Principi etici e indifferenza

Principi etici e indifferenza TACCUÌNO PACIFISTA Principi etici e indifferenza Pierluigi Battista PUÒ' darsi che Roberto Morozzo della Rocca, lo storico che è anche un esponente di spicco della comunità di S. Egidio («l'Onu di Trastevere») impegnata su una linea di intervento pacifico e «umanitario» nel Kosovo, pecchi di ingenerosità quando scrive su Limes: «Accanto alla commozione per la tragedia di anziani, donne e bambini dispersi tra la neve, un altro fattore sospinge all'intervento Nato, Alcuni governi - segnatamente quello americano e quello inglese - vorrebbero giungere a una punizione dei serbi, riducendone drasticamente la potenzialità militare, a prescindere dalle circostanze del momento, poiché ritengono Belgrado responsabile della complessiva crisi balcanica degli Anni Novanta». Eppure, sebbene ingenerosa, questa analisi di Morozzo della Rocca introduce un elemento di salutare realismo politico e sottrae la discussione sulla guerra ad un'atmosfera «eticamente» surriscaldata e non priva di esuberanze di impronta manichea che tende a confinare ogni dubbio sull'opportunità e la liceità di questa guerra nella categoria infamante dell'indifferenza per le indicibili sofferenze di deportati vittime della «pulizia etnica». Tra l'altro il tono di ultimatività «morale» dei fautori oltranzisti della guerra «umanitaria» pretende di fondarsi su una giustificazione storica ispirata al principio dell'equivalenza tra Milosevic e Hitler. Ma questo eccesso comparativo rischia di forgiare armi concettuali che possono ritorcersi come un boomerang, scaricando l'evocazione dei «precedenti» storici branditi dai sostenitori del «mai più», formula etica basilare nella guerra contro la Serbia. Spiega infatti su Diario il giurista Stefano Nespor che anche la «guerra etica» annovera precedenti decisamente imbarazzanti. Nespor ricorda che «il nascere delle aggressioni militari giustificate da ragioni umanitarie» coincide addirittura con «l'intervento militare del Giappone in Manciuria, rivolto secondo gli aggressori giapponesi a tutelare i diritti umani degli abitanti mancini, violati dai cinesi». Poi c'è «l'intervento militare dell'Italia in Etiopia» e persino «l'intervento militare della Germania nazista in Cecoslovacchia (1939), rivolto a tutelare i diritti etnici dei popoli tedesco e boemo in nome dei diritti umani degli abitanti». Paragoni decisamente traumatizzanti tanto che gli storici avranno modo di contestarne l'eventuale legittimità. Curiosa la seconda parte dei discutibili «precedenti» evocati da Nespor e cioè il fatto che «tutte e tre le aggressioni umanitarie si sono concluse con la costituzione di Stati fantoccio o Protettorati». Curiosa e imbarazzante se i paragoni storici maliziosamente addotti, ancorché contestabili dalla comunità scientifica, indicassero dove le guerre eh questo tipo vanno a parare. Anche in Kosovo. In nome, beninteso, dei diritti umani.

Persone citate: Hitler, Milosevic, Pierluigi Battista, Roberto Morozzo Della Rocca