Il boomerang della protesta
Il boomerang della protesta La tutela dell'ambiente può creare e garantire posti di lavoro Il boomerang della protesta Mario Fazio N UOVA puntata dell'interminabile commedia che ha per soggetto il «Mostro di Fuenti», enorme albergo costruito abusivamente sulla Costiera Amalfitana nel 1968 e rimasto a deturparla per trent'anni, grazie a cavilli giuridici intrecciati a corrività o inerzie locali. Finalmente, l'altro ieri, le ruspe avevano dato i primi colpi per demolirlo, ma il giorno dopo' i disoccupati hanno bloccato 1 operazione per far sentire la loro richiesta di un posto di lavoro. Richieste sacrosante, ma non si capisce bene il nesso, perché l'albergo non funziona, non ha mai funzionato, non potrebbe funzionare. La demolizione, invece, richiede un bel numero di operai. La struttura in cemento armato del «mostro» e la sua posizione sulla socgliera bel¬ lissima, a picco sul mare, fanno escludere la possibilità di buttarlo giù sbrigativamente con qualche carica di esplosivo (il sistema della «dinamite controllata»). Si rischierebbe di causare danni gravissimi e di far cadere in mare una quantità enorme di detriti, migliaia di tonnellate. Si impone dunque una demolizione di tipo chirurgico che richiede molta mano d'opera. La manifestazione dei disoccupati non può diventare pretesto per impedire il completamento dei lavóri di smantellamento, col seguito dell'indispensabile restauro ambientale. Il «Mostro di Fuenti» deve scomparire perché ha assunto un forte valore simbolico. La demolizioni! è attesa come segnale della volontà di cambiare rotta, dopo tanti anni di impunità e di spregiudicatezza nel violare le leggi di tutela del paesaggio. Ma il rumore sul caso della Costiera Amalfitana non faccia dimenticare altri innumerevoli orrori, da Agrigento alle periferie delle grandi città, alle coste della Sardegna e alle Alpi. Non tutti abusivi come molti credono. Il 46,14 per cento del territorio nazionale è protetto da vincoli e almeno settanta obbrobri su cento sono stati autorizzati. La dinamite per cancellare quelli approvati e quelli abusivi non basterebbe. La «cultura della sottrazione» rischia di diventare accademia. Piuttosto si mette finalmente in atto la promessa politica di «riqualificazione» delle periferie invivibih e di restauro degli ambienti urbani deturpati, demolendo quel che non è modificabile in alcun modo (le «Vele» nel quartiere popolare di Scampia, NapoliSecondigliano?). E si impedisce la moltiplicazione di nuovi «mostri» rafforzando il sistema di tutela preventiva, quando i cantieri non sono ancora aperti.
Persone citate: Mario Fazio
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