Apache, calano dal cielo gli dei della guerra
Apache, calano dal cielo gli dei della guerra IL DISTRUTTORE AMERICANO DI CARRI ARMATI Apache, calano dal cielo gli dei della guerra In un clima da Apocalypse Now l'arrivo degli elicotteri a Tirana reportage Ceccarell! inviato a TIRANA li ci sarebbe da raccontare come, poco dopo le 18 di una giornata umida, sulla pista fangosa dell'aeroporto Rinas scesero dal cielo, come in Apocalypse Now, oscuri e rombanti gli dei della guerra. Che poi sarebbero i sospiratissùni elicotteri Apache, mezzi di mostruosa perfezione bellica e di ovvia congiunzione tra il conflitto aero-missilistico e lo scontro di terra. E' bene, dopo una lunga e anche un po' ridicola attesa - arrivano, non arrivano, arrivano smontati, in casse o in containers, arrivano ma non si vedranno, anzi sono già arrivati, se n'è rotto uno a Falconara, il Tg2 li ha avvistati a Brindisi e cosi via per una decina di giorni - ecco, oggi gli Apache almeno si sono visti, almeno i primo otto, insieme ad altri eheotterini ed elicotteroni che sono andati ad accoglierli su nel cielo. Ma il vero spettacolo, come al solito, si è svolto a terra, per cui, alla fine della giostra, esauritosi ormai il roteare rugibondo di pale, conclusi i balletti meccanici a mezz'aria, e, cessato il vento che spazzava l'erba della primavera albanese, l'espressione più soddisfatta la mettevano in mostra due ■soldatini neri della Martinica che a braccia conserte avevano passato un bel paio d'ore a gustarsi il circo mediatico guerresco al suo meglio. E quindi: un'immensa sala stampa all'aria aperta, circa duecento giornalisti generalmente assatanati e spesso in condizione pre-orgasmica. Telefoni, telefonini satellitari, antenne paraboliche, computers sotto l'ombrellino. Telecamere fisse e mobili, cameramen che si agitavano con rinepre- se sormontate da microfoni pelosi come barboncini e piccole grandi star dell' informazione che facevano le prove. Giornalisti vestiti in tutti i modi possibili, dalla tuta mimetica al mocassino, passando per le forme più fantasiose di sahariana. Alcuni si sono giustamente fotografati a vicenda. Ogni tanto, qualche sadico, ma cortesissimo marine faceva spostare tutti, e ogni volta la coreografia si arricchiva di un nuovo passo. Sotto una specie di casupola, uno straordinario tenente-colonnello con elmetto e occhi azzurri, carico di borse e tutto, teneva un informale briefing sull'argomento Apache ai giornalisti angloamericani che sapevano quasi tutto, ma in uno dei punti più fangosi della penisola balcanica. Qualche minuto dopo, è cominciata la distribuzione dei dépliant, di spietata intonazione tecnica, con inevitabili punte di prosa pubblicitaria, segnalandosi questi benedetti elicotteri per la loro capacità di raggiungere «una vasta gamma» di bersagli. Nessuno, certo, si aspettava una poesia, fatto sta che dalle montagne di casse di acqua minerale «Norcia» (stabilimenti Valli del Pasubio) alle due toilette di plastica supertecnoìogica che nonostante la più assidua frequentazione seguitavano incongruamente a puzzare di sciroppo di ciliegia; dalla pista vera e propria dell'aeroporto, con gli immancabili bunkerini sullo sfondo come funghetti grigiastri e ferrosi nella campagna, ai grandi olmi che con le loro fronde conciliavano la formazione di un fango perfino odoroso, ecco, qui è andato in scena l'Apache-show. Venire all'aeroporto, del resto, è stato un atto di fede. Troppe volte annunciati a vuoto, infatti, questi mezzi dal nome già così suggestivo, cinematografico, e per giunta capaci di sparare 16 missili, tele- Sidati con il laser, anch'essi rittezzati Hellfire, o fuoco d'inferno, come in Campania o in Puglia si potrebbe chiamare un qualche vino da tavola che magari ha pure qualcosa da farsi perdonare. Ma qui, ormai, c'è poco da perdonare, e nemmeno tanto da scherzare se non altro perché oguno di questi elicotteri costa 16 milioni di dollari e li hanno già assaggiati a Panama, in Bosnia e in Iraq. Velivoli d'attacco - si leggeva con qualche sgomento nelle cartuccelle distribuite da una soldatessa in poncho - nati per «distruggere, disintegrare e rallentare» le forze del nemico. Volano e colpiscono giorno e notte, in ogni latitudine e a tutte le temperature. Sono i più avanzati del mondo. La perfezione. Elettrizzati dunque dalla forza irresistibile dell'attesa e dalla speranza del rombo risolutore, i giornalisti hanno varcato i cancelli della città militare di Rinas avendo negli occhi l'immagine di silenziosi quadretti agresti, pastorelli cenciosi con mucche macilente. Prima di arrivare si incontra per strada una coda di gente che cerca lavoro, caricare e scaricare gli aiuti sui camion per pochi lec. Sulla soglia, dietro le sbarre, qualche allegro fantaccino albanese, con la giacchetta striminzita e logora. E più avanti i marines. Un accampamento come si deve, scor¬ ci di relax, soldati rapati a zero che fanno ginnastica in maglietta gialla, oppure giocano a carte davanti alle tende, come sulla veranda delle casette americane. Ai bordi del viale, quando l'odore di nafta comincia a farsi sentire e le montagne Skenderbeut si perdono sotto d cielo bianchiccio, appaiono reticolati e casupole difese da sacchi di sabbia. Tra un camion e l'altro s'incontrano soldati francesi, austriaci e, giunti sulla spianata dell'aeroporto, container della protezione civile italiana con su scritto «Emergenza Rifugiati Kosovo». A proposito di elicotteri - e di rifugiati. Stamattina, con una piccola cerimonia, più o meno sulle stessa pista su cui sono atterrati nel pomeriggio gli oscuri dei della guerra, la Guardia costiera italiana ha ceduto all' Acmi r, e cioè all'agenzia dell'Onu per i rifugiati, un elicottero AB-412 per le missioni umanitarie più urgenti. E' piccolo e bianco, con microbandiera italiana. Stiracchiando un po' i codici della cronaca potrebbe perfino essere l'anti-Apacne. All'aeroporto della capitale una folla multicolore di reporter a naso in su mentre una soldatessa distribuisce dépliant Uomini delia Nato guardano un elicottero Apache atterrare all'aeroporto di Tirana
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