La riforma delle Regioni cerca 50 mila dirigenti di Raffaello Masci

La riforma delle Regioni cerca 50 mila dirigenti Roma: convegno della Fondazione Agnelli La riforma delle Regioni cerca 50 mila dirigenti «Bisogna spostare le risorse umane dal potere centrale alla periferia» Raffaello Masci ROMA Bisogna trasferire 50 mila dirigenti e funzionari alle Regioni o la riforma amministrativa non potrà decollare. Inoltre le Regioni vogliono finanziamenti adeguati alle deleghe ricevute, leggi che garantiscano stabilità politica e maggiore chiarezza nelle materie loro affidate. Rifiutano invece di trasformarsi in esattori fiscali per i loro cittadini. E' questo il check up della riforma Bassanini (legge 59 del '97), condotto dalla Fondazione Giovanni Agnelli in un convegno nella sala del Cenacolo a Roma. Ai lavori hanno partecipato, oltre ai relatori tecnici della Fondazione, i politici che in questo processo hanno uno specifico ruolo di merito: Franco Bassanini (padre della riforma), il suo predecessore Franco Frattini, il presidente della Commissione per l'attuazione della riforma amministrativa, Vincbnzo Cernili Irelli, il presidente della Regione Piemonte Enzo Ghigo, il sindaco di Roma Francesco Rutelli. I lavori sono stati aperti dal presidente della Camera Luciano Violante e moderati dal direttore della Fondazione Agnelli, Marcello Pacini. BUONI E CATTIVI. Su quindici Regioni a statuto ordinario sei hanno pienamente recepito le deleghe, sette hanno già tutto pronto ma manca il voto del Consiglio regionale e due (Campania e Puglia) sono ancora in alto mare. Circa quattro quinti delle materie amministrative sono già delegate agli enti locali però da una parte lo Stato centrale ha atteggiamenti contraddittori (nel senso - per esempio - che attraverso il governo delega ma poi con leggi del Parlamento si riprende) e dall'altra le Regioni fanno resistenza a recepire quanto delegato in quanto non riescono ad organizzarsi adeguatamente e nei tempi dati, oppure - ed il caso più grave - si perdono in beghe politiche (o in ribaltoni) che ritardano tutto. IBUR0SAUR1. Un altro fattore di resistenza al decollo della riforma amministrativa è costituito dall'apparato burocratico. I burocrati «centrali» fanno resistenza a cedere competenze, quelli regionali ad accoglierle. Su tutto questo però ora aleggia lo spettro del decreto Piazza di due giorni fa che lega stipendi a obiettivi di efficienza e c'è anche lo spauracchio dell'esempio Visco che ha già licenziato due direttori generali che «remavano contro». «La riforma potrà produrre effetti - ha detto Cerulli Irelli - solo se si riescono a recuperare le risorse umane, cioè le persone che con le deleghe portino anche le competenze. Ci vogliono almeno 50 mila trasferimenti di dirigenti e funzionari dal centro alla periferia». Anche se questo spostamento non sempre coincide con il cambio di città, genera comunque resistenze fortissime. I SOLDI. Le Regioni lamentano che con le deleghe non sono stati trasferiti loro dei finanziamenti adeguati. Secondo i dati forniti da un tecnico della Fondazione Agnelli, i Comuni tra lei e tassa Rsu possono contare su un'autonomia finanziaria del 55% e le Regioni fino al 60% tra Irap e addizionali Irpef. Ma le medesime Regioni per bocca di Ghigo ritengono che questa autonomia non vada oltre il 10% e Cerulli Irelli ne accorda non più del 20%. Inoltre le Regioni fanno una grande resistenza rispetto all'ipotesi di esercitare una leva fiscale: vogliono cioè l'autonomia gestionale sui fondi «trasferiti» ma senza battere cassa con i cittadini. I CAMPANILI. La razionalizzazione delle spese induce i piccoli Comuni a consorziarsi per specifici servizi (acqua, raccolta rifiuti, spese per manager e simili). Bene: la resistenza in questo senso è fortissima. E così la riforma si arena. Stoppata dai campanili.

Luoghi citati: Campania, Piemonte, Puglia, Roma