Il governo scettico: servono verifiche di Ugo Bertone

Il governo scettico: servono verifiche Il governo scettico: servono verifiche PerNesi «nella capitale c'è chi ama Colaninno» Ugo Bertone milano" «L'operazione con Deutsche Telekom è comunque meglio di quella degli scalatori finanziari di Olivetti. Ma una parte del governo è contro Bernabò» confida Nerio Ne8i, concludendo: «e ama invece Colaninno...». «Questa è una premessa - continua ;1 rappresentante del Pedi - che va comunque fatta: chiunque creda che il governo tedesco possa passare dal 72 al 49% in breve tempo, o è un pazzo o ò un'ignorante». Nesi tradisce così l'insofferenza degli amici di Bernabè per uno scollamento pericoloso: e senza attendere la conferenza londinese dell'amministratore dell'Eni e di Sommer, il governo italiano aveva già ribadito la perplessità già emersa dalla nota del Tesoro di mercoledì sera. A prender la parola per primo, in mattinata, era stato il sottosegretario della presidenza del Consiglio che aveva ribadito le perples¬ sità di Ciampi: i tedeschi, al di là delle formule solenni, non si erano impegnati in nulla. «La missiva del sottosegretario al ministero delle Finanze di Bonn - diceva infatti Franco Bassanini - contiene solo indicazioni generiche». Non sono quindi sufficienti le garanzie tedesche per il grande matrimonio? «Questo andrà verificato nei Erossimi giorni. Anche perchè, riadiva il braccio destro di D'Alema, «in base alle nostre leggi - ha aggiunto Bassanini - non possiamo rinunciare preventivamente all'esercizio dei poteri speciali del governo». Ovvero, il possibile utilizzo della «golden share». E la pariteticita? «Noi - sottolinea Bassanini - non potremmo accettare che la privatizzazione dell'ex monopolio pubblico delle te- ' lecoraunicaziom finisca con un'impresa di Stato internazionale che ha come azionista di riferimento il governo tedesco». Ma le indicazioni in arrivo da Hans nichel, ministro delle Finanze tede¬ sco? «Il tenore della lettera da Bonn contiene indicazioni generiche che andranno verificate con colloqui a Bonn nei prossimi giorni». Nelle stesse ore, dalla Germania, Eichel, a dire il vero, ribadiva che «il governo tedesco non può modificare il ritmo del processo di privatizzazione di Deutsche Telekom a seguito della fusione con Telecom Italia». Si profila, insomma, una trattativa su due piani e con due tipi di protagonisti, A Londra, ieri, i due colossi telefonici hanno riaffermato in coro le ragioni del matrimonio. Ma, sul fronte politico, restano le perplessità. Anche questa, a prima vista, sembra una considerazione azzardata, se si tiene conto che il ministro dalle Poste, Salvatore Cardinale, continua a ripetere che «la prima condizione, quella della pariteticita, ci sia. Il resto è da vedere». «Ma nessuno forzi la mano al governo - aggiunge subito il sottosegretario per la comunicazione Michele Lavina -. Allò stato attuale gli elementi di cui è in possesso il governo su quest'operazione sono insufficienti: non disponiamo di un piano o di un progetto industriale; non sappiamo nulla sulle modalità di privatizzazione di Deutsche Telekom: ci sono alcune modalità poco chiare che riguardano il fisco». «In ogni caso - ha concluso La uria - l'intero progetto necessita di tempi piuttosto lunghi. Non conosciamo ancora il progetto industriale legato a questa eventuale alleanza, né sappiamo nulla sulle prospettive occupazionali». Fin qui il duello tra i politici dell'area di maggioranza, dopo il secco no di Berlusconi. Non piace granché l'ipotesi Dt, e così pochi si spingono a promuovere il colosso italo-tedesco, una nuova nazionalizzazione, comunque la si giudichi. «Molto probabilmente - ha concluso Lamia stiamo pagando ora il problema di una privatizzazione che poteva essere realizzata meglio...».

Luoghi citati: Bonn, Germania, Londra