Strage nella scuola nel nome di Hitler

Strage nella scuola nel nome di Hitler I due ragazzi cercavano soprattutto i neri. Clinton: insegniamo ai nostri figli che la violenza è sbagliata Strage nella scuola nel nome di Hitler Quindici i morti, l'esecuzione era preparata da giorni Franco PantarelH NEW YORK «E' un buon giorno per morire. Vogliamo vedere tutti morti!»: erano le 11,30 di martedì quando nella biblioteca della Columbine High School di LitUeton, benestante sobborgo di Denver, è risuonato quel grido, dando inizio alla strage i cui numeri ancora ieri erano imprecisi (non più 25 morti, dice la polizia, bensì 15 o forse 16 e 20 feriti). Ma l'inizio «vero», il momento in cui forse era ancora possibile fare qualcosa per evitare la tragedia, c'era stato 24 ore prima. Lunedì mattina Eric Harris, l'autore dell'eccidio assieme al suo compagno Dylan Klebold, era seduto sul pavimento del corridoio della scuola, era vestito come sempre di nero e faceva disegni su dei fogli di carta. «Che fai?», gli ha chiesto Michael Vendegnia, uno di quelli che in genere lo prendevano in giro proprio per lo strano abbigliamento. «Preparo le cose per domani», ha risposto Eric. «Perché, che succede doma¬ ni?», ha insistito Michael, e la risposta è stata un enigmatico: «Lo vedrai». L'indomani l'hanno «visto» tutti. Dopo le prime uccisioni nella biblioteca i due sono scesi al piano inferiore, nel refettorio, dove i ragazzi che vi si erano recati allegramente - la pausa del pranzo è ovviamente il momento più atteso della giornata scolastica - erano già stati messi in allarme dalle esplosioni che avevano sentito, ma erano ben lontani dall'immaginare che cosa fosse successo. Senza dire una parola i due hanno preso a sparare. «Ho visto un ragazzo che stava scappando e tutto a un tratto la sua caviglia ha cominciato a schizzare sangue», ha raccontato Don Arnold, un sedicenne che si è salvato e ancora non sa come. «Poi ho visto la fuga di una ragazza stroncata perché la sua testa è letteralmente esplosa. «Buttatevi a terra!», gridava qualcuno qua e là, e molti lo hanno fatto, nascondendosi anche sotto i tavoli. Ma non è servito a molto. I due armati hanno cominciato a frugare fra i tavoli e a sparare a quelli che trovavano. Cercavano soprattutto quelli con la pelle nera, quelli che erano noti per le loro prestazioni nella squadra di football e quelli che per lungo tempo li avevano presi in giro per via della loro abitudine di indossare sempre, qualunque tempo facesse, il soprabito nero. Una ragazza, che non era nera e che evidentemente non li aveva mai presi in giro, è stata graziata. Uno dei due le ha puntato il fucile in faccia ma poi, ridendo, le ha detto di andarsene e ha raggiunto l'altro nella caccia a quelli da uccidere. A quel punto tutti hanno cercato rifugi di fortuna: chi si chiudeva dentro i bagni, chi si barricava nelle classi, un gruppo si è nascosto dentro un armadio a muro. Era diffìcile respirare, specialmente per uno di loro che soffriva di asma. Lo hanno issato sulle spalle affinché potesse essere più vicino alla bocca della ventilazione sul soffitto. Ne sono usciti solo quando hanno sentito gli agenti delle squadre speciali gridare che ormai non c'era più perìcolo e che i due autori della «missione suicid.» si erano sparati. Ma questo accadeva molte ore dopo, quando ormai su LitUeton stava calando la sera. Fuori, infatti, nessuno aveva avuto la percezione della gravità di quanto era accaduto. L'idea era che gli armati tenessero in ostaggio studenti e professori e le squadre speciali erano molto caute nell'intervenire, aspettando da un momento all'altro le loro «richieste». Ma loro non avevano richieste. Tutto quello che volevano era uccidere e hanno compiuto l'opera rivolgendo le armi contro se stessi e lasciando l'America e il mondo sconvolti. «Forse non capiremo mai del tutto il perché», ha detto Bill Clinton con la voce rotta e ha aggiunto: «Ciò che è accaduto dimostra che è necessario premere sui nostri figli perché capiscano che la violenza è sbagliata, è male». Il Papa invece ha auspicato che «la società americana sappia reagire all'ultimo atto di violenza fra i giovani, facendosi promotrice e trasmettendo la visione morale e i valori che soli possano assicurare il rispetto per l'inviolabile dignità della vita umana».

Persone citate: Bill Clinton, Clinton, Dylan Klebold, Eric Harris, Hitler, Michael Vendegnia

Luoghi citati: America, Denver, New York