi c'è l'aspetto dei soldi in nero. La serata in uno di questi locali va dalle 20 alle 30 mila lire, in sù, con una consumazione. 11 trucco sta spesso nel tesserino che viene rilasciato all'ingresso e sul quale, con delle punzonature vengono segnate le consumazioni. Si paga prima di uscire, ma non è raro che, se la consumazione è stata unica, anziché lo scontrino venga rilasciato un sem¬ plice passi che servirà per poter lasciare il locale senza essere fermati dai buttafuori. E lo scontrino? «Ci pensa la Siae verificando le tesserine», risponde Stefano dell'«Atlantique». Ma i controlli sono difficili dato che molti di questi locali aprono e chiudono con una velocità impressionante. Sebbene alla fine, le facce che animano questa poco scintillante vita notturna, siano sempre quelle. Così nell'ultimo ristorante-discoteca per Vip aperto in città, «Labanque», proprio dietro La Scala, tra neon colorati e arredamento post moderno, a servire al bar ci trovi uno come Angelo, 60 anni, che nei night e nelle discoteche ci ha passato la vita: «Ho conosciuto Turatello e Epaminonda. Altri tempi. Però quando a Milano comandavano loro, fuori dei locali non si aveva bisogno del buttafuori e la droga era solo per pochi». Al «Carmel» invece, piccolo e ricercato locale a due passi da Porta Genova, il patron è Claudio Caccia, che a metà degli anni '80 ebbe il suo momento di celebrità con il processo Terry Broome, dove finì inquisito per favoreggiamento in quel gruppetto che gli stessi giudici del processo definirono nelle motivazioni, «i tre porcellini». Ai suoi tempi era quel che si dice un play boy, adesso è un cinquantenne appesantito e più saggio che si considera in disarmo: «Ho cambiato vita». Tra i suoi clienti, oltre a Del Piero («che è venuto qui ma solo per una festa privata»), Armani (che proprio l'altra sera ha dato una festa) e qualche pm della procura («a cena nel ristorante»), anche la nuova star delle cronache giudiziarie a luce rossa: la brasiliana Lara, la prostituta amica di calciatori, cantanti e politici con l'agenda più piccante della città. «E' venuta da noi più volte ma solo come cliente», si schermisce Caccia. La più popolare discoteca «Alcatraz» di via Valtellina (3000 posti), non lontano dalla Stazione Centrale, tra quelle colpite dal provvedimento della Questura, è invece un'invenzione di Enrico Rovelli, storico organizzatore di concerti milanesi ma anche un passato da informatore dei servizi nei circoli anarchici. Nome in codice: «Anna Bolena». Chi non ha mai avuto problemi invece è Giancarlo Soresma, ex sessantottino, fondatore e titolare dei «Magazzini Generali», forse il miglior locale della città per la musica e i concerti live. Il segreto? «Sarà banale ma credo che alla violenza non si debba rispondere con violenza. Meglio la cultura. E' l'unico modo per non avere casini». Il questore: «Le denunce sono all'ordine del giorno. E non possiamo tollerare che i locali si trasformino in centri di violenza per chi li frequenta» Due tra le discoteche più note di Milano A lato I'«Atlantique», a destra «La Banca»

Luoghi citati: Milano