Pace russa nei Balcani, seconda puntata di Anna Zafesova

Pace russa nei Balcani, seconda puntata Mediatori con gli Usa i leader georgiano e uo-aino, attesi a Washington per il 50° della Nato Pace russa nei Balcani, seconda puntata Cemomyrdin oggi a Belgrado, 48 ore dopo il Patriarca Anna Zafesova nostro servizio da MOSCA La prima missione di Viktor Cemomyrdin comincia stamattina, con la partenza del rappresentante speciale del Cremlino per Belgrado. Le autorità russe hanno già chiesto e ottenuto il corridoio aereo per il jet dell'ex premier, nel quale ora Boris Eltsin ripone le sue maggiori speranze di restituire alla Russia un ruolo diplomatico da protagonista. Nei giorni scorsi zar Boris aveva definito Cernomyrdin l'unico che «sa come prendere Milosevic». Alla vigilia della partenza però non era ancora chiaro quale piano di pace la Russia presenterà oggi al leader serbo. Ed è una missione nella quale non può permettersi di fallire, dopo il fiasco dei negoziati condotti a Belgrado dal premier Primakov. In realtà l'attività diplomatica di Cemomyrdin è già iniziata due giorni fa, ma da una direzione insolita: il neo-negoziatore russo ha visitato la Georgia, l'Azerbaigian e l'Ucraina. Al ritorno, ieri mattina, ha annunciato trionfalmente che questi tre Paesi dell'ex Urss hanno sul conflitto jugoslavo «posizioni coincidenti»: fine dei bombardamenti, conservazione dell'integrità della Jugoslavia e ritomo dei profughi. Tbilisi, Baku e Kiev sono addirittura pronte a partecipare - insieme alla Russia - a un ipotetico corpo congiunto di forze di pace. Secondo il rappresentante speciale di Eltsin, la politica della Russia rimane immutabile: «Siamo contro il separatismo, ma anche contro le pulizie etniche. Nel mondo ci sono più di 100 zone in cui esiste il problema del separatismo, e le sue conseguenze sono sempre gravissime». Un discorso al quale i tre Paesi visitati da Cemomyrdin sono particolarmente sensibili: l'Ucraina ha la spina nel fianco della Crimea, l'Azerbaigian è in guerra con l'enclave armena del Nagomo-Karabakh, e la Georgia ha a suo tempo organizzato pulizie etniche in Osse zia del Sud e in Abkhazia. Ma l'intesa tra i Paesi ex fratelli, tanto vantata da Mosca, sembra piuttosto fragile. Alcuni di loro non condannano i bombardamenti della Nato e solo la pressione del Cremlino li trattiene dal dichiarare apertamente il loro sostegno all'Occidente. L'unica eccezione è stato l'Azerbaigian, che ha addirittura offerto all'Alleanza aiuto multare. E così, mentre il ministro degli Esteri russo Igor Ivanov ieri annunciava che la Russia «non può permettersi» di mandare la sua delegazione a Washington per il 50° compleanno della Nato, i leader delle Repubbliche ex sovietiche (a eccezione della Bielorussia) ci andranno. E forse l'obiettivo della missione di Cemomyrdin a Kiev era proprio questo: convincere il presidente ucraino Leonid Kuchma - che negli anni postsovietici ha guardato più a Ovest che a Est, ventilando anche l'ipotesi di aderire alla Nato - a presentare le proposte di Mosca a Bill Clinton. Secondo i commentatori moscoviti, Cemomyrdin ha deciso di avvalersi anche dell'aiuto di un altro presidente ben visto a Washington: Eduard Shevardnadze, leader georgiano e ministro degli Esteri sovietico dei tempi della perestrojka e dell'amicizia tra Mosca e Washington. Martedì a Tbilisi Cemomynìin ha di fatto aderito al piano di pace proposto da Shevardnadze: interruzione delle attività belliche, ritiro delle truppe serbe dal Kosovo, entrata delle forze di pace intemazionali, rimpatrio dei profughi e negoziati sullo status della provincia ribelle.