Gelo tra D'Alema e Pini di Augusto Minzolini

Gelo tra D'Alema e Pini Gelo tra D'Alema e Pini //premier critica le riserve del ministro Augusto Minzolini inviato a WASHINGTON Di prima mattina, a poco più di un'ora dall'inizio della conferenza della Nato, arriva l'ennesimo distinguo del ministro degli estori Lamberto Dini dall'operato dell'Alluunza. Questa volta si tratta del bombardamento della tv serba. Mentre a qualche metro di distanza Massimo D'Ali.-ina appena uscito dall'Hotel St.Rcgis di Washington si infila nell'automobile per arrivare in tempo alla cerimonia di apertura, Dini rosta indietro e si concede alla stampa per sparare contro l'azione degli aerei Nato: «Non me ne parlate. E' terribile...Disapprovo... Non creolo neppure clic fosse nei piani la faccenda della Tv. A mia conoscenza non ora nei programmi alleali. Se d'ora in avanti saranno colpiti anche* obiettivi non militari? C'è questo rischio ma non è automatico. Quindi la cosa va discussa attentamente. Non scherziamo...», Ci risiamo. Scoppia il solito caso italiano che movimenta ogni vertice internazionale dall'inizio della guerra nel Kosovo. L'uscita di Lambertow si trasforma in un fulmine nel cielo di Washington. Gli americani non nascondono la propria irritazione. La Nato idem. «Era tutto slranoto», dice secco il segretario generale della Nato, Solana. «La Tv - fa presente il portavoce della Nato, Jaiinie Shea - è più pericolosa dell'esercito serbo. La stessa opposizione serba l'ha sempre considerata il vero bastione del potere di Milosevic». Il ministro degli esteri inglese Robin Cook è ancora più duro. «Ci sono antenne e antenne. Ci sono antenne che fanno propaganda e antenne che danno notizie». Dini, di rimando, fa sapere che i francesi la pensano come lui, se non peggio. Gli uomini del ministro degli esteri lo giurano, ma quelli di Chirac rimangono zitti, non parlano. E la delegazione italiana? Il ministro della difesa, Carlo Scogn'amiglio, non ci pensa due volto a schierarsi con la Nuto. «L'interpretazione data dai comandi dell'Alleanza - spiega - è che la propaganda è un elemento importante nella conduzione dell'azione militare e, quindi, deve essere inclusa negli obiettivi». Rimane D'Alema. Le dichiarazioni del ministro degli Esteri costituiscono un'altra gatta da pelare per il premier. E pensare che una volta era Dini l'amerikano del governo. Adesso, invece, è il premier post-comunista a dover calmare le ire di Washington e di Bruxelles. E non è la prima volta: sarà, come dice 3ualeuiio, che il nostro ministro egli Esteri ha un debole per i consigli di Giulio Andreotti; sarà, come dicono altri, che questo atteggiamento di comprensione verso Belgrado potrebbe assicurargli i voti di Cossutta e di Bertinotti nella corsa per il Quirinale. Sta di fatto che da Sualche tempo il ministro occipitali! più tenero nei confronti di Milosevic è proprio lui. E D'Alema deve garantire per lui di fronte agli Alleati. Ai suoi collaboratori il premier dà le istruzioni del caso per salvare capra e cavoli: da una parte osserva «è un giudizio emotivo, può capitare», dall'altra bisogna tenere conto degli interventi che sono necessari «per disarticolare un potere autoritario come quello di Milosevic». Insomma, il premier fa quel che può per circoscrivere il «problema». Ha ben altro in testa: dalla tribuna deve sottolineare la necessità di uno stretto rapporto tra la Nato e l'Onu, e di un maggior ruolo dell'Unione Europea nell'Alleanza. Ma la vicenda rischia di lasciare strascichi. Per cui nella conferenza stampa di fine seduta il premier decide di tirare le orecchie al ministro degli Esteri in pubblico. La scena è di quelle che lasciano il segno. D'Alema sulla tribùnetta del salone. Dini seduto in prima fila. Il premier parla ai giornalisti, ma le parole non sono scelte a caso o sembrano ave¬ re come destinatario proprio il ministro. «Quando ci si trova in una situazione di questo tipo scandisce D'Alema - il compito dei politici è quello di porre dei vincoli di un'azione militare e non quello di discutere ogni singolo obiettivo. E' del tutto improprio». Il capo del governo va avanti, il ministro degli esteri ascolta imbarazzato. «Certo noi - continua - abbiamo ancora oggi raccomandato la necessità cu ridurre al massimo le vittime civili. Anche una è troppo. La Nato farà di tutto per evitarlo, ma dalla parte di Milosevic non mi sembra che ci sia la stessa preoccupazione. Comunque, ripeto, non si può commentare ogni giorno dove cade una bom¬ ba. Eppoi ricordo che in quel paese un gionalista libero è stato assassinato nel portone di casa sua e questo riduce di molto la mia indignazione per il bombardamento della tv di Milosevic». Le dichiarazioni del presidente del consiglio sono una vera e propria presa di distanza dal ministro degli Esteri. Dini mastica amaro. Ce l'ha con tutti quelli che lo hanno attaccato, soprattutto con gli inglesi. Così quando il premier ricorda il contingente italiano impegnato nella guera del Kosovo, il ministro degli Esteri si lascia scappare un commento a mezza bocca: «Il nostro impegno è maggiore di quello di Blair». Ed ancora, quando a D'Alema viene chiesto se Milosevic deve essere proces¬ sato dal tribunale dell'Aia, Dini si lascia sfuggire un sonoro: «...E le prove?». La conferenza stampa del premier finisce con il ministro degli Esteri che trattiene a malapena il disappunto. «Due settimane fa - si sfoga con qualche cronista avevamo posto il nostro veto nel consiglio atlantico sul bombardamento della tv serba. Per questo ho avuto quella reazione istantanea. Non mi parlate degli inglesi... Sono gli apripista degli americani. Avete visto la reazione dell'opione pubblica italiana? Io sono nel giusto». D'Alema non lo sente. Prima di lasciare la sala della conferenza, però, si rivolge ad un cronista e scuotendo la testa sospira: «Che faticaccia!»: Sul bombardamento della tv serba secco scambio di battute Lamberto Dini, ministro degli Esteri e a lato il Presidente Clinton con gli altri capi di Stato alla cerimonia ufficiale dei 50 anni della Nato a Washington

Luoghi citati: Belgrado, Bruxelles, Kosovo, Washington