IL VERO VOLTO DI TUCIDIDE

IL VERO VOLTO DI TUCIDIDE IL VERO VOLTO DI TUCIDIDE Esilio e morte secondo Canfora IL MISTERO TUCIDIDE Luciano Canfora Adelphi pp.177 L 14.000 UC1ANO Canfora è un maestro nella ricostruzione della vita sia di grandi personaggi che di grandi biblioteche del mondo antico. Basti ricordare, accanto alla sua Vita di Lucrezio (Sellerio) il piacevolissimo libro-romanzo La biblioteca scomparsa, riguardante la biblioteca di Alessandria (Sellerio), o, fresco di stampa, l'iniziatico, eruditissimo studio La biblioteca del Patriarca: Fozw censurato nella Francia di Mazzarino (Salerno, pp. 260, L. 20.000). Queste inclinazioni si coniugano con la sua predilezione per lo studio della storiografia greca (proprio in questi giorni è uscito presso Bruno Mondadori un suo utile compendio scolastico sul tema: La storiografia grecaipp. 392, L.24.000); e trovano un acme nelle cospicue attenzioni che da anni Canfora dedica a Tucidide, la cui opera costituisce un monumento all'intelligenza storica e politica fra i più fulgidi della storiografia occidentale - riproposto in una sor- ta di luminosità al quadrato nella ricca e acuta edizione ditTracia e la corte macedone di Arche Tucidide: morì corte macedoncittadini della qricca e acuta edizione coordinata dallo stesso Canfora per la «Plèiade» di Einaudi-Gallimard ( 1996). La guerra del Peloponneso (pp. 1638, L. 120.000): il titolo, relativo al conflitto fra una Sparta di cui oggi non resta più praticamente nulla e quell'Atene i cui resti sono imbrigliati nel traffico, può al lettore «profano» evocare un modesto scontro locale, di scarsa rilevanza sull'arco della storia (che impegna per il segmento 431-404 a.C). Ma Tucidide, che al resoconto di quegli anni dedicò parte notevole della sua vita, ci lascia un'icastica immagine della situazione reale: «fu il più grande sconvolgimento prodottosi nel mondo greco e, in certa misura, in quello non greco: insomma per la gran parte dell'umanità» (I 2). Si trattò di una «guerra mondiale», dunque, e la struttura di «superpotenze» dei contendenti si misura bene su una delle pagine giustamente più celebri: il dialogo, serrato, spietato, fra i messi ateniesi e i piccola isola neutrale di Melo, che Atene intende annettersi con le buone o le cattive, secondo ima logica di prevaricazione esibita per tale con tracotante naturalezza. Risulta così per più ragioni di notevole interesse inoltrarsi in quello che Canfora definisce II mistero Tucidide, intitolandovi un agile saggio appena tradotto presso Adelphi (era uscito in francese per Desjonquères di Parigi nel '97). E' questo un «blitz» filologico che, con corredo di fonti tradotte, ripercorre un'intricata questione in forma semplice e avvincente ad uso degli appassionati di antichità e di «giallo storico». In sintesi: sulla scorta di una disamina veramente acuta delle testimonianze, con affascinanti escursioni nella papirologia e nella storia del libro, Canfora inficia la ricostruzione consolidatasi dall'età ellenistica a oggi, secondo cui Tucidide sarebbe stato esiliato dagli ateniesi perché presunto responsabile (nel 424) della defezione della città alleata di Amfipoli; e, dopo ventanni passati fra le proprietà di Tracia e il Peloponneso, rientrato in Atene alla fine del conflitto, vi sarebbe stato ucciso immediatamente. Il nodo principale è a chi assegnare la voce che parla di un proprio esilio nel cosiddetto «secondo proemio» (V 26). Per Canfora, quelle parole non le scrisse Tucidide, bensì un altro grande storico greco, Senofonte: il quale curò come redattore l'edizione definitiva dell'opera tucididea, arricchendola con appunti d'autore di cui era venuto in possesso. La «vera» biografìa di Tucidide sarebbe un'altra, e, come lasciano intravedere frammenti e testimonianze, era già nota in antico ad Aristotele e ai suoi scolari: Tucidide fece lungamente capo ad Atene, vi seguì nei più segreti retroscena il colpo di Stato oligarchico del 411, per andarsene volontariamente dalla madrepatria insieme ad altri illustri «dissidenti» dopo la restaurazione democratica (409), con l'ondata di proces si politici che comportò. Visse fra la erso il 390 alla di Archelao Tracia e la corte macedone di Archelao e morì molto dopo il mecenatesco sovrano (spentosi nel 399), forse verso il 390. Questa accattivante e, per me, persuasiva ricostruzione, figura con taglio più specialistico nell'introduzione al Tucidide e inaudia no. Nell'aureo volume si trova ulteriormente spiegato che, se Tucidide stentò a trovare per la sua operala forma definitiva, fu perché intanto l'evolversi della situazione politica in Atene veniva a spostare le prospettive e invitava a riesaminare da nuovi punti di vista il significato complessivo della grande guerra. Inoltre, a perfezionamento del quadro, trovano dettagliata spiegazione questioni decisive, come quella della problematica menzione, nel «secondo proemio», di un incarico militare riguardante Amfipoli: se fosse genuina, dovremmo attribuire il famoso passo a Tucidide; ma per Canfora deriverebbe in realtà da corruzione di un originario riferimanto alla lotta «per il controllo della Rocca di Atene» (amphì pòlin) durante la guerra del 404/3, in cui Senofonte ebbe un ruolo di rilievo, La simultanea pubblicazione del Mistero e del panorama introduttivo alla storiografia greca esortano a quell'autentica gioia della ragione che è una lettura del massimo storico greco. In merito, l'alto valore del ricordato Tucidide einaudiano è incrementato dalla presenza d'introduzioni ai singoli libri, doviziose note di commento e un ampio studio della tradizione indiretta. Ma proprio tanta attenzione filologica accresce lo sconcerto di fronte a un'inspiegabile mostruosità criticotestuale. I curatori seguono in linea di massima il testo greco (non in anastatica, ma composto ex novo) dell'edizione oxoniense di Jones e Powell (vd. p. LXTV), discostandosene in 53 casi: ebbene, in questi casi (compreso quello cruciale di Amfipoli in V 26), si trova tuttavia stampata la lezione giudicata erronea, cui si fa corrispondere la traduzione di un testo, ritenuto esatto, ma di fatto inesistente. E toccherebbe al lettore, primo, rendersi subito conto che contro ogni legittima attesa vige questa follia, perpetrata come alla chetichella; secondo, armarsi di calamo e, forte della Nota al testo, andarsi a correggere di persona, uno per uno, i suoi 53 luoghi corrotti. E' una bella pretesa, già stigmatizzata a suo tempo per una tascabile d'altro editore, e che tanto più indispone in una edizione di lusso e di questo tenore scientifico. Non vorrei che, per un minimo risparmio o altre imperscrutabili ragioni editoriali, stesse prendendo piede un'assurda abei razione: gettare lì un testo anche trascurato, con deferenza per la moda del disporlo «a fronte», ma in piena indifferenza al minimale rispetto per il testo stesso e per quei, forse pochi, fruitori che ancora davvero lo leggono e gli annettono un'importanza. Alessandro Fo Tucidide: morì verso il 390 alla corte macedone di Archelao IL MISTERO TUCIDIDE Luciano Canfora Adelphi pp.177 L 14.000