Profughi, nuovo esodo Via dal fango di Kukes

Profughi, nuovo esodo Via dal fango di Kukes UN'ALTRA DEPORTAZIONE VERSO IL SUD DELL'ALBANIA Profughi, nuovo esodo Via dal fango di Kukes reportage Vincenzo Testandoti inviato a TIRANA UNA seconda deportazione, difficile definirla in un'altra marnerà: sotto la pioggia battente, nel silenzio irreale di un campo sterminato, alla luce dei riflettori che sempre sgomenta. Il risveglio, nel cuore della notte, per tremila esuli kosovari ha avuto il sapore acre di un ritorno al tragico, recente passato. «Fuori, dovete partire», urlavano gli uomini in divisa, lì in mezzo al grande accampamento dei trattori. E faceva poca differenza che quelle fossero divise albanesi e non serbe. Metodi da Gestapo, ha commentato qualcuno, metodi della polizia schipetara, quella stessa evaporata quando più ci sarebbe stato bisogno di lei, nel '97 l'anno della cosiddetta svolta politica. Metodi «inaccettabili» sottolineano all'alto commissariato per i rifugiati e un portavoce aggiunge: «L'Albania è sovrana sul suo territorio e noi possiamo dare consigli, tentare di influenzare le autorità, discutere con loro, cercare soluzioni alternative, ma alla fine hanno il diritto di fare quello che vogliono. Abbiamo chiesto loro, con cortesia, di non usare la violenza, e li abbiamo pregati di lasciare alla gente libertà di scelta su quando andarsene da qui, ma loro affermano che il numero dei profughi è insostenibile». E' la tragedia dei kosovari che continua anche fuori dalle frontiere del loro Paese. E se in Ma¬ cedonia, nel villaggio di Malina Mala, sono stati trovati morti, uccisi dal freddo, sette bambini e due vecchi che erano riusciti ad arrivare fin lì, stremati dalla fatica, a Kukes la parte maggiore degl i accampati non vuole allontanarsi. Tutti sperano di essere primi a rientrare in Kosovo, quando sarà il momento. Soprattutto «se» arriverà quel momento, osserva con amarezza Patrizio Ciu, presidente della Fondazione Scanderbeg, che sta organizzando un campo a Kruia, uno a Tirana e un terzo a Valona. Ad ogni buon conto, i tremila anche se riottosi, sono stati caricati su autobus e mandati verso il Meridione. Ma almeno altri cinquantamila rimarranno nel fango e fra i sassi di Kukes, sottolineava Silvio Tessati, della Caritas Italia. Anche se quelli della Nato armata, diciamo così, vorrebbero la zona libera. In questa bolgia ci sono i centrotrenta alpini della Taurinense che tentano di mettere un pizzico d'ordine, anche se la loro può sembrare la fatica di Sisifo. Il capitano Enrico Pizzileo precisa che «la nostra missione è comunque a carattere temporaneo». Il che lascia intendere che i militari italiani potrebbero passare nell'Albi-, nel gruppo Nato. Sulle strade disastrate dell'Albania continua la corsa a portare aiuti e Daan Everts, olandese, ambasciatore dell'Osce, l'organizzazione per la sicurezza e lo sviluppo europeo, osserva come da gestione degli aiuti fosse un caos, ma ora va meglio, anche se non siamo vicini alla perfezione. Il governo albanese fa un lavoro serio e tenta di evitare la corru¬ zione, soprattutto registrando il meccanismo con l'alto commissariato per i rifugiati e con l'Osce. Io ho insistito molto per far partecipare gli albanesi stessi, a pieno titolo. Perché capita talora che le organizzazioni siano portate a scavalcare i governi locali, soprattutto in taluni Paesi». E intendeva dire in quelli verso i quali non esiste fiducia. Anche l'Osco partecipa alla distribuzione degli aiuti, ora ha uomini a sufficienza per farlo, da quando ai 50 osservatori di qui se ne sono aggiunti 70, provenienti dalla Macedonia. Dunque, una corsa che vede gli italiani impegnati a fondo, ma anche gli altri paiono convinti che partecipare non basti. Così, dal! Olanda, ieri mattina sono arrivati 15 camion organizzati dalla Wergvervoer, il sindacato camionisti. Carichi di 30 tonnellate di tutto ciò che è stato raccolto in scuole, chiese, circoli. Partiti lunedì da Amboni, hanno, come si dice, attraversato l'Europa al galoppo. Tanto che in Austria li hanno bloccati per eccesso di velocità. «Ma solo per cinque minuti», racconta Jaap Flobbe, 55, leader dei camionisti. «Quando abbiamo spiegato che trasportavamo soccorsi, ci hanno scortato alla frontiera con l'Italia». Dove tutto è filato liscio «fino al porto di Bari: dove per otto ore, quelli della dogana ci hanno tenuto bloccati». Pretendevano, per esempio, la lista degli oggetti di ogni singolo pacchetto. «Ma vi pare possibile, una cosa del genere?, abbiamo chiesto. "E' il regolamento". Un brutto ricordo, per noi». Servono a qualcosa le scuse? Profughi kosovari nel campo di Kukes

Persone citate: Daan Everts, Enrico Pizzileo, Jaap Flobbe, Kukes, Malina Mala, Patrizio Ciu, Silvio Tessati