D'Alema

D'Alema D'Alema «La parola aKofiAnnan» Augusto Minzolinl inviato a NEW YORK Sarà per le esperienze maturate in questo mese, o per la diffidenza nei confronti di una sortita di Milosevic che potrebbe anche puntare solo a creare delle di visioni tra i paesi della Nato, sta di fatto che ieri, dopo il colloquio con il segretario generale dell'Orni, Kofi Annan, Massimo D'Alema è stato molto prudente sulla notizia che Belgrado sarebbe pronta ad accettare una forza multinazionale in Kosovo. «E' una dichiarazione - ha spiegato il Premier in una conferenza nel palazzo di vetro - che va approfondita. Non si specifica, infatti, la natura di questa forza multinazione. Se deve essere civile o militare. E dato che questo è da sempre il punto di divergenza bisogna essere cauti». Poi, per essere ancora più attento a non alimentare voci di una Nato divisa, D'Alema ha detto espressamente: «Lo leggo appena ora e posso dire di condividere quello che ha dichiarato il presidente Clinton. L'importante è avere una forza che funzioni e che comprenda anche la Russia, l'Ucraina e altri paesi di religione ortodossa. E' una formulazione che si può condividere». Meglio aspettare, quindi, altre notizie da Belgrado, capire se l'uscita di Milosevic è quel tentativo di rompere l'alleanza che molti si aspettavano alla vigilia della con- dawero qualcosadicon'c^ta^Aldhia prtferisdftitr cautela anche per evitare di finire in qualche trabocchili, ullilllilII ÌHWMÌU chiedere nel vertice di Washington «una maggiore combinazione tra l'intervento militare e l'azione politioB». «L'Italia - ha osservato - ha condiviso l'azione militare nell'idea che la forza deve essere al servizio della politica, n problema è questo, non certo quello di vincere una guerra contro la Jugoslavia. E in questa logica è centrale l'azione dell'Orni». L'incontro con il segretario generale dell'Orni alla vigilia del vertice di Washington è servito a D'Alema proprio per marcare questa posizione. E per essere ancora più convincente ieri il premier italiano ha di nuovo smentito l'ipotesi dell'intervento di terra. «Questa - è tornato a dire - non è tra le opzioni politiche che siamo chiamati a scegliere. I nuovi piani? La Nato è un'organizzazione militare ed è naturale che aggiorni le ipotesi militari. Ma l'intervento terrestre non è tra le decisioni che sono di fronte a noi, che siamo chiamati a prendere. E un dibattito del genere rischia solo di creare inutili contrapposizioni. Non ci si può dividere sulla base degli articoli di giornale». Insomma, combinare l'azione militare con quella politica, partendo comunque dal presupposto e D'Alema non si stanca di fare questa constatazione - che «la soluzione della crisi in Kosovo è più vicina di quanto non fosse prima dei bombardamenti». Prudenza, quindi. Non per nulla D'Alema prima di conoscere la dichiarazione di Clinton non aveva voluto neanche addentrarsi in una discussione sulla natura della forza multinazionale da inviare in Kosovo. «E' una discussione tecnica si era limitato a dire - che mi sembra prematura. Noi pensiamo che questa forza dovrebbe essere messa in campo nel quadro di un accordo con i serbi. Ecco perchè pensiamo che debba agire sotto l'egida dell 'Onu. Detto questo credo che la composizione debba tenere conto dei problemi di effìcenza militare. Io comunque mi astrarrei dall'affrontare una discussione che potrebbe solo rendere più difficile il raggiungimento di un accordo». A quanto pare il premier italiano ha fatto tesoro della gaffe del vertice di Berlino quando aveva richiesto una mediazione politica in un momento non opportuno. Per cui qui a New York è stato attento a non sbilanciarsi. D'Alema sa benissimo che sarebbe un errore creare dei sospetti negli alleati proprio mentre si appresta a richiedere nel vertice Nato un'iniziativa diplomatica più incisiva nei confronti di Milosevic che veda l'Orni come protagonista principale.