I piani per la grande offensiva di Mimmo Candito

I piani per la grande offensiva I PROBLEMI LOGISTICI DI UN INTERVENTO NEL KOSOVO I piani per la grande offensiva La conta dei rischi e delle perdite analisi Mimmo Candito ■ giornali popolari dicono I che la guerra del Golfo U l'ha vinta il generale Schwarzkopf, che anche era grande e grosso e simpatico come un vero attore dei film di propaganda. Ma chi sa di cose militari mette allo stesso livello, almeno, di «Schwarz» un altro generale, Pagonis, che invece era piccolo e muto e schivo ma fu l'uomo che sbrogliò il problema di trasportare in Arabia Saudita 535 mila uomini e 500 mila tonnellate di materiale bellico. Le guerre non si fanno più con la strategia ma con la logistica, ed è con la logistica alla fino che le guerre si vincono (oltre che con i media, naturalmente). Ora che potrebbero cadere le ipocrisie politiche su un intervento terrestre nel Kosovo, la drammatica escalation in preparazione impone di ragionare seriamente sulla dimensione nuova che l'attacco delle fanterie corazzato della Nato imporrebbe al teatro di guerra (perché, a quel punto, davvero guerra sarebbe, e non più un intervento militare massiccio ma senza ancora un vero nemico in campo). In Kosovo, in questo momento, sono acquattati tra le case diroccote, trincerati nei boschi, nascosti dentro caverne e rifugi nelle montagne, 40 mila uomini dell'esercito jugoslavo più alcune decine di migliaia di forze paramilitari; li appoggiano 400 carri, 300 blindati di trasporto truppe, o quasi 500 pezzi d'artiglieria. I primi numeri del salto di qualità che la Nato sta per decidere debbono darci, naturalmente, la consapevolezza di quanto alto sarebbe il numero delle perdite umane di un attacco: in un terreno di media difficoltà, e con linee di fuoco tecnologicamente simili, la percentuale di uomini fuori combattimento - morti e foriti - viene valutata tra il 3 e il 5 per cento delle truppe impiegate sul terreno, con una proporzione di un soldato ucciso ogni 10 soldati feriti. La natura del terreno del Kosovo, montagne aspre, gole, forre inaccessibili, vallate chiuse da una boscaglia fitta e dura, accentua però le difficolta delle operazioni di attacco: rende impervie le condizioni di operatività e di appoggio dei carri armati e, invece, facilita enormemente il compito di chi, difendendosi, può utilizzare al meglio l'orografia del campo di battaglia. Questo comporta che la percentuale degli uomini feriti o uccisi tra gli attaccanti possa anche raddoppiare, fino all'8-10 per cento. Ora, se si tiene conto che in un terreno di media difficoltà la proporzione conside- rata «buona» per condurre efficacemente un'operazione terrestre richiede un rapporto di 3 a 1 tra attaccanti e difensori, e si compone però questa proporzione con la natura particolare del territorio kosovaro, dove il rapporto numerico va spostato su almeno 5 o 6 a 1, allora la cifra delle possibili vittime tra le truppe Nato appare impressionante: e sui 120-180 mila soldati chiamati a intervenire - cioè a essere operativi - le perdite potrebbero essere di 8 mila o 10 mila uomini. Non v'è governo democratico che potrebbe resistere la prevedibile reazione dell'opinione pubblica del Paese. Al di là del vantaggio che la qualità delle truppe Nato, ben addestrate e preparate, avrebbe sui soldati serbi - e questo vantaggio riduce 1 impatto del fattore-terreno e comporta un immediato effetto a scalare sul totale delle perdite umane - c'è un solo fattore che potrebbe comunque ridurre in modo consistente quelle drammatiche Jproporzioni: la qualità della ogistica. Non si sa ancora chi possa essere il «Pagonis» della possibile escalation, ma chiunque sia avrà certamente un compito molto più difficile che il suo collega in Arabia Saudita: nell'area mancano gli aeroporti attrezzati a ricevere per 4-6 settimane il flusso di Galaxy e C-141 carichi di truppe, e l'unico porto adeguato a ricevere il trasporto via mare del materiale bellico (un carro Abrahams M1A2 pesa quasi 70 tonnellate) è Salonicco, città d'una Grecia assai renitente a entrare in prima linea. Durazzo ha acque profonde ma manca di attrezzattu- re per la movimentazione dei mezzi, e del Montenegro neanche a parlarne. L'analisi delle difficoltà logistiche, e il computo delle possibili perdite di un attacco su larga scala (ma fatto, poi, lungo quali vie? le 14 strade e stradine che portano in Kosovo sono tutte minate e supertrincerate), tutti questi problemi sul terreno lasciano immaginare che il piano di operazioni, se mai sarà attuato, avrà una dimensione più ridotta: e pun¬ terà a «smilitarizzare» la parte sudoccidentale del Kosovo, con la prefigurazione di una spartizione futura della provincia. Per questa operazione limitata, verrebbero utilizzati i 12 mila uomini Nato già in Macedonia, i 1200 fanti americani che sono nelle basi italiane, gli 8200 soldati scelti della !" Divisione di Cavalleria ora in Bosnia, i 2200 marines a bordo delle navi americane nell'Adriatico, e poi da 10 mila a 20 mila uomini da trasportare in 2 o 3 settimane dalle basi europee e dall'America. Più gli uomini dell'Uck, dei quali però tacciono tutti. Grandi manovre sono in corso per preparare il terreno dell'attacco: mentre Romania e Bulgaria sembrano sensibili al suono dei quattrini e dello scambio con un possibile ingresso nell'Europa e nella Nato (hanno già aperto i loro cieli agli Alleati), c'è un'offerta della Slovenia per il passaggio delle truppe della Nato; ma questo comporterebbe una vera invasione della Serbia, e lo stesso avverrebbe se si riuscisse a coinvolgere l'Ungheria, che poi è al centro di forti sollecitazioni con i ripetuti attacchi aerei sulla Vojvodina. Quello che è certo, comunque, è che oggi il solo fronte possibile d'attacco appare l'Albania, povera di comunicazioni e di infrastrutture. «Pagonis» rischierebbe dunque di grosso, ma più ancora riserverebbero poi, sul terreno, i soldati mandati comunque all'assalto. E' evidente che la guerra, in Kosovo, non è ancora cominciata. L'attacco probabile dall'Albania Ma Lubiana ha offerto il passaggio e si fanno anche progetti sull'Ungheria 0 NUMMI Ospita già 10 mila soldati Nato e 4B e!kottsri Apodte. ltenli(i8««H di sMoworriwebberoitólìtciio. Previsti sbarchi di morin«s « soitteH «hi foppog^o % 1! etìtoiféri. 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Fondamentale punto di partenza per l'invasione alla Serbia Accesso aereo illimitalo accordato alla Nato per i | bombardamenti In caso di attacco do terra costituirebbe la grande retrovia per l'operazione sia per il transito di truppe e rifornimenti sia per io aereo. Vapoli indisi LA PREfARAZI^W nSi DELIA NÀTO PER ^^jMembro delta Nato,o ma può L'INVASIONE C ne9are 'uso ^1 PO"*0 di Salonicco per lo sbarco dei soldati che dovrebbero invadere la Serbia DELLA SERI Un soldato Nato monta la guardia nell'accampamento americano allestito accanto all'aeroporto militare di Tirana. Nel grafico le linee di un ipotetico attacco terrestre

Persone citate: Abrahams, Milosevic, Pati, Schwarz, Schwarzkopf